di Claudio Fratesi
– Introduzione
In alcuni test per bambini si rivela a volte, soprattutto nel Disegno della famiglia, quella che il bambino ha vissuto come ‘età dell’oro’, si tratta di un periodo della vita in cui il bambino sente il mondo , cioè la famiglia, tutta per sé. E’ un periodo nel quale il bambino si sente al centro delle relazioni familiari e quindi al centro del mondo. Tra le funzioni più importanti svolte dalla famiglia c’è sicuramente la costruzione dell’appartenenza. (BOWEN 1978)
È evidente che non può esserci famiglia, con tutte le funzioni che sappiamo e che sono esclusive, se non c’è un’appartenenza ad essa, il sentirsi al sicuro e facente parte in maniera soddisfacente. Nella famiglia i ruoli, gli atteggiamenti, i comportamenti hanno a che fare sempre con l’amore, il sentimento è atteso , necessario in tutti i ruoli che appartengono al gruppo famiglia.
Si impara a vivere nella famiglia e questo insegnamento fungerà da prototipo per i comportamenti e le aspettative che l’individuo avrà nel mondo in futuro. Solo con l’appartenenza familiare l’individuo può crescere e svilupparsi , imparare ad adattarsi al mondo nella maniera migliore possibile perché è la famiglia lo strumento principale per la crescita fisica ,psicologica e affettiva di tutti gli appartenenti.
La maniera di appartenere ad una famiglia varia con i ruoli e soprattutto varia con l’età: da piccoli significa essere dipendenti, da adulti invece significa essere riconosciuti come persone autonome senza perdere il legame familiare.(HALEY 73) C’è una componente che spesso viene tralasciata o ritenuta sottintesa che è importante sottolineare , è una componente fondamentale che fa tanto bene alla crescita dei figli, soprattutto quando sono molto piccoli, si chiama Gioia.
Non è sufficiente provvedere ai figli, non basta nemmeno amarli, è necessario trasmettere la gioia di averli lì con noi, la gioia di averli qui, qualunque cosa succeda.
“Ma che te lo devo dire che ti voglio bene? “
“ Sì me lo devi dire se ho bisogno di sentirlo dire e non solo che mi vuoi bene, ma che sei tanto contenta/o di volermi bene.”
Nella storia che dirò più avanti non è mancato l’amore ma è mancata la gioia, è mancato il riconoscimento dei bisogni di una figlia, è mancata la costruzione di un’appartenenza bella.
Entrambi i genitori, per le motivazioni che saranno spiegate, non sono riusciti a sintonizzarsi sui bisogni dei figli, soprattutto la madre nei confronti della figlia, Carla.
La mamma ha costruito con il figlio maschio un legame eccessivo che lo ha reso già responsabile quando ancora era un ragazzo, questo le ha permesso di reggere meglio il peso della scontentezza che viveva nella relazione con il marito. e della vita in generale. (MINUCHIN 1974)
Il padre, Alberto, troppo vincolato con il proprio padre e la madre troppo delusa e sofferente.
Ma quello che è più interessante analizzare in questa storia è la trasmissione transgenerazionale di una modalità di svincolo familiare incompleto detto Figlio cronico.(ANDOLFI 2000)
Anche se con comportamenti molto diversi Padre e Figlia hanno sofferto della medesima mancanza.
Il padre, Alberto, costretto a una distanza dal proprio padre e la figlia, Carla, che si è sentita non vista e non considerata come aveva bisogno.
Padre e figlia hanno avuto gravi difficoltà nel legame affettivo con le proprie madri, il padre Alberto ha sopperito a questa mancanza creando un rapporto morboso e invischiato con il proprio padre e la figlia con il proprio fratello.
Appartenenze incomplete che hanno prodotto personalità dipendenti bisognose di relazioni di sostegno , figli cronici per il resto della vita .
Il padre di Carla quando morì il proprio padre, che aveva funto da principale figura di attaccamento, ebbe una crisi depressiva , ne uscì quando individuò in un cugino una figura di riferimento sostitutiva.
Carla, della quale mi sto accingendo a tracciarne la storia, è passata di relazione in relazione con figure diverse, ruoli differenti caratterizzati dalla stessa necessità di sentire un legame antico.
La differenza sostanziale tra Carla e suo padre sta nel fatto che il secondo ha cercato relazioni dipendenti senza conflitti o elementi di precarietà, mentre Carla nel corso della sua vita, in maniera adolescenziale, ha cercato di affermare la propria autonomia, la propria necessità di dire “io esisto” con la dipendenza, un vero e proprio ossimoro.
Uscendo dallo specifico della storia di Carla è interessante sottolineare le distorsioni psicologiche che si verificano in un’appartenenza incompleta.
Infatti, poiché manchevole, diventa patologica, cronica a sé stante; una modalità di appartenere e di creare nuove appartenenze in maniera patologica, particolare, ambivalente e contraddittoria.
-Storia di Carla
Carla nasce 60 anni fa in una famiglia che è umile, dal punto di vista economico, ma non dal punto di vista delle aspirazioni sociali, i genitori di Carla, seppur provenendo da famiglie contadine, hanno deciso di svolgere attività autonome: il padre una piccola ditta di carpenteria edile e la madre una stimata sarta.
Carla nasce e trova un fratello di 4 anni Maggiore, Marco.
Il padre di Carla, Alberto, è il maggiore di 4 figli, due episodi hanno segnato la famiglia di origine di Alberto e hanno causato un legame fusionale tra padre e figlio: il primo riguarda la madre di Alberto che subito dopo averlo partorito cade in una depressione post partum che all’epoca, si parla degli anni trenta del secolo scorso, la conduce in manicomio per alcune settimane. Guarisce completamente, ma rimane segnata a vita come quella la donna che “Era stata in manicomio”. L’altro evento riguarda direttamente Alberto che all’età di 20 anni si ammala di tubercolosi ed è ricoverato per mesi in un sanatorio del nord Italia.
Questi eventi condizionarono enormemente il rapporto tra Alberto e la madre e tra Alberto e suo padre.
Alberto muore a 56 anni di infarto cardiaco, quando Carla aveva appena 25 anni.
La madre di Carla, Silvia, è l’ultima di quattro figli, una famiglia dai legami familiari molto forti, molto tradizionale, i genitori si rivolgono uno con l’altra usando il “voi” e anche i figli usano il “voi” nel rivolgersi ai genitori.
Una famiglia con relazioni adeguate e positive, cattolica e affettuosa.
Carla nasce in una famiglia con un padre scontento e assente e una madre che, per matrici culturali, crede in una forte disparità tra il genere maschile e quello femminile.
Carla cresce con la sensazione di essere, in quanto femmina, di minor valore e trova come unica strada quella di costruire una forte vicinanza con il fratello.
Inizia a dimostrare il proprio disagio già alle scuole elementari , mostra un comportamento discontinuo con gli altri alunni e soprattutto con l’enuresi notturna che l’accompagnerà fino ai 12-13 anni.
Purtroppo nessuno nella sua famiglia è in grado di leggere questo comportamento come sintomatico, anzi diventa “normale” avere una figlia che di notte fa la pipì a letto.
Con il passare degli anni i comportamenti sintomatici di Carla si traducono nell’abbandono delle scuole superiori e in una forte scontrosità nei confronti della madre.
Nel contempo Carla rafforza la vicinanza con il fratello, una vicinanza che mostra tutti i requisiti di una relazione dipendente con marcati tratti ambivalenti.
A 15 anni si innamora di un uomo separato che ha un figlio, un uomo di 31 anni, lo presenta ai genitori con un atteggiamento di sfida e nello stesso tempo di orgoglio.
Anche in questo frangente la famiglia reagisce in modo incongruo: non viene fatta alcuna resistenza o titubanza di fronte all’ingresso in famiglia di una persona che ha più del doppio dell’età della figlia; come se i suoi comportamenti fossero non visti o irrilevanti.
Un giorno, quando Carla ha circa 18 anni, accade un evento che scuote l’intero nucleo familiare: improvvisamente ‘scompare’ l’oro di famiglia, si tratta di pochi anelli e un paio di braccialetti, ma rappresenta l’unico oro di casa.
Carla non confessa, ma si tradisce più volte nei suoi racconti. Anche in questo caso la famiglia non prende in mano la situazione e tutto scorre via come non fosse successo niente.
A 30 anni fa la prima interruzione di gravidanza, all’epoca sta con Sandro, uno spiantato senza la minima progettualità di vita.
Cambia diversi lavori e conduce una vita sempre più dispendiosa rispetto le sue reali capacità economiche, si fa costantemente sostenere dalla madre e sporadicamente dal fratello ma, nonostante ciò, accumula debiti con amici, debiti che regolarmente finge di dimenticare e che non restituisce.
Carla cambia lavori, si sposa a 35 anni e si divorzia a 37 e intorno ai 39 anni decide la seconda interruzione di gravidanza, questa volta con Luigi, un altro uomo separato che non ha alcuna voglia di avere figli e Carla sembra decidere con apparente facilità.
Con un atteggiamento Borderline continua ad affermare la propria autonomia pretendendo aiuti economici e sostegni di diverso genere.
Finalmente all’età di 44 anni inizia una relazione con Luca, un uomo 6 anni più giovane, separato con un figlio, un uomo leggermente depresso che però le vuole bene.
Luca vive con la propria madre, vedova, e concentra la relazione con Carla soltanto nei fine settimana.
Carla si lamenta molto spesso di questa situazione, ma è un lamento di facciata perché poi non attiva alcun cambiamento efficace.
Il loro rapporto dura tutt’ora con l’impressione che possa finire da un giorno all’altro, ma di fatto si tratta di un rapporto solidificato proprio su questa presunta precarietà.
Carla, da un paio di anni, ha iniziato a manifestare i sintomi di un precoce Alzheimer, si è trasferita a casa di Luca e vive insieme alla madre di lui.
Trascorre gran parte della giornata a casa di sua madre con la quale discute e litiga per sciocchezze, non è più in grado di lavorare e dipende economicamente da Luca, dal fratello e dalla madre che nel frattempo ha raggiunto un’età molto avanzata ed è assistita da una badante.
– Osservazioni Conclusive
In questa storia di vita di una persona, seppur brevemente riassunta, possiamo utilizzare molteplici letture psicologiche come la relazione madre figlio, quella tra fratelli, il parental child, l’attaccamento. In questo articolo mi limito a porre attenzione agli elementi cardine dello sviluppo del senso di appartenenza familiare e delle sue conseguenze.
È evidente che Carla non riesce a strutturare una solida appartenenza.
Ma cosa significa tutto questo?
Significa che fin da bambina non riesce a trovare il giusto habitat che gli permetta di sviluppare appieno le sue potenzialità.
Trova un ambiente limitato e limitante perché entrambi i genitori non possono dare il nutrimento emotivo di cui i figli necessitano.
Il padre vive come un emigrato affettivo e tutte le volte che gli è possibile corre dal proprio padre per confidarsi con lui.
La madre sarebbe in grado come ricchezza emotiva ma è molto condizionata dalla distanza del marito e si rifugia sul figlio maschio adultizzato.( BOGLIOLO ,BACHERINI 2010)
Carla, fin da bambina, mostra segni inequivocabili del disagio che vive nel sentirsi “nella Periferia”, ai confini dentro la propria famiglia.
Segnala il disagio con modalità diverse, di pari passo con la sua età.
L’ enuresi notturna evidenzia in maniera lampante la sua richiesta di attenzione, il bisogno di avere anche lei il suo spazio di valore riconosciuto.
I figli hanno la necessità di sentirsi unici ed esclusivi.
Possiamo indicare in Carla un passaggio fondamentale quando smette di bagnare il letto, è come se smettesse di chiedere aiuto in maniera remissiva e iniziasse a farlo in maniera aggressiva.
Quando inizia ad essere nel pieno dell’adolescenza struttura dei comportamenti che rimarranno fondamentalmente gli stessi per l’intero corso della sua vita.
Comportamenti fortemente ambivalenti, tipici dell’adolescenza, ma che in Carla si cronicizzano.(NICOLO’ CORIGLIANO 2001)
Nell’introduzione ho scritto che il vissuto del senso di appartenenza familiare sarà da modello per come i figli impareranno a socializzare nel mondo e su quali aspettative affettive costruiranno.
Infatti in Carla si cronicizzano atteggiamenti e comportamenti che sono naturali nel corso dell’adolescenza, contraddittori perché la personalità non è matura e la ricerca dell’autonomia è difficoltosa e aggressiva.
Carla dimostra di voler vivere a modo suo e, nello stesso tempo, pretende di essere sostenuta e accudita come una ragazzina.
Persegue l’autonomia imponendo la dipendenza . È pertanto ingabbiata in un paradosso che l’accompagnerà per tutta la sua vita . (PARADOSSO E CONTROPARADOSSO SELVINI PALAZZOLI, BOSCOLO, CECCHIN, PRATA 1975)
Interessante soffermarci su delle innegabili similitudini tra Carla e il padre: entrambi hanno dovuto rinunciare alla pienezza della figura materna, squalificata quella del padre e disattenta quella di Carla.
Entrambi hanno costruito legami funzionali sostitutivi, Alberto con il proprio padre e Carla con il fratello.
Ciò che la differenzia e caratterizza è la rabbia e l’aggressività che è palese nei confronti della madre e sotterranea e ambigua verso il fratello e in scala maggiore verso i fidanzati e anche gli amici.
Metaforicamente è come se continuasse a bagnare il letto per tutta la vita.
Non è riuscita a sentire vicina la madre anche se è stata lei che cambiava le lenzuola, che asciugava il materasso , che si prendeva carico di tutte le necessità concrete.
Ma la madre non poteva dare la necessaria attenzione emotiva, era troppo impegnata a reggere la dolorosa rassegnazione di non aver trovato la vicinanza con il marito.
Lo sostituisce confidandosi con il figlio maschio, ma si tratta di una magra consolazione.
Carla, ai confini nella sua famiglia, non riesce a sentirsi presa in considerazione nemmeno quando intesse una relazione con un uomo che ha il doppio della sua età ,nemmeno quando ruba l’oro di casa o quando girovaga tra una relazione e l’altra e cambia lavoro frequentemente senza essere mai autosufficiente.
Carla dimostra l’ambivalenza adolescenziale in tutte le principali relazioni che ha costruito nella vita, relazioni con uomini bisognosi che lei mette su un piedistallo, seguendo la falsariga della madre.
Uomini che ama e nello stesso tempo disprezza, uomini che non possono realmente prendersi cura di lei.
Non riesce a fare il salto per diventare genitore, ci rinuncia due volte, è una rinuncia poco dolorosa perché la ritiene necessaria, non riesce, non può diventare madre perché è troppo figlia.
Queste relazioni con uomini particolari, non risolti, uomini che non vogliono o non possono avere una relazione intensa, ma solo part-time, sono relazioni che caratterizzano il corso della vita di Carla fino ai giorni odierni.
Carla rappresenta nelle teorie sistemiche il cosiddetto figlio cronico.
È figlio cronico chi compie un taglio emotivo, ma anche chi non costruisce un’ appartenenza rassicurante nell’infanzia.
Carla compie il taglio emotivo poiché apparentemente si distanzia, fingendo anche con sé stessa di essere autonoma e di vivere a modo suo, ma nella sostanza perpetua una dipendenza cronica dalle figure genitoriali e in tutte le relazioni importanti che costruirà nella vita.
Nella storia particolare di Carla anche l’Alzheimer sembra avere una collocazione psicologica : una anzianità che non rappresenta l’evoluzione verso uno stadio di consapevolezza più saggia, ma che in Lei trova come estrema soluzione la cancellazione della memoria.
Cenni Bibliografici:
M.Andolfi “Il padre ritrovato” Angeli 2000
C. Bogliolo, A.M.Bacherini “Manuale di mediazione familiare” Angeli 2010
M. Bowen “dalla famiglia all’individuo” Astrolabio 1978
A.M. Nicolò Corigliano “Adolescenza oltre l’adolescenza” Angeli 2001
J. Haley “Terapie non comuni” Astrolabio 1973
S. Minuchin “Famiglie e terapia della famiglia” Astrolabio 1974
M.Selvini, L.Boscolo,G.Cecchin, G.Prata “Paradosso e controparadosso” Cortina 1975