di Lorenzo Fattori[1]
Cerco un centro di gravità permanente
che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente
(Franco Battiato, 1981)
Il centro di gravità permanente ricercato da Battiato qualche decennio fa resta oggi ancora difficile da individuare. Il testo di questa canzone e il retroterra filosofico che ispira il cantautore siciliano ci sembrano qui utili a introdurre la riflessione di Gianni Vattimo contenuta nel suo ultimo testo, Essere e dintorni e il suo tentativo, come dichiarato dall’autore stesso, di comprendere se esista ancora (o se sia mai esistita) un’esigenza di metafisica.
Questo concetto è inteso dal filosofo torinese in opposizione alle certezze indubitabili imposte dalle auctoritates, che vanno dai dogmi religiosi difesi dal Papato alle leggi dell’economia: queste sono costruite su verità scientifiche che, a uno sguardo più attento, si mostrano essere poco più del paravento, non scientifico bensì dogmatico, per una lotta di classe dall’alto verso il basso (Gallino, 2012; Gillies, 2012). Per Vattimo c’è bisogno di qualcosa che vada al di là della certezza scientifica, seppur questo bisogno possa nascere da fonti diverse; alcune di queste fonti sono proprio le auctoritates. A tal proposito, Vattimo ammette chiaramente di schierarsi dal lato della metafisica degli esclusi, “buona” perché volta a ribaltare i rapporti di potere, che si contrappone a quella metafisica delle auctoritates che oggi è dominante e che nasconde, in realtà, la perpetuazione delle condizioni di disparità esistenti.
Questo non è un tema da sottovalutare nella riflessione filosofica attuale. La stratificazione sociale è andata aumentando, mentre l’accelerazione del mutamento (Rosa, 2015) ha eroso le certezze sulle quali si erano strutturati gli ultimi secoli della società occidentale, a partire dal suo fondamento, l’idea di uomo sedimentatasi a partire dall’umanesimo rinascimentale. Tutto il nostro mondo è in un momento di passaggio epocale, e questo passaggio presenta caratteri di grandissima complessità.
Il principale filo conduttore che sembra emergere in Essere e dintorni è un tentativo, se non di attualizzazione dell’opera di Heidegger (Pecchinenda 2018), perlomeno di lettura della complessa e mutevole realtà odierna alla luce della sua filosofia.
L’epoca che viviamo è imbevuta di confusione e frammentarietà, con la messa in crisi delle strutture sociali e del pensiero che avevano contraddistinto la modernità. I fondamenti del nostro modo di percepire e percepirci nel mondo si stanno sgretolando e, di qui, il nostro iniziale richiamo a Battiato.
Non sfugge a Vattimo la centralità della dimensione politica in questo momento di passaggio: a partire dalla riflessione sulle contingenze storiche che condussero Heidegger allo schierarsi con il nazismo, il filosofo torinese propone, tra gli altri spunti contenuti in un testo a dir poco denso, un’idea di ermeneutica della globalizzazione, in cui l’ermeneutica stessa manifesta una intrinseca vocazione “comunista” (Vattimo, 2018, p. 129), intesa come sostegno alla necessità di trasformazione dello stato delle cose da parte degli sfruttati di tutto il mondo, cui si oppone la tendenza globalizzante da parte del capitalismo occidentale.
Un ulteriore passaggio chiave, conseguente a questo e anch’esso pregno di significato politico, è contenuto nella riflessione sulla tecnica; essa prende le mosse da una considerazione di Heidegger sull’essenza della tecnica stessa: in questa non vi è nulla di tecnico. La dimensione paradossale, che potremmo ancor più significativamente definire alienante, del predominio dello sviluppo tecnologico nell’esperienza di vita dell’essere umano odierno, consiste nella sensazione che “la tecnica sembra una macchinazione creata per escludere l’azione e la scelta da parte del soggetto coinvolto in una determinata attività” (p. 197). Vattimo è pienamente conscio della ricaduta squisitamente politica che la tecnica pone, e opportunamente si chiede: “fino a che punto e in che termini la tecnica può essere separata dal dominio?” (p. 201).
Questa domanda resta aperta: nonostante attualmente viviamo in un mondo in cui sono centrali, come riconosciuto da Antonio Cavicchia Scalamonti, le ricadute della crisi dell’idea del progresso (2007, p. 98), la tecnica mantiene un ruolo dominante, soprattutto in connessione con la politica. Colin Crouch, politologo inglese, già a cavallo del passaggio di millennio ha individuato la trasformazione della democrazia in postdemocrazia, che così veniva definita: “anche se le elezioni continuano a svolgersi e a condizionare i governi, il dibattito elettorale è uno spettacolo saldamente controllato […].A parte lo spettacolo della lotta elettorale, la politica viene decisa in privato dall’interazione tra governi eletti e le élite che rappresentano quasi esclusivamente processi economici” (2003, p. 6). E i processi economici sono tecnica.
Un vero punto di sintesi, in quest’opera di Vattimo, non sembra manifestarsi; ciò non è però un male, bensì è pertinente con la natura dell’opera stessa, una raccolta di saggi provenienti da conferenze, lezioni, seminari e altre circostanze che portano l’autore a definirla, nell’introduzione, una raccolta di testi in cui la filosofia si esercita, o meglio ancora una “filosofia d’occasione” (p. 9). Tuttavia un’opera adatta ai nostri tempi: non è incompiuta ma resta aperta, confacente a una filosofia in divenire: un utile strumento di lettura dei cambiamenti che ci accompagnano in questa fase storica.
Vi è un passaggio nel libro di Vattimo che, forse esulando dalla volontà dell’autore, può essere considerato un piccolo memento per tutti coloro che nell’epoca presente si sentano o svolgano il compito dell’intellettuale: “Interpretare il mondo è trasformare il mondo” (p. 325). E, se con questo riferimento a Karl Marx Vattimo intende rivolgersi innanzitutto a chi pratica l’ermeneutica, che “non è solo la koinè della cultura umanistica e delle scienze dello spirito di fine secolo; è anche, penso si possa dire, una vera e propria ontologia dell’attualità” (p. 335), a nostro parere è bene estendere la portata di questo avvertimento. Troppe le incognite, troppe le potenzialità (sia in positivo che, purtroppo, in negativo): il tempo in cui viviamo ha bisogno di intellettuali pronti a interpretare il mondo e a cambiarlo.
Gianni Vattimo
Essere e dintorni
La Nave di Teseo, 2018
Bibliografia
Cavicchia Scalamonti A., La morte. Quattro variazioni sul tema, Ipermedium, Napoli, 2007.
Crouch C., Postdemocrazia, Laterza, Roma-Bari, 2003.
Gallino L., La lotta di classe dopo la lotta di classe, Laterza, Roma-Bari, 2012.
Gillies D., Economics and Research Assessment Systems, in Economic Thought, Volume 1, Issue 1, World Economics Association, Bristol (UK), 2012.
Pecchinenda G., L’Essere e l’Io, Meltemi, Milano, 2018.
Rosa H., Accelerazione e alienazione, Einaudi, Torino, 2015.
Schapp W., Reti di storie, Mimesis, Milano-Udine, 2017.
Vattimo G., Essere e dintorni, La Nave di Teseo, Milano, 2018.
[1] dottorando in Scienze sociali e statistiche all’Università degli Studi di Napoli – Federico II. Si occupa di sociologia della conoscenza ed ha al suo attivo diverse pubblicazioni.