di Angela Falchetti
“La libertà dell’individuo a scapito della dimensione collettiva. Ne deriva la tormentosa sfiducia esistenziale che caratterizza l’uomo dell’Occidente il suo senso di solitudine e di precarietà. Occorre ritrovare lo spazio in cui il pubblico e privato si connettono, l’antica agorà in cui la libertà individuale può diventare impegno collettivo”. (Z.Bauman, 2000)
Questo intervento intende riassumere un mio progetto pedagogico nato dall’esperienza maturata all’interno del centro pediatrico multispecialistico del territorio, nel quale vari professionisti in un intento comune, hanno voluto mostrare concretamente la loro presenza, dando supporto alle famiglie assistite, attraverso un approccio sempre più integrato e sempre più funzionale. Una realtà clinico sanitaria, costruita attorno a un gruppo di medici specialisti in ambito pediatrico, con la finalità di condividere e integrare conoscenze, competenze, energie ed esperienza per collaborare al fine di garantire la tutela della salute, del benessere fisico, psichico e sociale, in modo che ogni necessità possa essere affrontata da più professionisti in dialogo tra loro.
In questo periodo, si manifesta sempre più spesso l’esigenza di una presenza significativa quale sostegno all’individuo, mirato alla creazione di uno spazio condiviso, dove sia possibile, in un sistema in rete, trovare risposte ai dubbi e agli interrogativi sulle scelte, sulle difficoltà di comunicazione e di relazione, sul riconoscimento precoce dei segni di disagio.
In ambito educativo per fronteggiare il sentimento di impotenza e di isolamento di tanti genitori alle prese con il percorso di crescita dei loro figli, si avverte sempre più spesso, il bisogno di figure professionali che credano nella possibilità di percorrere nuove strade e offrire offerte formative sulle quali far convergere gli apporti individuali di vari professionisti, in un lavoro di équipe.
Per realizzare nuove proposte adeguate ai bisogni rilevati è necessario che i professionisti siano capaci e disponibili a un confronto, anche se non sempre è facile riuscire a collaborare in modo corresponsabile.
In base alla mia esperienza professionale, come docente all’interno del sistema scolastico statale e come pedagogista in un centro pediatrico, ho potuto riscontrare una proficua disponibilità al confronto e alla condivisione di interventi interconnessi, in quei professionisti impegnati in una formazione continua, quale garanzia per un intervento di qualità; da qui l’importanza, secondo me, di possedere competenze specifiche, non soltanto quelle tecnico-professionali, ma anche culturali e psicopedagogiche, metodologico-didattiche, relazionali e soprattutto riflessive.
Credo che la formazione debba interessare vari aspetti e tra quelli meno affrontati vi è quello organizzativo che funge da vero e proprio empowerment delle persone coinvolte, partendo dalla complessità e dalle risorse del contesto, in un sistema learning organization, quindi una formazione organizzativa che possa divenire patrimonio comune, in area di ricerca e comunicazione.
Non è un caso che, nell’ambito della cultura organizzativa, si parli ora con sempre maggiore insistenza della creazione di vere e proprie reti interistituzionali che, anziché lasciarci chiudere in una critica sterile alle manchevolezze e all’isolamento autoreferenziale, ci mostrino come possa essere opportuno intervenire in ottica preventiva, progredendo ogni volta nella ricerca pur nei confini di connessioni lasca, quindi a basso legame, che garantiscono libertà d’azione a ciascuno, ma possano evitare in questo modo dispersione e disorganicità.( S. Zan, 1988)
Risulta necessario pensare nei termini delle loose coupling il cui impianto teorico comporta un radicale cambiamento rispetto al passato. (Ibidem)
Tutto ciò ci permette di riflettere sul processo facilitato e favorito dalla cultura organizzativa che, nel riconoscere il valore e l’importanza degli interventi individuali, delle capacità di iniziativa dei singoli professionisti, parallelamente ci chiama alla creazione e sollecitazione di stimoli positivi nei confronti di altri professionisti, anche in virtù della loro autorevolezza e competenza individuale, così da innescare un meccanismo di innovazione a catena.
Su questo orientamento, con uno sguardo d’insieme, unito a una formazione continua, come pedagogista clinica, ho voluto cercare di cogliere l’opportunità di rispondere e corrispondere alla potenzialità della richiesta educativa latente, attraverso la realizzazione di un’Area Educativa Pedagogica che facesse parte di un sistema multidisciplinare pediatrico.
Nel centro pediatrico, dove collaboro da vari anni, è emerso chiaramente come i genitori abbiano la necessità di sentirsi accolti, sostenuti e orientati nel loro percorso di crescita genitoriale.
La nascita di un figlio risulta un evento cruciale per tutta la famiglia, anche per il cambiamento che comporta nell’organizzazione e nella definizione dei ruoli e delle relazioni all’interno e all’esterno del nucleo familiare.
Molte coppie si apprestano alla genitorialità, con mancate conoscenze sul ruolo che andranno a rivestire, avvertendo un senso d’impotenza e d’isolamento.
Inserirsi in questo contesto, con una proposta di intervento pedagogico, non sempre è stato facile, tuttavia ho presentato negli anni il mio progetto indirizzato ai bisogni e alle difficoltà dell’individuo durante il suo ciclo di vita in ottica sistemico-relazionale che a spirale, si è allargato nel tempo in maniera interconnessa al proprio interno, arricchendosi gradualmente e in maniera progressiva, dando modo di trarne indicazioni generalizzabili e tali da motivare e coinvolgere altri professionisti.
Un’Area Educativa Pedagogica, dove vengo coadiuvata nella realizzazione di progetti e percorsi formativi da pedagogiste, tirocinanti ed educatori che, affiancandosi alle altre professionalità cliniche, può contribuire a rendere l’offerta sempre più completa, con una progressiva rivalutazione della figura del pedagogista che nel tempo, pur non senza difficoltà, ho voluto far conoscere meglio al sistema sanitario.
Un’Area attenta ai bisogni di tutti i componenti della famiglia e allo sviluppo integrale della persona.
In quest’ottica il pedagogista può diventare un professionista adatto a favorire un dialogo con la famiglia e con i gruppi connessi dalla scuola, alle altre agenzie educative e agli enti territoriali, adattando vari registri comunicativi ed elaborando progetti educativi condivisi in un approccio preventivo e integrato.
Il mio compito è stato quello di definire un progetto pedagogico “Genitori si diventa imparando a crescere insieme” che potesse creare un anello di congiunzione, un’esperienza stimolante che ho inteso da subito come occasione per definire una nuova modalità organizzativa, in virtù di una proposta sperimentale che, anche gli altri professionisti coinvolti, avvertissero come opportunità di completamento e sentissero di farne parte.
Fondamentale per me, il significativo lavoro di ricerca di Schon sulla figura del professionista riflessivo, impegnato a condurre un’analisi critica nel corso dell’azione. Il professionista da considerarsi infatti come ricercatore che, attento all’analisi del contesto e alla rilevazione dei bisogni, accolga agendo e individuando, nel corso dell’esperienza, le strategie più funzionali alla soluzione del problema, di correggerle e affinarle in itinere, di valutare la possibilità di un loro trasferimento in altri campi della conoscenza, fissando l’attenzione sui processi. (Schon,1993)
In questo caso il professionista prende atto di quanto la sua expertise debba essere sempre immersa in un contesto di significati condivisi e da condividere.
E in tale prospettiva ho cercato di dare significato ai flussi d’esperienza formativa, cogliendo le richieste tacite dei genitori di solito accolte dai pediatri, primi interlocutori di tanti disagi.
A partire dall’analisi del contesto e dalla rilevazione dei bisogni espressi dalle famiglie il Progetto si articola in diversi interventi pensati e strutturati. Le aree d’intervento pedagogiche previste riguardano la formazione, il sostegno alla genitorialità e i laboratori educativo-relazionali.
Viene dunque chiamata in causa la responsabilità del pedagogista che, senza rinunciare alla propria autorità, condivide situazioni formative interattive con il bambino, non soltanto con lui, ma anche con altri stakeholders, i genitori, le istituzioni del territorio, da non ricondurre a improvvisazione o a sterile e meccanica applicazione, quanto piuttosto alla volontà di farne oggetto di ricerca riflessiva collocandole in un contesto di procedure corrette, sottoposte a revisione costante e valutazione critica, arricchite da innovazioni e ispirazioni, ma sempre direttamente sperimentali con gusto della scoperta e un proficuo confronto.
In risposta a questo orientamento il mio progetto “Genitori si diventa imparando a crescere insieme” prevede l’attivazione di laboratori educativi d’ispirazione montessoriana.
Il progetto pedagogico, di sostegno alla genitorialità, rivolto a genitori e bambini di un’età compresa tra lo 0 e i 12 anni, durante i percorsi laboratoriali, affronta differenti tematiche educative:
“Imparo a crescere: autonomie, regole e pratiche di cura” con l’intervento anche dei pediatri;
“Emozioni in gioco: educare alla gentilezza” per favorire una positiva modalità comunicativa;
“Emozioni in gioco: i no che aiutano a crescere” per la gestione delle emozioni e l’acquisizione di adeguate strategie educative con la realizzazione di relativi strumenti educativi montessoriani;
“Imparo giocando…in che senso?” inerente al gioco euristico e al ricorso alla natura, per presentare propedeutiche opportunità di apprendimento sensoriale che mirano a prevenire varie difficoltà scolastiche.
I laboratori prevedono gli atelier educativo-relazionali per accogliere, in piccolo gruppo, i bambini e i loro genitori e parallelamente, incontri di formazione genitoriale per consentire alle mamme e ai papà di interagire durante le attività, con maggiori competenze così da poterle acquisire come strategie educative e buone modalità da estendere in ambito familiare, dove spesso la difficoltà si amplifica insieme al senso di sconforto e solitudine che fa sentire i genitori inadeguati e sbagliati.
Gli atelier e gli incontri formativi uniscono le mie conoscenze pedagogiche, metodologico-didattiche ed educative con molti riferimenti al metodo Montessori, utili a fornire indicazioni chiare, semplici, immediate e soprattutto strumenti personalizzati che possono consentire al bambino di potenziare l’autonomia al meglio delle sue possibilità nell’ambiente familiare, scolastico ed extrascolastico con l’obiettivo correlato di far aumentare negli adulti, che si prendono cura del bambino, la consapevolezza educativa attraverso un confronto costruttivo per una “crescita” personale, di coppia e di gruppo di appartenenza per appartenere a un sistema riconosciuto.
In questa prospettiva acquista particolare valore il ricorso al parternariato anche con altri professionisti dell’educazione, nei rapporti tra famiglie e territorio.
Il parternariato, citando Enzo Catarsi, permette sia il confronto di pratiche sia la condivisione di un’attività riflessiva sulla esperienza vissuta, mentre si rafforzano le relazioni cooperative e la corresponsabilità tra figure di riferimento. (E.Catarsi, 2006)
Si affronta così costruttivamente quel fenomeno di delega educativa, molto frequente, da parte dei genitori, chiamati in questo modo a riprendersi le proprie responsabilità educative per crescere insieme ai loro figli che verranno sostenuti e supportati nel loro cammino, riappropriandosi dell’autentico significato di educare nel suo educere quale processo volto a favorire e orientare la crescita, in un aspetto rilevante della cooperazione.
I laboratori così realizzati hanno l’intento di far recuperare fiducia e autostima alle famiglie e valorizzare la connessione con il territorio di appartenenza in un dialogo aperto con la scuola e il servizio socio-sanitario.
La mia prospettiva formativa proposta nei laboratori educativi montessoriani, mira dunque a sviluppare l’autodeterminazione dei soggetti e la loro capacità di appropriazione di competenze specifiche, affinché dove prima vi era l’isolamento di famiglie in difficoltà, ci possa essere un filo rosso che unisce e coordina i vari soggetti, per analizzare le scene educative e incrociare i saperi provenienti da varie discipline.
Una presenza dunque che possa essere associata a un’organizzazione efficace, come risposta adeguata in rete di collaborazione, attraverso un progetto condiviso che esprima il nostro “esserci”.
Riferimenti bibliografici
Bauman Z., La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, 2000.
Bonazzi G., Dire fare pensare. Decisione e creazione di senso nelle organizzazioni, Milano, Franco Angeli,2008 Volume 3.
Cadei L., Riconoscere la famiglia: strategie di ricerca e pratiche di formazione, Milano, Unicopli, 2010.
Capogna S., La traduzione locale di un sistema formativo integrato. Il ruolo delle strutture intermedie,
Milano, Franco Angeli, 2000.
Catarsi E., La relazione d’aiuto nella scuola e nei servizi socioeducativi, Tirrenia Pisa, Edizioni Del Cerro,2006
Montessori M., Il bambino in famiglia, Garzanti Milano 2000
Pally R., Il genitore riflessivo, Giovanni Fioriti editore, Roma 2018
Schon D. A., Il professionista riflessivo, Bari,Edizione Dedalo,2010.
Zan S., Logiche di azione organizzativa, Bologna, Il Mulino,1988.
Sitografia
https://percorsi formativi06.it
https://portale bambini.it