EXAGERE RIVISTA - Maggio - Giugno 2024, n. 5-6 anno IX - ISSN 2531-7334

Come and stay with us!

(ENG/ITA traduzione in fondo)

di Alex Harris

Many photographers decide to leave the familiar in hopes of gaining insight and perspective in another land. Some flee the values and prejudices of provincial life to bask in what seems a more sophisticated foreign light. To harvest their art, others cultivate isolation in a place where responsibilities are few and time for work is ample. For still others, the new country itself is the primary interest. They want to enter and explore it, to render it, to come to know it in as many ways as are possible. If they are welcomed, if doors are opened to invite them inside, they may feel so at ease in new rooms, so immersed in another life, that the adopted country begins to look and feel like home, while the country of their birth seems foreign or strange.

Such was the case for me in 1973, when as a young man I was welcomed for the first time in an Alaskan native village. I had been invited to make photographs for a book about remote Inuit and Yupik villages in Alaska. In 1973 I began by making two trips above the Arctic Circle to the inland Kobuk River Inuit villages of Shungnak and Selawik. Beginning in 1975, I made three consecutive trips to live and photograph in the Yupik villages of Tununak and Newtok on the southern Bering Sea Coast of Alaska. Each time I returned I spent a couple of months in that village.  I always brought prints with me to give back to the people I had photographed, and each time I was invited to live in the homes of village families. 

Let me give you an idea of my experience of arriving in a village for the first time.  When I flew to the village of Tununak in 1975, I didn’t know anyone there.  I arrived on the twice weekly mail plane with long-awaited letters and packages and alongside other passengers who were relatives of the people waiting for the plane. On the icy runway, I was approached by the father of a family who asked me why I was there and where I would be staying. I explained I was a photographer and hoped to stay in the village for some time to take pictures. When I said I didn’t know where I would be staying, he said, “Come and stay with us!”

I was particularly drawn to the lives of children and adolescents and began by photographing them inside with their families, then outside at play. At the time there was no television, internet, or phone service in the village homes. I was struck by close-knit family life and religion I was able to photograph indoors, and especially by the inventive and joyful games and play that I witnessed outdoors in all kinds of weather.  Recently I went back over my negatives and chose a selection of photographs about childrens’ lives from these Alaskan villages for EXAGERE Rivista.

In Alaska, I learned a lot about what it means to have a family that lives and thrives in a one room home,  to be a child raised by an entire village, to hunt and fish every day in a subsistence lifestyle, and to live and cooperate in close proximity with your neighbors over a lifetime.  In every village I was shown genuine hospitality and friendship.  I hope these photographs do justice to the lives of some of the village children I came to know in those years.


Vieni a stare con noi!

di Alex Harris

Molti fotografi decidono di lasciare ciò che è loro familiare nella speranza di ottenere informazioni e prospettive nuove in un altro paese. Alcuni fuggono dai valori e dai pregiudizi della vita di provincia per crogiolarsi in quella che sembra una luce straniera più sofisticata. Altri, per far crescere la loro arte,  coltivano l’isolamento in un luogo in cui le responsabilità sono poche e il tempo per lavorare è tanto. Per altri ancora, il nuovo paese  diventa l’interesse primario. Vogliono entrarci ed esplorarlo, raffigurare, conoscerlo in tutti i modi possibili. Se vengono accolti, se si aprono le porte per invitarli a entrare, possono sentirsi così a proprio agio in abitazioni nuove, così immersi in un’altra vita, che il paese di adozione comincia a sembrare il proprio  e a sentirsi a casa, mentre il paese di nascita diventa estraneo o irriconoscibile.

Ho vissuto questa esperienza nel 1973, quando da giovane sono stato accolto per la prima volta in un villaggio di nativi dell’Alaska. Ero stato invitato a fare fotografie per un libro sui remoti villaggi Inuit e Yupik. In quell’anno ho iniziato facendo due viaggi sopra il Circolo Polare Artico verso i villaggi Inuit del fiume Kobuk nell’entroterra di Shungnak e Selawik. A partire dal 1975, ho fatto, poi, tre viaggi consecutivi per vivere e fotografare nei villaggi Yupik di Tuunak e Newtok, sulla costa meridionale del Mare di Bering in Alaska. Ogni volta che tornavo trascorrevo un paio di mesi in quel villaggio. Portavo sempre con me delle stampe da restituire alle persone che avevo fotografato, e ogni volta venivo invitato a vivere nelle case delle famiglie del villaggio.

Lasciate che vi dia un’idea della mia esperienza di arrivo in un villaggio per la prima volta. Quando sono volato al villaggio di Tuunak nel 1975, non conoscevo nessuno lì. Sono arrivato con l’aereo postale bisettimanale con lettere e pacchi tanto attesi e insieme ad altri passeggeri che erano parenti delle persone che aspettavano l’aereo. Sulla pista ghiacciata sono stato avvicinato dal capo del villaggio che mi ha chiesto perché fossi lì e dove avrei alloggiato. Spiegai che ero un fotografo e speravo di rimanere  per un po’ di tempo per fare delle foto. Quando ho detto che non sapevo dove avrei alloggiato, ha detto: “Vieni a stare con noi!”

Sono stato particolarmente attratto dalla vita di bambini e adolescenti e ho iniziato fotografandoli all’interno con le loro famiglie, poi fuori mentre giocavano. All’epoca non c’era televisione, internet o servizio telefonico nelle case. Sono stato colpito dalla vita familiare e dalla religione  che ho potuto fotografare in interni, e soprattutto dai giochi e dai giochi fantasiosi e gioiosi a cui ho assistito all’aperto con ogni tipo di tempo. Recentemente sono tornato sui miei negativi e ho scelto per EXAGERE Rivista una selezione di fotografie sulla vita dei bambini di questi villaggi dell’Alaska.

In Alaska, ho imparato molto su cosa significa avere una famiglia che vive e prospera in una casa composta di una stanza, essere un bambino cresciuto da un intero villaggio, cacciare e pescare ogni giorno con uno stile di vita di sussistenza, e vivere e collaborare a stretto contatto con i tuoi vicini per tutta la vita. In ogni villaggio mi è stata mostrata genuina ospitalità e amicizia.  Spero che queste fotografie rendano giustizia alla vita di alcuni dei bambini del villaggio che ho conosciuto in quegli anni.

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