EXAGERE RIVISTA - Gennaio-Febbraio 2024, n. 1-2 anno IX - ISSN 2531-7334

La cura è molto di più di una scelta terapeutica: l’impegno dell’Aisla.

di Elisa Longo

La Sclerosi Laterale Amiotrofica, la SLA, è una di quelle patologie che ci pone di fronte ad alcuni interrogativi importanti: cosa é una cura? Cosa rappresenta effettivamente per una persona?

“La SLA è una malattia inguaribile ma è curabile”. Come ci dice Stefania Bastianello, Direttore Tecnico e Responsabile della formazione e del Centro d’Ascolto di Aisla Onlus, “una cura può essere intesa come qualsiasi approccio che migliori la qualità della vita delle persone con SLA”. Si tratta quindi di un processo complesso e integrato in numerosi aspetti: dalla presa in carico della persona, all’ascolto, all’intercettazione dei bisogni, all’erogazione dei servizi e al monitoraggio degli stessi.

All’interno di questo percorso, che può apparire già stabilito e preordinato, ci sono poi le scelte delle persone. Scelte, nelle possibilità disponibili, che dipendono della persona malata e da nessun altro. Così come accade per l’accettazione di un particolare farmaco o di un intervento specialistico. Questo significa che la persona, che ha accettato un determinato percorso di cura, può sempre  revocare il consenso, come previsto dalla Legge 219/2017.

Aisla, insieme alle famiglie, sostiene il percorso di cura e la scelta, consapevole, fornendo l’assistenza necessaria e l’informazione corretta. In questo ambito si muove il Centro d’Ascolto AISLA, nel costituire un punto di riferimento per il personale di assistenza agli ammalati e fornire una bussola utile ad orientarsi in questo percorso. Un supporto telefonico di un’equipe di specialisti è destinato alle persone con SLA, ai familiari, ai medici o operatori addetti all’assistenza, ai volontari, ai soci di AISLA e a tutti i suoi collaboratori. Uno degli obiettivi della nostra associazione è  supportare l’autonomia e la qualità complessiva della vita di queste persone affette da questa grave patologia. Un modo per continuare a garantire la socialità, i legami affettivi, la relazione con l’altro e la possibilità di una vita al pari di tutte le altre.  Dalla sua istituzione, il Centro d’Ascolto è composto da un team multidisciplinare di 20 specialisti (neurologi, pneumologi, fisiatri, fisioterapisti, nutrizionisti, esperti in ausili per la comunicazione, logopedisti specialisti in tecniche di comunicazione aumentativa alternativa e deglutologi, assistenti sociali, infermieri esperti in cure palliative, care giver e psicologi) che ha fornito, nel corso degli anni, risposte  a più di 40.000 chiamate offrendo a pazienti, familiari e operatori socio-sanitari una consulenza gratuita e un supporto concreto.

Sempre in ambito di cura e nell’ambito di una presa in carico sanitaria globale della persona, dal 2008 AISLA ha contribuito a creare, e tuttora sostiene in qualità di socio, il Centro Clinico NeMO, di Fondazione Serena Onlus, di cui fanno parte anche UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), Fondazione Telethon, l’Associazione Non Profit Slanciamoci, Associazione Famiglie Sma e Fondazione Vialli e Mauro onlus. Il Centro è specializzato nella presa in carico dei malati neuromuscolari e oggi, oltre alla prima sede collocata presso l’Ospedale Niguarda di Milano, conta altre sei sedi attive sul territorio nazionale a: Roma, Arenzano (Genova), Brescia, Napoli, Trento e Ancona.

Quando si parla di SLA si parla di una forma di disabilità gravissima e permanente. L’importanza delle cure domiciliari, l’assistenza per chi ha patologie invalidanti gravi e i piani assistenziali ad alta intensità sono solo una parte, seppur fondamentale, dell’apporto offerto costantemente a pazienti e famiglie. I servizi di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) e di Cure Palliative domiciliari mettono a disposizione una rete di professionisti sanitari del settore, specializzati in patologie avanzate e nella cura delle persone non autosufficienti. L’assistenza di operatori specializzati, quali gli educatori, i fisioterapisti, gli infermieri e gli operatori socio-assistenziali è fondamentale nella cura e nella gestione quotidiana di un affetto da SLA.

Aisla dal 1983 lavora con l’obiettivo di diventare il soggetto nazionale di riferimento per la tutela, l’assistenza e la cura dei malati di SLA in sinergia con gli organismi nazionali e internazionali e con le istituzioni sanitarie, dal 1999 è riconosciuta dal Ministero della Sanità. Quattro sono i suoi ambiti di attività: informazione, assistenza, ricerca e formazione. Con assistenza si intende tutto ciò che riguarda la presa in carico della persona malata; con ricerca si intende il supporto  nella ricerca scientifica; con informazione si intende un costante aggiornamento, promuovendo iniziative di sensibilizzazione, di confronto e divulgazione con raccolta fondi.  Per la formazione del personale medico e sanitario, oltre che socio assistenziale, Aisla sostiene un programma che è passato da 7 moduli formativi nel 2009 a 51 moduli nel 2021. “Sono partita nel 2009 e ho avuto la possibilità di intercettare più occasioni formative. A livello numerico posso dire che, come spesso accade, più un’attività viene conosciuta più si sviluppa. La nostra formazione è più che altro rivolta ai sanitari (medici, fisioterapisti, infermieri, OSS) ma abbiamo anche predisposto moduli per i caregiver e per gli assistenti familiari.”, afferma la dott.ssa Bastianello.

Aisla sostiene la ricerca scientifica sulla SLA e ci si augura che si possa arrivare quanto prima ad una cura farmacologica efficace.Nel 2019 AISLA ha creato la prima Biobanca Nazionale, infrastruttura di ricerca situata al Policlinico Gemelli di Roma e gestita da XBiogem, in cui sono conservati i campioni biologici di pazienti affetti da SLA, necessari per condurre ricerche scientifiche. Nel 2020 AISLA ha avviato, grazie alla collaborazione con l’Associazione del Registro dei Pazienti Neuromuscolari, il primo Registro Nazionale sulla SLA, per la raccolta sistematica dei dati anagrafici, genetici e clinici delle persone colpite in Italia. È uno strumento fondamentale per contribuire a identificare le persone con SLA in Italia, a capire i possibili fattori di rischio della malattia e ad accelerare lo sviluppo di nuovi trattamenti di cura. Nel 2008 ha fondato, insieme alla Fondazione Telethon, alla Fondazione Cariplo e alla Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport Onlus,  AriSLA, Fondazione Italiana di ricerca per la SLA, , costituendo il primo organismo a livello italiano ed europeo a occuparsene in maniera dedicata ed esclusiva.

Ad oggi la ricerca scientifica ha consentito numerosi passi in avanti. Nonostante il farmaco accettato in Italia per la cura della SLA sia uno solo (il riluzolo) i nuovi dati annunciati durante il congresso annuale ENCALS (European Network to Cure ALS) hanno dimostrato che, per un gruppo definito di malati SLA, il farmaco Tofersen potrebbe avere effetti positivi: “Anche se a tutt’oggi è ancora in fase di monitoraggio, il Tofersen ha dato prova di risultati intermedi su un sottogruppo di persone può beneficiarne. I risultati sono comunque incoraggianti.” “Bisognerebbe seguire quest’onda e fare in modo che gli approcci farmacologici ma più in generale scientifici, siano in grado se non di guarire e quindi riportare la persona a prima della malattia, ma quanto meno a stabilizzarne la degenerazione.”

Un aspetto importante legato alla cura è il costo di quest’ultima. Costi diretti, come quelli relativi all’assunzione di un assistente familiare h24 a quelli relativi a terapie, ai dispositivi tecnologici alle visite specialistiche,  gravano sulle persone SLA e sulle loro famiglie. Aisla è impegnata anche su questo aspetto partecipando ai tavoli ministeriali e regionali per la definizione dei Fondi per la non autosufficienze (FNA). A livello sanitario territoriale vi sono grosse lacune: i malati di SLA non ricevono tutta l’assistenza necessaria e questo, oltre a incidere negativamente sulle loro condizioni di salute, ne aumenta i costi sanitari e sociali. Le mancate visite periodiche a domicilio di medici esperti che seguano passo dopo passo l’evolversi della malattia, ad esempio, possono dare origine a ricoveri ospedalieri impropri con costi sanitari superiori rispetto a quelli che avrebbero avuto le visite stesse. Inoltre, il fatto che una famiglia non possa permettersi di sostenere le spese di un caregiver formale (assistente familiare) implica che siano i familiari stessi a occuparsi della persona, spesso rinunciando al proprio lavoro.

Per Stefania Bastianello è necessario proseguire un cammino fatto di scelte coraggiose: “Abbiamo un Dipartimento Socio Sanitario che monitora regolarmente l’erogazione dei fondi stanziati per i caregiver. Siamo attivi su molti tavoli tecnici per la stesura e la promozione e sostegno di PDTA – percorsi diagnostico terapeutico assistenziale n.d.r. -.” Sono azioni istituzionali alle quali Aisla affianca azioni concrete, come, ad esempio, il Centro d’Ascolto. “Siamo in costante dialogo con le Asl, là dove intercettiamo un bisogno. Lì dove questo non è possibile, interveniamo direttamente noi. È accaduto qualche giorno fa quando una persona aveva problemi di approvvigionamento di nutrizione enterale e il problema derivava da un problema di scorte da fornitore. Andiamo spesso a vicariare grandi lacune del sistema; per esempio, la procedura di assegnazione dei comunicatori oculari: su questo tema abbiamo appena pubblicato un documento sui comunicatori spiegando tutto il processo che va dall’intercettazione del bisogno, alla prova dei dispositivi alla prescrizione, all’erogazione al monitoraggio”

Ci si chiede dunque cosa manchi effettivamente per una cura quanto più omnicomprensiva dei reali bisogni delle persone SLA. “Se ci fosse un PDTA uniforme in tutte le regioni italiane e noi abbiamo già prodotto un PDTA cornice,  saremmo già al risultato. Ma il problema, e lo sappiamo dal COVID che lo ha evidenziato in maniera netta, è una forte carenza di risorse, persone formate, specialisti e una difformità diffusa tra le Regioni”

Nella cura della fragilità si ha bisogno di scelte integrate e complessive: “Sarebbe davvero importante attivare dei percorsi condivisi per un’integrazione socio-sanitaria vera. La SLA ha impatto sociale elevatissimo e una vera integrazione aiuterebbe di molto le famiglie. Sarebbe ottimale che venisse presa in carico l’intera famiglia, l’intero nucleo familiare soprattutto lì dove sono presenti altri fragili o minori, che fossero disponibili tutti i supporti di cui ha bisogno.”

È in un’ottica “to care not to cure” che Aisla festeggia, anche quest’anno (il 18 settembre) la Giornata Nazionale SLA. Un modo per non dimenticare quanto fatto finora e quanto è ancora possibile fare. Grazie alle sinergie create con ANCI e con i Sindaci italiani, le piazze e le città si tingeranno di verde, colore che contraddistingue da sempre Aisla e le sue iniziative.

 

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