EXAGERE RIVISTA - Marzo-Aprile 2025, n. 3-4 anno X - ISSN 2531-7334

Gli animali non smettono di interrogarci. Intervista a Giorgio Vallortigara

di Federica Biolzi

Osservare il comportamento degli animali, non solo di quelli che da millenni abitano i nostri spazi domestici, che condividono la nostra quotidianità, è qualcosa che ha sempre appassionato l’uomo. Giorgio Vallortigara, docente di Neuroscienze e cognizione  animale all’Università di Trento, riesce a farlo in maniera coinvolgente e ci conduce, passo dopo passo, in un mondo reale e parallelo, toccando corde che non sono scientifiche ma anche decisamente letterarie.  Nel suo recentissimo libro,  A spasso con il cane Luna (Adelphi editore, 2025) l’autore, servendosi brevi saggi ci aiuta a comprendere, fornendoci strumenti utili e critici, un universo spesso dominato da pregiudizi e false credenze.

– Tra le sue coinvolgenti testimonianze raccolte nel libro, ve n’è una che ci aiuta ad entrare in argomento: quella dell’allevamento di polli destinati al consumo. In particolare la considerazione che oggi alle galline viene richiesto di produrre una quantità notevole di uova: in passato in cui le uova potevano essere anche solo 4 o 5 al giorno. Viene spontaneo chiedersi: questa pressione a cui vengono sottoposti questi volativi ha dei riflessi sulle loro capacità cognitive?

-La pressione ad accrescere la produzione di uova l’ha indotta nelle galline domestiche l’essere umano, ovviamente, per i suoi propri bisogni. E l’ha fatto con i metodi della selezione artificiale, selezionando nel tempo la progenie di quegli individui che producevano più uova. Lo stesso è stato fatto per i polli destinati alla produzione di carni, i cosiddetti “broiler” che crescono con grande rapidità e arrivano a pesare molto di più di quanto non accadesse ai selvatici prima della domesticazione. Questi processi di selezione agiscono a livello dei geni e siccome molti geni hanno caratteristiche “pleiotropiche”, ovvero determinano più effetti a livello fenotipico, è interessante chiedersi se abbiano effetti anche sulle capacità cognitive. Considerato l’elevato costo energetico del sistema nervoso, si potrebbe pensare che, come in un gioco a somma zero, la maggior richiesta energetica necessaria alla produzione di un maggior numero di uova si accompagni a una riduzione della complessità e della funzionalità del sistema nervoso. Pare che non sia così: le razze ad alta produzione di uova sono addirittura più brave di quelle a bassa produzione nei test di discriminazione visiva. Non sappiamo però perché questo accada. Comunque, la morale di questa storia è che non dovremmo avere pregiudizi negativi sulle pratiche di selezione genetica, che siano quelle della selezione artificiale o quelle che sono state sviluppate più di recente di editing genetico: in fin dei conti, anche gli occhioni dolci e le orecchie flosce dei nostri amati cani cocker sono l’esito di questo genere di manipolazioni genetiche.

-L’etologia studia il comportamento animale. Oggi ci troviamo di fronte a una  grossa presenza di animali che convivono con l’essere umano (cani, gatti, pesci, rettili, ecc..), assistiamo a una domesticazione  dell’animale in senso generale. Questa convivenza sempre più frequente e numerosa sta portando dei cambiamenti  sul comportamento  sia animale che umano?

-La domesticazione ha preso avvio anticamente ed è considerata una vera e propria sindrome, comporta variazioni nella morfologia e nel comportamento. Quello dei cani è tra i casi meglio studiati. Un’ipotesi interessante è che i meccanismi della domesticazione abbiano a che fare con un ritardo di espressione genica in certe cellule staminali della corda neurale, che produrrebbe, a cascata, tutta una serie di effetti di tipo neotenico, cioè di mantenimento di caratteristiche infantili. Vale anche per il sistema nervoso e il comportamento: i cani domestici, rispetto ai lupi grigi da cui derivano, sono docili e capaci in misura sorprendente di leggere i segnali comunicativi della nostra specie. C’è chi ha argomentato che nella nostra specie sia occorso un processo di auto-domesticazione, con selezione progressiva degli individui meno aggressivi e competitivi, il che spiegherebbe la relativa maggiore inclinazione alla cooperazione tra gli esseri umani rispetto agli altri primati.

-Alcuni animali, quali, ad esempio le formiche e i ratti sembrano  possedere doti di  empatia  e dimostrano comportamenti, in qualche modo, solidali. Nel suo libro lei riporta alcune  ricerche che evidenziano dei veri e propri comportamenti di salvataggio.  Quale è il loro significato? E quali  comportamenti psicologici intenzionali  possiamo scorgervi?

-Sono abbastanza critico sull’eccesso di interpretazioni psicologistiche dei comportamenti di salvataggio nelle specie sociali. Non vi è dubbio che esistano, di recente si è visto che i topi mettono in atto delle vere e proprie tecniche di soccorso nei confronti di cospecifici che sembrano star male, aprendone la bocca e estraendone la lingua, come farebbe un infermiere. Tuttavia dovremmo essere accorti nell’attribuire a questi comportamenti il medesimo vissuto psicologico che attribuiamo, a volte, agli esseri umani. Certo i ratti liberano un compagno imprigionato in una gabbietta, ma lo fanno per empatia nei confronti della vittima o perché sono infastiditi dai suoi lamenti e vogliono farlo tacere?  Lo stesso genere di dubbi accompagna sovente la lettura dei comportamenti umani: aiutiamo un povero per compassione o per mostrarci pubblicamente generosi? (Vedi al riguardo il famoso testo di Christopher Hitchens sulla “Posizione della missionaria” a proposito di Madre Teresa di Calcutta.)

-Il racconto “A spasso con il cane Luna” ci immerge nella conoscenza di una percezione diversa del contesto che ci circonda normalmente. Lo  scodinzolare dell’animale e l’utilizzo del fiuto palesano un’ interazione significativa tra cane, uomo e natura. Cosa si  intende con il concetto di simmetria bilaterale e quali sono i segnali che il cane Luna sta manifestando?

-Il sistema nervoso in tutti i Bilateri si presenta a una prima osservazione come simmetrico: la parte destra e sinistra del cervello paiono simili. In realtà vi sono molte sottili differenze nella anatomia e nella neurochimica, che fanno sì che le funzioni della parte destra e sinistra siano diverse. Ciò si rivela nel comportamento in alcuni dei fenomeni che menziono: l’uso prevalente della narice destra (controllata dell’emisfero cerebrale destro) per odorare stimoli a elevato contenuto emozionale negativo, oppure la maggiore ampiezza dello scodinzolio a destra (controllato dall’emisfero di sinistra) in presenza del proprietario o di altro stimolo positivo. L’uso preferenziale della mano destra è un esempio di questo tipo di fenomeni nella nostra specie. Dal punto di vista teoretico il maggior problema con queste asimmetrie è che non sono equidistribuite (per esempio, con metà destrimani e metà mancini) e neppure omogeneamente complete (per esempio con tutti destrimani o tutti mancini). Nel libro racconto la teoria che ho sviluppato per spiegare l’esistenza di questo polimorfismo stabile (con una maggioranza di destrimani e una minoranza di mancini), usando concetti della teoria matematica dei giochi.

-Molto spesso noi esseri umani cerchiamo di dare un significato al comportamento degli animali. Cerchiamo di comprendere, in assoluta buona fede, il sentire del nostro animale domestico , ci spingiamo a  scorgere particolari doti intellettive che lo possano avvicinare, in qualche modo, a noi. E’ corretto?

-Facciamo lo stesso con i nostri simili, usando come criterio il comportamento (il linguaggio verbale alla fine è una forma di comportamento). Quindi cerchiamo di inferire gli stati interni (presunti) sulla base del comportamento manifesto. Si tratta di un esercizio difficile e non esente dalla possibilità dell’errore. Soprattutto quando altri animali sono diversi da noi nella morfologia è molto forte la tendenza a negare loro il possesso di esperienze. In fondo è la ragione per cui non abbiamo remore a spiaccicare una zanzara mentre non faremmo lo stesso con un gattino.

– Tra le tante cose che ci affascinano nel linguaggio animale vi è, ad esempio, quella della capacità, o meno, di distinguere in questo linguaggio alcuni concetti come la presenza e l’assenza. Nel suo prezioso volume, inoltre, lei tratta dell’effetto distanza e dell’effetto della grandezza numerica. Cosa si intende?

-Vi sono prove di una rudimentale comprensione del concetto di presenza e di assenza in una forma non-verbale e non-linguistica negli altri animali (l’abbiamo documentato nel nostro laboratorio con i pulcini). Tuttavia per quanto ne sappiamo non vi sono altre specie oltre a quella umana che abbiano sviluppato un linguaggio con una grammatica, una sintassi. Un linguaggio capace cioè di produrre in modo creativo un numero illimitato di frasi corrette a partire da un numero finito e limitato di regole.

Gli effetti della distanza e della grandezza sono le due “firme” del senso del numero, la capacità di stimare le numerosità in maniera approssimata che costituisce il fondamento biologico della nostra comprensione della numerosità. Si fa prima a dire che 8 è più grande di 2, che non a dire che 8 è più grande di 6 (effetto della distanza). E, a parità di distanza, si fa prima a dire che 8 è più grande di 6 che non a dire che 18 è più grande di 16 o che 324 è più grande di 322 (effetto della grandezza). Questi due effetti si ritrovano pari pari in tutti gli animali che hanno un senso del numero, dalle api alle scimmie, dai polli alle ranocchie. Riflettono proprietà generali dei cosiddetti neuroni del numero, che abbiamo scoperto nel cervello animale, che sono cellule selettivamente sensibili alle numerosità di collezioni di stimoli, in maniera analogica e approssimata.


Di Giorgio Vallortigara

A spasso con il cane Luna

Edizioni Adelphi 2025

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