di Marco Vitali
Mi chiamo Marco, ho 36 anni, vivo e lavoro a Parigi da circa 10 anni e sono un fotografo. Ho incontrato la fotografia molti anni fa, da ragazzo e un po’ come tanti, grazie all’avvento di internet e degli smartphone, l’ispirazione visuale non mancava.
Non ho mai studiato fotografia fino a 6 anni fa quando, a 30 anni, grazie soprattutto al mio lavoro, mi si è svelato piano piano questo mondo: mi ci sono buttato a capofitto.
Approfittando di un’offerta, a Natale 2018, ho comprato la mia prima Nikon, una D5600 Aps-C… grande macchina per iniziare! Cominciando a fotografare, ho cominciato a pormi mille domande sul piano tecnico e compositivo, volevo sapere cosa significasse «essere fotografi ». Volevo capire ed esplorare quest’arte ma, soprattutto, avevo voglia di esprimermi.
L’occasione era dietro l’angolo o meglio, dentro il negozio dove lavoravo all’epoca sugli Champs-Élysées a Parigi: la direzione voleva organizzare degli eventi regolari per far incontrare i nostri clienti con degli artisti, incrociando quindi il mondo della tecnologia e quello della creatività.
C’era bisogno di un fotografo, o di qualcuno che volesse internamente svolgere il reportage di ogni evento documentando, con delle immagini, ogni appuntamento. Una ragazza, nonché amica, che già lavorava sugli eventi aveva altri progetti per la testa e non era disponibile. Io mi sono proposto.
Da lì l’incontro con moltissimi artisti, vip, cantanti, grafici, designer, pittori, videasta, montatori, musicisti, modelli e modelle e ovviamente…fotografi.
Volevo essere come loro, volevo fare di più.
Per fortuna, nell’era del digitale, apprendere le basi della fotografia è cosa molto piu semplice che nei decenni scorsi. Spulciando sui social mi sono imbattuto in un corso fantastico e in un gruppo di fotografi che mi ha insegnato moltissimo, ho attinto molte formazioni sulla tecnica, la luce, la composizione, la comunicazione visuale e non solo.
Sono stato e sono tutt’ora allievo di Marco Scataglini e di molti altri maestri fotografi che mi hanno trasmesso la loro passione e le loro conoscenze.
Ho ovviamente fatto corsi sulla post-produzione digitale sui programmi professionali più importanti, ho visitato molte mostre ed esposizioni di fotografi famosi in varie città europee, tra cui l’ultima ad Amsterdam, la famosissima World Press Photo 2024.
È sempre bello partecipare a delle fiere sulla fotografia, ci trovi sempre un mucchio di appassionati che ti raccontano cose nuove, per non parlare poi delle marche blasonate che ti permettono di sperimentare i loro ultimi apparecchi fotografici.
Ho fotografato da allora più di 50 eventi, prima di diventare formatore professionista io stesso nell’azienda in cui lavoro e trasferirmi nel quartiere della Défense dove ricopro da circa 3 anni un ruolo di formatore sull’informatica, la tecnologia e, ovviamente, la fotografia. Mi coinvolgono sempre e questo, ovviamente, fa sempre piacere.
Ad oggi, nonostante abbia acquisito delle basi solide e continuo a formarmi regolarmente, non fotografo abbastanza come vorrei e mi chiedo spesso se sia il caso di osare e fare il gran passo per diventare a tutti gli effetti fotografo professionista: è vero, sono onesto, questo mondo spaventa molto per la sua instabilità nei guadagni e perché la concorrenza è fortissima.
È vero anche che molti si fan chiamare « fotografi » ma non conoscono nemmeno il triangolo dell’esposizione. Credo che dovrei avere più fiducia in me stesso e buttarmi, provandoci, chissà…
Per essere sincero fino in fondo, avevo deciso di iniziare un part-time nel mese di luglio, ma in primavera mi hanno proposto a lavoro di aumentare le mie competenze e di formarmi su un nuovissimo apparecchio che fa « fotografia spaziale »: tecnologia sofisticatissima da ultimo grido.
Non potevo certo farmi sfuggire questa occasione e sono partito per San Francisco, per tre settimane dicendomi che i treni non passano due volte. Fantastico.
Tra l’altro, ora che lo racconto, mi è venuto in mente un episodio, un souvenir che mi ha fatto innervosire molto sul momento, ma che mi ha insegnato tanto.
Stavo con degli amici e colleghi nella baia di San Francisco nel mio giorno di riposo e, camminando per Fisherman Wharf, quartiere del porto e delle foche (ce ne trovate tantissime spaparanzate sui docks assieme a dei leoni marini, andate per credere!), abbiamo deciso di fare un visita all’isola di Alcatraz.
La prigione, famosissima in tutto il mondo per avere « ospitato » molti dei criminali più celebri della storia (Al Capone…) per non parlare del film con Clint Eastwood: veramente degna di un reportage con i fiocchi.
Con me quel giorno avevo la mia meravigliosa Nikon FM2n, analogica ovviamente, con il classico 35mm f1,4. Trovandomi appena fuori la prigione, giusto fuori il celebre cortile, mi è apparso un panorama meraviglioso con centinaia di uccelli neri che guardavano il Golden Gate Bridge.
Lo scatto era obbligatorio ma è li che mi sono reso conto che, nonostante il contafotogrammi fosse su 35, non avevo il rullino!!! Errore da principiante…Per fortuna avevo il mio smartphone con me, la foto qui sotto è stata scattata con il 28 mm del mio SE.
Black Birds, Alcatraz (CA)
Rimanendo sulle storie tragiche (si fa per dire…) tornando a casa in Italia per le vacanze la mia vecchia D5600 mi è caduta ai controlli dopo il Metal-detector nell’aeroporto di Roma e dopo 81000 scatti, l’otturatore non ce l’ha fatta…vi lascio immaginare la desolazione.
Negli anni ho ampliato il mio « équipement » come dicono i francesi, con i classici fissi 24, 35, 50 , 85 ( tutti f1,4 ci tengo a dirlo perché fa una grande differenza) e ho recuperato da amici e conoscenti dei teleobiettivi zoom e qualche altra macchina. Col tempo ho acquistato un paio di macchine a rullino e i miei vicini di casa mi hanno regalato una Rollei 35 che avevano ereditato al funerale della zia. Mia mamma mi ha dato la sua snap shot di quando era fotografa da giovane, mio zio una vecchia Canon dell’88. Lavoro su uno schermo professionale Eizo e fotografo principalmente con una D850, l’ultima vera Reflex.
Per quanto riguarda invece il mio stile fotografico, direi che mi piacciono molti campi diversi, dalla fotografia di paesaggio alla street photography a quella di viaggio, ma, al di là di tutto, preferisco fotografare e presentare in generale pochi elementi compositivi per non caricare troppo l’immagine. Sono molto attento allo sviluppo delle fotografie e lavoro per il 90% in manuale.
Tra l’altro sono anche un appassionato dell’analogico, malgrado sia diventato molto oneroso.
Sono un fan dei grandi fotografi McCurry e Salgado e in particolare modo quest’ultimo mi ha inspirato tantissimo nel mio modo di osservare: credo di riflettere un pochino quel modo di fotografare quando faccio foto per dei progetti personali.
Adoro il bianco e nero (sempre meglio se è elaborato da una conversione di colori che diventano in seguito bande di grigio piuttosto che desaturare l’immagine originale).
Oggi qui su Exagere, vi propongo uno sguardo al Deserto di Agafay, che si estende dalle zone rurali attorno Marrakech, passando per i villaggi berberi, fino alle basi del Monte Atlas.
Deserto di Agafay, Marocco
Ci tengo a ringraziare la redazione della Rivista Exagere per questa splendida opportunità.