EXAGERE RIVISTA - Luglio - Agosto - Settembre 2024, n. 7-8-9 anno IX - ISSN 2531-7334

La malattia della volontà

di Federica Biolzi

Che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità?

Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l’uomo ideale e forte che m’aspettavo?

Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente.
(Italo Svevo)

Come pensare al fumo e al tabacco senza evocare una sensazione di piacere, e, allo stesso tempo, essere consapevoli dei danni che può provocare alla propria e altrui salute?

Il tabacco venne importato dall’America nel XVI secolo, conquistando il mondo e i suoi mercati. I consumatori furono da subito numerosissimi. Inizialmente l’uso del tabacco fu incoraggiato per le sue presunte proprietà medicinali e successivamente, verso la metà del XIX secolo, prese la forma che conosciamo della sigaretta[1]. Portarsi una sigaretta alle labbra appariva un gesto innocuo quasi quanto quello del bere il tè. Fu solo negli anni ’50 che apparvero i primi studi sulla nocività di questa sostanza.

Oggi la dipendenza da Nicotina è classificata come un vero e proprio disturbo patologico, inserito nel DSM V tra i disturbi da uso di sostanze. Sulla base di criteri diagnostici provoca un disagio o un danno rilevante dal punto di vista clinico. La nicotina rappresenta la principale sostanza attiva sul Sistema Nervoso Centrale in grado di modificare l’umore, agendo sia come stimolante che come sedativo. Il tabagismo, la dipendenza da nicotina o da fumo di sigaretta, è probabilmente la dipendenza patologica oggi più diffusa[2].

La tematica della malattia correlata al fumo, è stata, nel tempo, approfondita in diversi ambiti, tra i quali, la letteratura, dove spesso è intesa come metafora di una debolezza sociale e mentale.

Il tabacco molto spesso provato per fare come gli altri o per differenziarsi, dalla iniziazione della prima sigaretta alla ritualizzazione della “pausa sigaretta“, si ritrova in diversi autori e molto spesso ci vengono offerte testimonianze dei rapporti psicologici che si possono intessere con una semplice sigaretta.

La sigaretta, in molte opere, diventa l’accessorio preferito di un personaggio, il suo rimedio all’ansia, l’oggetto metaforico di una dipendenza da cui ci si sta cercando di sbarazzare ma senza risultato.

Aristotele, nel settimo libro dell’Etica Nicomachea, esplora il fenomeno dell’acrasia: l’atto di commettere un fatto che si sa essere sbagliato. L’acratico sa che il fumo gli fa male eppure accende una sigaretta ogni mattina per automatismo, per il gusto di farlo: è “più forte di lui” o almeno della sua volontà di smettere di agire in un modo che sa essere dannoso per se stesso. 

In “La  coscienza di Zeno” , in particolare, Italo Svevo dedica un intero capitolo  al fumo.  Il protagonista vive una dipendenza iniziata fin dalla giovane età. Lui stesso sottolinea come un psicoanalista gli avesse consigliato di iniziare la stesura del diario con un’analisi storica della sua propensione al fumo. Nei suoi taccuini cita “la storia del suo gusto per il tabacco” e ricorda la sua prima sigaretta fumata da adolescente, inizialmente rubando i soldi dalla giacca del padre.. “presi i dieci soldi che mi servivano per comprare la preziosa scatolina e fumai una dopo l’altra le dieci sigarette che conteneva”. “Non fu poi la mancanza di denaro che mi rendesse difficile di soddisfare il mio vizio, ma le proibizioni valsero ad eccitarlo…(SVEVO,1985)[3].

All’età di vent’anni Zeno si accorge di odiare il fumo e si ammala, ma nonostante la malattia decide di fumare sempre un’ultima sigaretta. Egli è consapevole e cosciente dei danni alla propria salute ed è proprio da qui che si evidenzia per la prima volta il vero disturbo del protagonista. Inizialmente il fumo è per Zeno una reazione al rapporto con il padre, infatti il responso finale del Dottor S. fa risalire le motivazioni di tale dipendenza da un kafkiano trauma edipico. La morte del padre, tematica centrale del capitolo successivo giustifica in tal modo la diagnosi. E’ possibile inoltre analizzare la stretta interconnessione fra malattia, sigarette e letteratura partendo proprio da questo punto di vista. Il vizio del fumo, infatti, se interpretato nel suo legame con la vita contemplativa ed umanistica, potrebbe essere riconducibile ad una rivolta nei confronti dell’“azione pedagogica del padre, volta a fare del figlio un bravo borghese inserito, capace di controllare fino in fondo i propri gesti e di indirizzarli a finalità positive” (BARILLI, 1977)[4]. Il fumo sarebbe interpretabile, pertanto, come uno strumento di emulazione finalizzata al superamento del padre percepito come rivale. In tal senso, ogni tentativo di smettere di fumare non è che uno stimolo ulteriore al desiderio, tanto più se il complimento per la propria perseveranza viene da una figura come quella del padre.

La decisione di rinunciare alle sigarette diventa quasi un’esperienza di conversione e l’ultima sigaretta di Zeno è un perfetto esempio di “abulia”, intesa come debolezza di una volontà incapace di decidere con il conseguente fallimento dell’azione.

Da un’invincibile inclinazione per il tabacco nasce una relazione esclusiva con le sigarette e, uscire da questo circolo vizioso, diventa quasi un tratto della personalità di Zeno. La vera malattia non è il vizio del fumo ma bensì la sua incapacità di tener fede ai propositi di non fumare più.

Il protagonista può considerarsi un “inetto”, sofferente di una malattia morale e incapace di assumersi responsabilità: una specie di antieroe, come si evidenzia con il suo atteggiamento consapevolmente rinunciatario.

Il vizio del fumo quindi assume un valore emblematico: quello che conta è il susseguirsi di propositi e di fallimenti, l’incapacità di liberarsi da un vizio, un’abitudine, la malattia della volontà. L’argomento, pur se apparentemente futile, serve quindi a Svevo per mettere in luce quella dimensione di inettitudine, che spesso viene rappresentata con umorismo e tanta ironia.

Svevo è entrato nei meccanismi della coscienza e riesce a mettere a nudo con efficacia la sottile trama di autogiustificazione e di alibi con la quale l’uomo tenta di nascondersi da se stesso. Zeno cerca vanamente di liberarsi dal vizio del fumo e di mettere in atto i migliori proponimenti, ma è proprio l’alternanza caotica di buoni propositi e di ricadute a sottolineare la malattia della volontà e la debolezza del suo personaggio, la cui salvezza può consistere solo nella consapevolezza e nell’ironia. Svevo è approdato ad un distacco ironico dalla vita dove spesso alle intenzioni seguono realizzazioni opposte o imprevedibili, scoprendo nella consapevolezza e nell’ironia le uniche armi di difesa contro la precarietà della vita e le alienanti mistificazioni della società.

Nell’episodio del ricovero di Zeno, presso la casa della salute dal dott. Muli, si vede come lo scopo del ricovero sia smettere di fumare. Il dott. Muli dice a Zeno “Solo non capisco perché lei, invece di cessare ex abrupto di fumare, non sia piuttosto risolto di diminuire il numero delle sigarette che fuma. Si può fumare, ma non bisogna esagerare. In verità a forza di voler cessare del tutto dal fumare, all’eventualità di fumare di meno non avevo mai pensato. Ma venuto ora quel consiglio non poteva che affievolire il mio proposito. Dissi una parola risoluta: giacché è deciso, lasci che tenti questa cura. Tentare? E il dottore rise con aria di superiorità. Una volta che lei vi si è accinto, la cura deve riuscire” (SVEVO 1985)[5]. Nel proseguo emerge come lo stesso Zeno vi si faccia rinchiudere volontariamente, ma una volta in clinica decida di scappare. Lo fa approfittando della debolezza trapelata dall’infermiera Giovanna, che con una bottiglia di cognac e una promessa di rapporto sessuale lo lascia andare. Quest’episodio viene narrato da Svevo con comicità e con una sottile ironia, per sottintendere come le dipendenze e le ossessioni dell’uomo contemporaneo siano presenti e come si possano caratterizzare in un senso di solitudine e di egocentrismo individuale che può sfociare in egoismo collettivo. Una dipendenza quella del fumo che diventa per Svevo indicatore di un vuoto esistenziale ed interiore che affligge l’individuo contemporaneo. 

In Svevo si ritrova l’influenza della psicoanalisi di alcune letture e di alcune opere di Freud, in quanto lo stesso fornì a Svevo la possibilità di esplorare ulteriormente problematiche esistenti anche nei protagonisti delle sue opere precedenti.

La verità della nevrosi di Zeno, […] è dovuta alla fedeltà con la quale Svevo sapeva stare in ascolto dei dati della propria esistenza, in modo da vivificare così dei personaggi che, staccati a poco a poco da sé stesso, vengono ad assumere caratteristiche proprie e parzialmente autonome, pur rimanendo all’interno di una cornice le cui linee sono definite dalla natura biografica di quei testi. (Petronio, 1976)[6].

All’interno di questi elementi reali e di finzione, la sigaretta e il fumo offrono uno spunto che diviene la chiave per lo svolgimento dell’essenziale tematica della malattia e della nevrosi.

La posizione di questo capitolo rivela la funzione didascalico-strumentale del fumo, che fornirebbe in questa prospettiva un’introduzione narrativa al metodo psicoanalitico delle libere associazioni di pensieri (una serie infinita di prolessi e analessi) e, nello specifico, di uno dei sintomi più ricorrenti della nevrosi: la dipendenza dalle sigarette. Già nell’incipit del capitolo dedicato al fumo, Svevo esordisce: “la malattia è una convinzione ed io nacqui con quella convinzione” (SVEVO, 1985)[7]. La coscienza e la convinzione della malattia saranno una costante che lo condurrà a difendere questo stato nel corso di tutta la narrazione nonché a difenderla, nonostante da un punto di vista psicoanalitico questo atteggiamento sia stato interpretato in termini di resistenza e reazione ad un’eventuale terapia.

L’incapacità di smettere di fumare è direttamente collegata alla noluntas di abbandonare lo stato di malattia che altro non è se non una manifestazione del primato dell’esistere sull’esistere. La volontà dell’ultima sigaretta non è che la continua tensione verso il raggiungimento di una salute esemplarmente mai conseguita. Nel corso della narrazione sveviana è possibile annoverare innumerevoli situazioni in cui Zeno cede alla tentazione della sigaretta per paura di perdere la propria “libertà vigilata”. Zeno ha sempre bisogno di un persecutore, di qualcuno che gli impedisca di soddisfare il proprio vizio per poterlo poi valorizzare in quanto proibito dall’altro. L’ultima sigaretta proverebbe, pertanto, “la difficoltà che questi prova a compiere un atto di volontà, una scelta che lo impegni in modo definitivo e irreversibile” (SVEVO, 1985)[8].  Il vizio della sigaretta può così collocarsi all’interno della più ampia tematica della malattia che non rappresenta per il protagonista de “La coscienza di Zeno”  soltanto una patologia, ma soprattutto un modo complessivo di intendere il proprio rapporto non pacificato con il mondo esterno. Il rifugiarsi nella malattia deriva dalla convinzione che la realtà sia nel suo complesso malata. Di conseguenza un’ipotetica guarigione equivarrebbe a un compromesso che Zeno continuamente rimanda assieme all’ultima delle sue sigarette.

Ed è proprio in questo eterno ritorno che Svevo trova la propria dimensione: “[…] il tempo, per me, non è quella cosa incontrollabile che non s’arresta mai. Da me, solo da me, ritorna” (SVEVO, 1985)[9]. In questo ambito è esemplare l’aneddoto di Zeno che, essendo riuscito a scappare dal soggiorno forzato nella clinica di disintossicazione in cui volontariamente si fa rinchiudere per smettere di fumare e diventare degno della considerazione del figlio, conclude: “Addormentandomi pensai di aver fatto bene di lasciare la casa di salute poiché avevo tutto il tempo per curarmi lentamente. Anche mio figlio che dormiva nella stanza vicina non s’apprestava certamente ancora a giudicarmi o a imitarmi. Assolutamente non v’era fretta.” (SVEVO, 1985)[10].

Gli elementi più significativi del testo sono in linea con le tecniche del modernismo in base a nuclei tematici fondamentali e non progressivi nel tempo (infatti quanto Zeno narra nei suoi ricordi autobiografici, scritti come “cura” prescritta dal dottor S., è spesso menzognero e viziato dal proprio punto di vista):  la centralità del tema della malattia, della nevrosi, e l’interesse per i meccanismi curativi della psichiatria; il crollo dell’identità statica del personaggio e la sua frantumazione in molteplici “io” divisi e contraddittori; l’attenzione per il gioco ironico sui nomi dei personaggi. L’inettitudine dei personaggi sveviani smaschera una crisi d’identità della società a lui contemporanea e di ogni singolo individuo. Per Svevo la parola non è portatrice di verità assolute ma dissemina sulla pagina alcune verità ed alcune menzogne, come avviene nella coscienza di ogni uomo in modo ancora più chiaro se ammalato o nevrotico.

Riferimenti bibliografici:

  • BARILLI, R. La linea Svevo-Pirandello. Milano: Mursia, 1977.
  • PETRONIO, G. Il caso Svevo. Palermo. Palumbo Editore,1976.
  • SVEVO I., La coscienza di Zeno. Milano. Garzanti, 1985.

Sitografia:

  • “Un Filo di Fumo”: Il Tema Del Tabagismo in Svevo e Pessoa di Silvia Annavini in Revista de Italianística XIX – XX | 2010 Il Novecento. file:///C:/Users/user/Downloads/56933-Texto%20do%20artigo-72080-1-10-20130621%20(6).pdf
  • https://www.sanita.puglia.it/documents/36057/96858000/NICOTINA.pdf/ff39bbc2-2a95-4b33-a24a-66d048b5fa7f
  • Narrativa della “crisi” L’autore e l’opera: Italo Svevo. Copyright © 2011 Zanichelli Editore SpA, Bologna. Estensione online del corso B. Panebianco, M. Gineprini, S. Seminara, LETTERAUTORI © Zanichelli 2011 https://online.scuola.zanichelli.it/letterautori/edizione-maggiore/volume-3-il-secondo-ottocento-e-il-novecento/
  • L’indifferenza nella letteratura italiana del Novecento, di Ulivi Ferruccio. https://www.ccdc.it/documento/lindifferenza-nella-letteratura-italiana-del-novecento-testo/

[1] Cfr. France culture:”Cette fois, c’est la derniére”: la cigarette dans la littérature, Par Pauline Petit, publié le jeudi 5 novembre 2020

[2] cfr. https://www.sanita.puglia.it/documents/36057/96858000/NICOTINA.pdf/ff39bbc2-2a95-4b33-a24a-66d048b5fa7f

[3] Da “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo, Milano, Garzanti,1985

[4] da BARILLI, R. La linea Svevo-Pirandello. Milano: Mursia, 1977 in file:///C:/Users/user/Downloads/56933-Texto%20do%20artigo-72080-1-10-20130621%20(6).pdf

[5]Da “La coscienza di Zeno” di I. Svevo, Milano, Garzanti,1985

[6]PETRONIO, G. Il caso Svevo. Palermo: Palumbo Editore,1976 in file:///C:/Users/user/Downloads/56933-Texto%20do%20artigo-72080-1-10-20130621%20(6).pdf

[7] Da “La coscienza di Zeno” di I. Svevo, Milano, Garzanti,1985

[8] Ibidem

[9] Ibidem

[10] Ibidem

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