di Federica Biolzi
L’epidemia da Covid-19 è apparsa, già nell’immediato, come un possibile momento di rottura del quotidiano. Senza ombra di dubbio, ha comportato, per tutti, una vera è propria modifica di abitudini e rapporti, individuali e collettivi. Nel libro, Occidenti, La nuova società (Jaca Book) scritto a quattro mani da Renato Mannheimer e Giorgio Pacifici, vengono poste una serie di questioni che appaiono, dal punto di vista sociologico, di una carta importanza e pertinenza.
-Il periodo dell’epidemia ha effettivamente segnato un vero e proprio spartiacque, un prima e un dopo nelle relazioni e negli assetti del vivere e dell’agire collettivo?
-In Europa il periodo dell’epidemia è stato connotato da dolore e paura, e poi come tutti ricordano, da un severo lock-down che ha creato malumori e frizioni tra le istituzioni e i cittadini in molti paesi. Poi però l’abitudine ha preso il sopravvento, la gente si è abituata al nuovo modo, di vivere, di relazionarsi on line, nella scuola, negli uffici, negli affari. Il webinar è diventato preferibile rispetto al seminario tradizionale; l’acquisto sul catalogo immenso della società multinazionale ha consentito una scelta più vasta; la DAD (Didattica a distanza) è sembrata più efficace di quella in presenza. Queste esperienze hanno fatto riflettere molte persone e le hanno convinte che anche dopo il lock-down era preferibile non incontrarsi di persona, “mantenere le distanze”, non dare luogo a manifestazioni pubbliche di affetto (baci e abbracci). Non soltanto nelle relazioni sociali, e non soltanto in quelle economiche e di lavoro. Naturalmente non si può parlare di un atteggiamento unico, ma di modi di pensare (e di vivere) con tante sfumature diverse a seconda del paese, del gruppo sociale di appartenenza e persino di fattori climatici, e di una cultura tecnologica più o meno diffusa.
– Il testo, e ne costituisce uno dei pregi è molto ricco di dati che riportano alcune indagini sulle conseguenze del Covid-19, in Italia , in Francia e in altri paesi. Cosa è accaduto nel nostro paese e in che cosa ci siamo differenziati, ad esempio, dai nostri vicini d’oltralpe?
– la maggiore differenza tra il comportamento italiano e quello francese deriva probabilmente dalla diversa natura delle misure messe in atto dalle autorità amminitrativo-sanitarie. Durante l’emergemia –come definisce il periodo emergenza-pandemia Ugo Pacifici Noja, uno studioso di scuola EHESS- le autorità sanitarie francesi stabiliscono delle misure permanenti che possono attenuarsi o diventare più pesanti a seconda delle circostanze. Le autorità italiane invece stabiliscono delle norme destinate a finire con la fine della pandemia. Così non dovrebbe stupire se la ripresa del Covid dovesse far ritornare in vigore in Francia alcune delle contestatissime misure che furono all’origine di scontri anche violenti tra gli “scontenti naturali” e la polizia.
Su un piano decisamente più personale si può osservare che l’emergemia ha fatto riflettere i francesi sulla necessità di occuparsi di più dei propri cari, di organizzare il proprio tempo in modo più razionale riservando un tempo maggiore a se stessi e alle proprie passioni, di dare una svolta più responsabile ai propri consumi. Sotto questo ultimo aspetto, occorre rilevare che la pandemia ha determinato in Francia un innalzamento dei prezzi maggiore di quello rilevato in molti paesi europei. Al “grido di allarme” lanciato in Francia da organismi di controllo e associazioni di categoria sono corrisposti cambiamenti rilevanti (giudicati negativamente) nelle abitudini di spesa, in particolare per i consumi alimentari.
-Per poter meglio descrivere e spiegare cosa sta accadendo, avete disegnato alcuni “contenitori sociali” che permettono di meglio cogliere l’aspetto dinamico del processo di mutamento. Mi riferisco, nello specifico alle “aree sociali”. Cosa sono e cosa permettono di evidenziare?
-La ricerca di “nuovi contenitori sociali” deriva in primo luogo dall’insoddisfazione per i “vecchi contenitori”, le classi sociali. Molti anni fa, come altri sociologi, Renato Mannheimer ed io abbiamo iniziato una riflessione sulla inadeguatezza delle vecchie categorie di derivazione marxiana e weberiana (borghesia, proletariato, aristocrazia, ecc.) per descrivere i nuovi fenomeni sociali. Per questo sono stati individuati dei “contenitori” ai quali si è dato il nome di “aree sociali”. Nuovi contenitori che fossero in grado di ricomprendere gruppi sociali di diversa origine e dimensioni, accomunati non da simbologie e valori, ma da interessi e da “atteggiamenti” (anche temporanei) di fronte ai fenomeni della realtà. Atteggiamenti che possono anche essere motivati da interessi economici, ma non sono necessariamente economici. Per esempio atteggiamenti di fronte ai problemi climatici, o a quelli generati dalla pandemia.
Alle aree sociali abbiamo dedicato una parte dei nostri volumi più recenti e degli articoli pubblicati su alcune riviste (come ad esempio la Harward Business Review). Queste vaste aree sociali come abbiamo spesso ricordato, sono riscontrabili non solo nel nostro paese, ma in tutta l’Unione Europea . Le abbiamo denominate “Area del benessere”, “Area della creatività”, “Area della garanzia”, “Area dell’incertezza”, “Area del malessere”. In estrema sintesi esse si possono definire così:
L’area del benessere è costituita dall’insieme di quei gruppi sociali che per motivi professionali, ereditari, o persino casuali, dispongono di uno stabile benessere economico. Una condizione che in taluni casi con il tempo ha portato alcuni privilegi politici. L’area della creatività è lo spazio nel quale operano e interagiscono individui e gruppi in grado di portare nell’ambiente innovazioni e emozioni , di generare conoscenze nuove nella scienza e nella tecnologia, di interpretare le trasformazioni della società. L’area della garanzia è formata da tutti i gruppi forniti di un reddito adeguato e costante , e quindi provvisti di una certa sicurezza economica, che li pone al riparo rispetto agli eventi economici e sociali. L’area dell’incertezza comprende coloro che avvertono dei rischi per il proprio futuro e per le prospettive della propria famiglia, che sentono nell’aria la minaccia di povertà e di esclusione.
L’area del malessere è formata da gruppi contrassegnati da insoddisfacenti livelli di reddito, da vaste sacche di disoccupazione e di sottoccupazione permanente.
Le aree sociali non sono comunque dei contenitori chiusi e impermeabili: tra un’area e l’altra vi sono scambi costanti non soltanto di individui , ma di interi gruppi, per esempio vasti gruppi di addetti all’industria sono usciti dall’area della garanzia per entrare nell’area dell’incertezza. Redditi meno sicuri, grandi ombre sul futuro. Anche l’area del malessere si è molto allargata , a causa di tutta la nuova disoccupazione connessa alla pandemia e ai successivi conflitti bellici.
Se il concetto di aree sociali in sé appare applicabile anche fuori dall’Europa, occorre rilevare che si tratta di aree sociali diverse per estensione e per caratteristiche. Si pensi per esempio alle aree sociali del mondo anglosassone (come rileva per gli USA anche Laura Dryjanska ) o a quelle delle autocrazie orientali.
La funzione delle aree sociali però non è solo conoscitiva ma insieme anche euristica; esse permettono di prevedere ed evidenziare meglio delle vecchie classi sociali le trasformazioni in atto negli orientamenti politici socio-economici dei diversi paesi, e dunque possono consentire la base per attività operative di istituzioni e imprese.
-Lei e il professor Mannheimer vi siete occupati, non solo in questo volume, di una cosiddetta sociologia del plurale. Solo per far riferimento ai titoli dei vostri lavori, si nota che si parla di Italie, Europe, Occidenti. Le chiederei di spiegarci in cosa consiste questo approccio e quali le principali ricadute in termini di ricerca.
-Nell’analizzare la realtà del nostro paese, come quella dell’Unione o più in generale dell’Occidente, abbiamo percepito in modo sempre più pressante che le tante “singolarità” esistenti non permettevano di considerare queste realtà come dei soggetti unitari, ma come degli insiemi di soggetti. Insiemi di soggetti di cui -d’altra parte – nessuno poteva essere considerato separatamente, a meno di non voler realizzare un’analisi approfondita di micro entità come quella compiuta dalla Ecole des Annales . (Si pensi a Un village du Languedoc sous Louis XV, gennaio-giugno 1941) Siamo arrivati a chiederci , soltanto per fornire un esempio, se l’esistenza di regioni come l‘Algarve e l’Alentejo consentano di parlare di “Portogalli” senza peraltro che debba essere messa in discussione l’unicità del Portogallo e la sua necessità a livello politico, culturale, economico, strategico, ecc.
In questa sociologia del plurale è opportuno (o forse indispensabile) a livello metodologico far rifluire tutti i dati che possono fornire le “altre” scienze sociali: la socio-economia, la demografia, la statistica, l’antropologia culturale, la psicologia sociale e tutte scienze indicate con la psi, la politologia, la geopolitica, la sociolinguistica.
-Abbiamo parlato delle conseguenze del Covid, poi dal 2022 lo scenario si è ulteriormente modificato anche a causa della guerra in Ucraina, alla quale si è aggiunta, successivamente, quella in atto nei territori israeliani e palestinesi. Quali le possibili conseguenze e accelerazioni in termini di mutamento sociale?
-Questi traumi (pandemia e guerre) sono stati molto forti per tutti i paesi d’Occidente, o come noi li chiamiamo “gli Occidenti”. Quindi le conseguenze in termini di mutamento, in generale, non possono essere positive. Con modalità diverse, avevamo rivolto lo stesso interrogativo a intellettuali e esperti, centri di ricerca e istituti universitari, prima della “operazione militare speciale” russa in Ucraina, e della invasione di Hamas del territorio israeliano. Le risposte fondamentalmente concordavano nel mettere l’accento su alcuni temi, che vale pena di riportare: maggiore disoccupazione; minore disponibilità ad accogliere e ospitare immigrati; aumento dell’estremismo di sinistra e di destra, antisemitismo, razzismo, omofobia; aumento delle tensioni tra le diverse generazioni; progressiva diminuzione della credibilità dei governanti, ma paradossalmente maggiore intervento dei governi nella economia.
Renato Mannheimer, Giorgio Pacifici
Occidenti, La nuova società