EXAGERE RIVISTA - Luglio - Agosto - Settembre 2024, n. 7-8-9 anno IX - ISSN 2531-7334

Le regole, pochi osano parlarne in pubblico. Intervista a Elise Thiébaut

intervista di Gianfranco Brevetto

(versione ITA/FRA testo originale in fondo)

 

Elise Thiébaut, giornalista francese da anni impegnata a fianco delle donne, ha deciso di rendere palese quello che tutti sanno o dicono di sapere, ma pochi osano parlarne in pubblico. L’argomento del ciclo mestruale nelle donne è, per anni, stato uno di quegli argomenti tabù, che si è variamente nutrito di luoghi comuni, proibizioni e superstizioni. Nel suo recentissimo libro, Ceci est mon sang, petite histoire des règles, de celles qui les ont et de ceux qui les font (Editions La Découverte 2017), che uscirà prossimamente in Italia con Einaudi, si mettono, così, in evidenza una serie di problematiche spesso volutamente nascoste, ma mai sopite.

– Parlare di mestruazioni è stato sempre un tabù, il suo libro esplora un tema fino ad oggi poco studiato o dimenticato. Perché ha deciso di metterlo di parlarne?

– C’è tanta gente oggi che sostiene, a giusto titolo, di non considerare le regole come un tabù perché, essi o esse, ne parlano facilmente e liberamente. Ma quando si approfondisce l’argomento, ci si rende conto che il modo con cui si approccia l’argomento delle mestruazioni e del sangue mestruale, resta complessivamente negativo. Uno studio condotto nel giugno 2016 mostrava che, una donna su due,  in Europa si vergognava di parlare delle proprie regole, di comprare assorbenti o anche di evocare l’argomento. Ho deciso di scrivere questo libro  nel momento in cui mi avvicinavo alla menopausa. Mi sono accorta che, quella pressione che percepivo da anni, si andava allentando dopo 40 anni di mestruazioni e di conseguenti costrizioni. All’epoca stavo scrivendo un saggio sull’origine delle ineguaglianze tra l’uomo e la donna,  questo scritto è poi divenuto il mio libro  Ceci est mon sang, petite histoire des règles, de celles qui les ont et de ceux qui les font.

– Come si è modificato lo sguardo della società su questo argomento nel corso della storia? Vi sono dei momenti in particolare in cui questo è avvenuto?

– Solo poche specie hanno le mestruazioni, cioè un ciclo di riproduzione permanente che si ripete ogni mese. Ma solo tre o quattro di queste hanno le regole, cioè quando la mucosa uterina, che si era preparata per accogliere un feto in caso di fecondazione, si libera attraverso la vagina, invece di essere semplicemente assorbita dall’organismo. Nelle altre specie, come i cani, il fatto di perdere il sangue è un sintomo del calore. Nell’uomo vi e è un piccolo particolare: il momento in cui si hanno le regole non è quello in cui si è fecondi. L’ovulazione ha luogo solo più tardi, tra il 12° e il 17° giorno. Il tabù sorto intorno alle regole ha  come effetto di favorire le relazioni sessuali nel momento in cui queste saranno più efficaci dal punto di vista della riproduzione. Il divieto delle relazioni sessuali durante le mestruazioni, che è presente in  quasi tutte le religioni, ha consentito il nostro successo come specie, come accade per il tabù dell’incesto che ha permesso il miscuglio genetico. In seguito, con l’instaurazione del patriarcato, questo tabù è stato rivolto contro le donne, additate come impure. È solamente con il controllo della fecondità che si è cominciato a  ripensare al ruolo delle mestruazioni nella nostra vita. Oggi, per la prima volta nella storia dell’umanità la loro frequenza ha raggiunto il massimo: da 450 a 500 nell’arco dell’esistenza.

Perché è così importante conoscerne la storia?

– È difficile osservare le evoluzioni della società al riguardo, poiché questo argomento è stato lungamente approcciato da un punto di vista maschile, da quelli che scrivevano la storia e che, occorre ben dirlo, non la conoscevano. Ci sono in proposito numerose aberrazioni raccontate da medici relativamente alle mestruazioni. Per quanto riguarda il flusso, ad esempio, Ippocrate pensava che una donna perdeva ogni mese l’equivalente di tre cotili attici, cioè mezzo litro di sangue, quando, in realtà, il volume medio è piuttosto di 50 ml, al massimo di 150 nel corso di più giornate.

Plinio il Vecchio riporta le credenze e le superstizioni collegate alle regole che hanno dominato lungamente: il sangue mestruale poteva far inacidire il vino, appannare gli specchi, far ammalare i cani di rabbia o uccidere gli insetti. Queste credenze sono proseguite fino alla metà del XX secolo: in Francia negli anni ’70 si mandavano ancora, in certe campagne, le donne a correre tra i campi di cavoli quando avevano le mestruazioni. Si pensava, infatti, che il sangue mestruale uccidesse le lumache. Per non parlare della celebre maionese che non si poteva montare in quei momenti e, ancora oggi in certe regioni dell’India, è proibito, in quei periodi, toccare i cetrioli.

Conoscere questa storia significa affrontare l’enorme favola che ha rinchiuso le donne nei tabù, dimenticando completamente le reali malattie collegate a questo periodo, come l’endometriosi, che interessa oggi dal 10 al 15% delle donne, e la cui prima descrizione risale all’antico Egitto.

–  Quali collegamenti si possono fare, secondo lei, tra l’identità femminile e la concezione sociale e storica delle mestruazioni ?

– Come spesso trattandosi di donne, vi è un doppio legame. Se con le prime mestruazioni si diventa donna, in quanto tale questa dovrà vergognarsi, una settimana al mese, per 40 anni. Questa vergogna, questo disgusto per ciò che fuoriesce da sé non è senza effetto sulla considerazione che le donne hanno di se stesse. Questo impedisce loro di rivendicare il loro giusto posto nello spazio pubblico, di prender parte alla decisioni che le riguardano. In questo senso, il tabù delle regole è stato un strumento di dominazione molto efficace, mantenendole nell’ignoranza. Generazioni di donne hanno così vissuto l’arrivo delle mestruazioni come un trauma, senza alcun preavviso.

– Parlare senza problemi delle mestruazioni è una questione di genere che mette in gioco la libertà, ma anche l’eguaglianza. Purtroppo, da qualche tempo, si assiste a un oblio, soprattutto da parte della politica, dei temi legati all’equilibrio di genere e alla parità. In questo quadro, cosa significa oggi essere femminista?

– Certo, si assiste ad una sorta di rivincita maschilista che si esprime notoriamente con la crescita dei populismi reazionari d’estrema destra in tutto il mondo. Tuttavia delle nuove solidarietà femministe stanno nascendo e attraversano le sfide sociali, antirazziste, ecologiste e sessuali lottando contro tutte le forme di discriminazione. La mobilitazione contro la taxe tampon, che faceva sì che, fino al dicembre 2015, gli assorbenti fossero tassati al 20% al pari dei prodotti di lusso, oppure la petizione firmata da 260.000 persone con la richiesta ai produttori di tamponi di indicare la composizione degli assorbenti, ne sono una testimonianza. Il femminismo è anche divenuto fashion con Beyoncé, portando le nuove generazioni ad una presa di coscienza di cui non si è finito ancora, a mio avviso, di vederne gli effetti.

(traduzione Gianfranco Brevetto)

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(versione originale)

 

– Parler des règles a été toujours un tabou, votre ouvrage explore ce thème jusque-là peu étudié ou négligé. Pourquoi avoir décidé de le mettre au jour ?

– Il y a plein de gens aujourd’hui qui disent à juste titre ne pas considérer les règles comme taboues parce qu’ils ou elles en parlent facilement et librement. Mais quand on creuse, on se rend compte que la manière qu’on a de considérer les règles et le sang menstruel reste globalement négative.
Une étude conduite en juin 2016 montrait ainsi qu’une femme sur deux en Europe avait honte de parler de ses règles, d’acheter des protections périodiques, ou même d’évoquer le sujet. J’ai décidé d’écrire ce livre au moment où j’abordais la ménopause. Je me suis aperçue qu’une pression se relâchait, après 40 ans de règles et de contraintes liées aux menstruations. J’étais alors en train d’écrire un essai sur l’origine des inégalités entre les hommes et les femmes, et c’est devenu  Ceci est mon sang, petite histoire des règles, de celles qui les ont et de ceux qui les font.

– Comment a changé le regard de la société sur les règles dans l’histoire ? Y a-t-il des périodes particulières ?

– Seules de rares espèces ont des menstruations, c’est-à-dire un cycle de reproduction permanent qui se répète chaque mois. Et seules trois ou quatre ont des règles, c’est-à-dire que la muqueuse utérine qui s’était préparée pour accueillir un fœtus en cas de fécondation est évacuée par le vagin, au lieu d’être tout simplement absorbée par l’organisme. Chez d’autres espèces, comme les chiens, le fait de perdre du sang est un signal de chaleur. Mais chez les humains, il y a un petit piège dans cette histoire, c’est que le moment où on a ses règles n’est pas celui où on est féconde.
L’ovulation n’a lieu en effet que plus tard, entre le 12 et le 17e jour.
Le tabou autour des règles a pour effet de favoriser les relations sexuelles au moment où elles seront les plus efficaces au plan reproductif. Cet interdit des relations sexuelles au moment des règles qui est présent dans presque toutes les religions a fait notre succès en tant qu’espèce, comme le tabou de l’inceste qui a permis le brassage des gènes. Ensuite, avec l’instauration du patriarcat, ce tabou s’est exercé contre les femmes, alors désignées comme impures. C’est seulement avec la maîtrise de la fécondité que l’on a commencé à repenser le rôle des règles dans nos vies, à un moment où, pour la première fois dans l’histoire de l’humanité, nous les avons plus que jamais : 450 à 500 fois dans une vie.

– Pourquoi est-il important d’en connaître l’histoire ?

– Il est difficile d’observer les évolutions de la société concernant ce sujet puisqu’il a été longtemps abordé d’un point de vue exclusivement masculin, par ceux qui écrivaient l’histoire et qui, il faut bien le dire, ne la connaissaient pas. On a ainsi de nombreuses aberrations racontées par des médecins concernant les règles, quant à leur flux : Hippocrate pensait qu’une femme perdait chaque mois l’équivalent de trois cotyles d’attique, soit un demi-litre de sang, alors qu’en réalité, le volume moyen est plutôt de 50 ml, au grand maximum 150 et de surcroît sur plusieurs jours. Pline l’Ancien rapporte les croyances et superstitions attachées aux règles, qui ont dominé longtemps : le sang menstruel pouvait faire tourner le vin, ternir les miroirs, donner la rage aux chiens ou tuer les insectes. Ces croyances se sont poursuivies jusqu’au milieu du XXe siècle : en France dans les années 1970 on envoyait encore dans certaines campagnes les femmes courir dans les champs de choux quand elles avaient leurs règles car on pensait que leur sang allait tuer les limaces. Sans parler de la célèbre mayonnaise que l’on ne pouvait monter ces jours-là, ou aujourd’hui encore de l’interdit de toucher les cornichons dans certaines régions de l’Inde.
Connaître cette histoire, c’est faire face à une énorme fable qui a enfermé les femmes dans le tabou tout en négligeant les maladies réelles qui s’y rattachaient, comme l’endométriose, qui touche aujourd’hui 10 à 15 % des femmes, et dont les premières descriptions remontent à l’Egypte antique.

– Quels liens peut-on faire selon vous entre l’identité féminine et la conception sociale et historique des règles ?
– Comme souvent s’agissant des femmes, on est dans la double contrainte. Car ce par quoi on est désignée femme, lors des premières règles, est aussi ce qui est supposé nous faire honte une semaine par mois pendant près de quarante ans. Cette honte, ce dégoût pour ce qui sort de soi n’est pas sans effet sur le regard que les femmes portent sur elles-mêmes. Cela les empêche de revendiquer leur juste place dans l’espace public, de prendre part aux décisions qui les concernent. Dans ce sens, le tabou des règles a été un moyen de domination très efficace, en les maintenant dans l’ignorance. Des générations de femmes ont ainsi vécu l’arrivée de leurs règles comme un traumatisme dont personne ne les avait prévenues.
–  Parler sans contraintes des règles est une question de genre qui met en jeu la liberté, mais aussi l’égalité. Malheureusement, depuis quelque temps on assiste à un oubli, surtout de la part de la politique, des thèmes de la mixité et de la parité. Dans ce cadre, qu’est-ce que signifie aujourd’hui être féministe ?

– Certes, on assiste à une forme de revanche masculiniste qui s’exprime notamment avec la montée des populismes réactionnaires d’extrême-droite partout dans le monde. De nouvelles solidarités féministes sont pourtant en train de naître, qui croisent les enjeux sociaux, antiracistes, écologistes et sexuels en luttant contre toutes les formes de discrimination.  Les mobilisations contre « la taxe tampon » qui faisait que jusqu’en décembre 2015, les protections périodiques étaient taxées à 20 % comme des produits de luxe, ou une pétition signée par 260 000 personnes demandant aux fabricants de tampons d’indiquer la composition des protections périodiques
en témoignent. Le féminisme est même devenu « fashion » avec Beyonce, entraînant les nouvelles générations dans une prise de conscience dont on n’a pas fini, à mon avis, de voir les effets.

 

Ceci est mon sang, petite histoire des règles, de celles qui les ont et de ceux qui les font.

Elise Thiébaut. Editions La Découverte 2017

A paraître  prochainement, en Italie,  chez Einaudi.

 

 

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