EXAGERE RIVISTA - Gennaio-Febbraio 2024, n. 1-2 anno IX - ISSN 2531-7334

L’aporia multipla del toccare. Jacques Derrida e Jean-Luc Nancy

di Gianfranco Brevetto

 

Gli elementi di questo importante e singolare libro sono tre. Anzi quattro. In primo luogo la presenza di due filosofi di primaria importanza sulla scena contemporanea: Jacques Derrida e Jean- Luc Nancy. Il secondo è, come vedremo il linguaggio, sarebbe meglio dire la langue; il terzo è l’affascinante traccia decostruzionista del libro stesso. Per il quarto, poi si dirà.

La sua pubblicazione, oggi e in Italia, appare una scelta coraggiosa dell’editore Marietti 1820. Il testo francese risale all’anno 2000 (Derrida è scomparso nel 2004), pubblicato oltralpe per le Éditions Galilée, con illustrazioni originali di Simon Hantaï, riproposte nell’edizione italiana. Il testo originale, in verità, risale al 1992, destinato ad un numero speciale su Nancy di una rivista inglese.

Jacques Derrida e Jean-Luc Nancy non necessitano di presentazioni, sono noti ai lettori per le posizioni, spesso crude e polemiche, assunte nei loro confronti da parte dei critici. Allievi e seguaci dei grandi della filosofia occidentale, sono i punti fermi del pensiero della differenza e del decostruzionismo. Per questioni logiche e di elaborazione di questa breve riflessione cercheremo di tenere insieme i primi tre elementi di cui sopra, cercando di riassumerli in breve.

Iniziamo col nodo delle molteplici scelte possibili nella traduzione del titolo, messe in giusta evidenza dal commento del traduttore italiano. L’ambiguità dell’espressione le toucher, traducibile sia con toccarlo che con il toccare, il tatto, viene risolta con toccare, infinito senza l’articolo: evidente tregua armata con la lingua di provenienza che tende al nominale. Questo accenno basta a chiarire che, fin da subito in questo testo, la langue s’impone nella sua  capricciosa veste polisemica e ci appare come unità di ingresso nell’ampio panorama delle attribuzioni del senso.

Lo spunto di partenza delle riflessioni sul toccare di Derrida è una frase che l’autore sostiene aver intravista sui muri di Parigi:

Quando i nostri occhi si toccano, è giorno o notte?

Frase apparentemente semplice, quasi banale, testo del quale si percepisce, però, una consistente certezza solo per pochi attimi, per poche righe. Una frase messa volutamente in esergo in un libro dedicato a Nancy, che Derrida ritiene il più grande pensatore sul tatto di tutti i tempi, almeno da quanto Aristotele aveva toccato in un colpo solo l’aporia multipla del toccare.

Si accennava prima alla valenza del linguaggio in Derrida, ed a questa occorre rifarsi per meglio comprendere i passaggi del volume in questione. Per voce dello stesso autore, partiamo da un distinguo:

Si potrebbe dire che il soggetto parlante sia il padre della sua stessa parola (…) il logos dunque è il figlio che si distruggerebbe da sé senza la presenza, senza l’assistente presenza del padre. Del padre che risponde. Per lui e di lui. Senza il padre è soltanto, precisamente, una scrittura. (…) la specificità della scrittura sarebbe dunque in rapporto con l’assenza del padre.[1]

La diversità tra la comunicazione scritta e orale, non consisterebbe nell’assenza o presenza del destinatario ma nel fatto che la comunicazione scritta precede sempre la voce. Posizione in aperto contrasto con il fonocentrismo degli stutturalisti che consideravano la scrittura come semplice derivazione della voce. Ogni testo per Derrida, se opportunamente decostruito, evidenzia dei significati che sono comprensibili solo alla luce dell’intero contesto. A differenza dello strutturalismo di de Saussure, che assicurava, al di là delle parole, la persistenza di una langue che potesse conferire stabilmente significati, per Derrida il significato non può essere fissato, ma deve essere rinviato ad un quadro di molteplicità di senso. Ogni volta che leggiamo e rileggiamo un testo ne individuiamo nuove e sorprendenti chiavi di lettura che si rendono sempre più evidenti grazie all’opera di decostruzione del testo stesso.

Ma se è così, come venirne a capo? Da dove iniziare? Derrida non ci lascia orfani.  Il logocentrismo ci ha abituato a ragionare in termini di opposizioni, vero-falso, notte-giorno, secondo una logica binaria. Questa è superabile, per il nostro, solo attraverso la decostruzione della logica occidentale. Come? Attraverso due eventi: ribaltamento dei termini dell’opposizione tra concetti e l’introduzione di un terzo termine, non di hegeliana sintesi, ma in grado di metterne in evidenza l’inconsistenza dell’opposizione stessa. Com’è possibile allora, una volta ultimato il percorso di decostruzione, definire l’essere, che appare via via sempre più labile? Derrida qui introduce il concetto di differance, omofono in francese rispetto al grammaticalmente corretto difference, ma che rende l’idea della impossibilità del linguaggio parlato di cogliere tutte le capacità di senso.

L’essere è definibile solo in termini di differenze, di qui l’impossibilità di qualsiasi progetto di visione complessiva della scrittura.

Ritorniamo al toccare.

Toccare, certamente, ma chi o cosa? Toccare qualcuno o toccare qualche cosa? O ancora affrontare il toccare, la questione del toccare, cioè del tatto?

Derrida ci fornisce le risposte. Chi? Jean-Luc Nancy, salutare il suo amico in un a toccare senza toccare, senza mancare di tatto, nel rapporto con un con un persona che Derrida stima, come si è detto, uno dei migliori autori del suo tempo.

Cosa? Rileggere Nancy in modo contingente e pertinente, come s’addice al toccare. Ma cosa è, in fondo, il toccare? Il miglio filo conduttore (…) un sentimento che ci insegna e ci assegna quanto alla sensibilità, al sentimento, al sentire, al toccarsi (…) e anche al senso del senso e al senso del mondo, come del pensiero finito in generale[2]. Alla luce del quale anche le fonti aristoteliche contenute nel De Anima andrebbero toccate e ritoccate.

Nancy stesso ci ha concesso di partecipare a questa visione, legandola al tema della libertà:

Notre liberté est celle de se rapporter à soi, en tant que corps, de s’éprouver, de se sentir, ce qui ne se fait qu’en éprouvant et sentant d’autres corps – les touches du clavier ou ce qui passe de votre voix dans vos questions écrites ; ce n’est donc as la liberté de faire ce que “je veux” puisque “je” est tout entier toujours à nouveau dans son exposition : c’est la liberté qui ne m’appartient pas, celle du grand jeu dans lequel les corps sont lancés, poussés, saisis, effleurés, échappés….[3]

Il quarto elemento che caratterizza questo volume? Il concentrarsi sull’essere per differenza, nell’essere, al fine, differente anche da se stesso. La differance derridiana ci permette d’inoltraci in un apparente gioco di perdita continua di punti di riferimento, di carte nautiche che invecchiano appena le srotoliamo, un cosciente, moderno e apparente naufragio nel mare della complessità.

 

 

Jacques Derrida

Toccare, Jean-Luc Nancy

Marietti 1820

2019

 

 

[1] J. Derrida, La disseminiazione, Jaka Book, Milano 1989, pag. 114

[2] Citazioni tratte dal prière d’insérer , raccolto a  pag.387 del volume in questione.

[3] Sfiorarsi. Intervista a Jean-Luc Nancy. Exagere Rivista 1-2/2019

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