EXAGERE RIVISTA - Gennaio-Febbraio 2024, n. 1-2 anno IX - ISSN 2531-7334

L’onnipotenza dell’Io

di Claudio Fratesi

Premessa

L’essere umano per tutta la durata della vita si rapporterà  con il proprio senso di onnipotenza, lo farà  rispettando le regole condivise dalla cultura di appartenenza.

Un senso di onnipotenza, dalle magie dei bambini fino ad arrivare alle preghiere degli adulti, che con la crescita e la maturazione dell’individuo , si adatterà al pensiero comune dominante.

Ad eccezione di ciò che accade nelle gravi malattie psichiatriche.

Il bambino si crede onnipotente e in molte situazioni quasi lo è ,vista la centralità di cui gode nel pensiero dei genitori e dei familiari allargati, si appella ai genitori che  immagina allo stesso tempo onnipotenti.

Questo pensiero ‘folle’ si ridimensiona con gli anni fino a scomparire a livello cognitivo, ma in parte permane  per tutta la vita a livello emotivo , soprattutto in quegli ambiti che sono accettati culturalmente e socialmente: mi riferisco ai riti magici, agli incantesimi, alle fatture di origine popolare, alle preghiere, alle ritualità in cui si cerca la vicinanza e la grazia di una divinità ritenuta onnipotente. Questo rapporto emotivo tra l’essere umano e il senso di onnipotenza si modifica e cresce per tutta la vita, un senso di onnipotenza che ci fa vivere come fossimo eterni,  che ci fa abusare del nostro corpo come  fosse immortale, ci fa costruire progetti  spesso molto al di là delle nostre possibilità di vita.

Ma le banche ci riportano con i piedi per terra e fissano un limite d’età per accendere mutui.
Ed è sempre il senso di onnipotenza che in certi casi  fa provare un amore intensissimo verso un’altra persona, un sentimento che  regala la sensazione di essere gli unici al mondo in grado di  comprendere, di sostenere e dare il benessere alla persona amata. Per tutta la vita!

In psicopatologia, soprattutto nelle gravi psicosi, il senso della realtà risulta stravolto dal mondo emotivo che la persona vive, in questi casi il senso di onnipotenza ritorna a manifestarsi in maniera ancora più forte di quanto fosse nell’età infantile: schizofrenici che credono di volare, altri credono di avere  potenzialità incredibili o di essere al centro di complotti internazionali ; anche in altre malattie mentali in cui si manifestano ideazioni deliranti si presentano  sovente aspetti di onnipotenza.

Le religioni sono sostanziate dal senso di onnipotenza che si manifesta nel senso di colpa inestinguibile,  nel valore del martirio, nella purezza dei Beati , nella sopportazione stoica di fatiche e dolori enormi.  

Non è errato affermare che la costruzione della personalità, lo sviluppo dell’identità si struttura su un senso di onnipotenza che dovrà nel tempo ridursi e contrarsi fino a raggiungere la totale accettazione della realtà condivisa.

Anche nelle depressioni, dalla semplice flessione dell’umore fino alle patologie più  gravi, il senso di onnipotenza si manifesta nei sintomi incrollabili : astenia invincibile , assoluta certezza che niente cambierà,   che tutto il male si riciclerà,  ritenersi colpevole di atti inaccettabili ecc.

È lo specchio rovesciato del medesimo senso di onnipotenza.

Si tratta di senso di onnipotenza anche quando le aspettative sono incentrate sulla sicura realizzazione dei programmi fatti e ogni minimo ostacolo imprevisto genera frustrazione e risentimento.

Dio è l’essere supremo che è identificato e riconosciuto come Onnipotente. Dio è l’essere perfettissimo, creatore e Signore del mondo.
Il paradosso logico “Dio non è onnipotente perché non può fare qualcosa che Dio non riesce a fare” non scalfisce minimamente l’idea che Dio tutto può.
La parola onnipotente  è l’aggettivo più spesso associato e avvicinato a Dio, ancor prima che buono e giusto  Dio viene definito come onnipotente. Colui che in ogni posto e nel medesimo istante Tutto Può.

Pertanto  è ragionevole dedurre che se lo sviluppo della personalità si struttura nel confronto con il concetto di onnipotenza ergo si struttura nel confronto con Dio.

Non può formarsi una Persona se non ci sarà un continuo confronto, a volte contrasto, con il Dio onnipotente che la persona contiene.

Non per niente  Nietzsche sosteneva che” l’uomo nel suo smisurato orgoglio ha creato Dio a sua immagine e somiglianza.”!

Storia di Franco

Franco aveva 26 anni quando decise di andare a fare una gita in Puglia con i suoi più cari amici, una gita estiva, incentrata sul mare e sull’eventuale conquista di ragazze. Era avvezzo agli stravizi, al poco dormire, all’uso degli alcolici e della cocaina,

Cinque giorni in cui Franco dormì poche ore, nei quali trascorse gran parte del tempo nel bere alcolici, fumare qualsiasi cosa fosse fumabile e usare cocaina.

La mattina del quinto giorno, dopo l’ennesimo tuffo in mare,  improvvisamente come quando si rompe una lastra di vetro, uscendo dall’acqua, guardò in alto nel cielo e, per effetto della pressione sanguigna che si riverbera sulla retina, vide tanti pallini luminosi luccicare nel cielo azzurro.

D’un tratto, con una semplicità disarmante, comparve in lui un pensiero folle: “Sono tutti angeli che stanno sopra la Terra e che ci guardano, io riesco a vederli perché sono Dio”.
L’improvviso  breakdown  psicotico.

Uscì dall’acqua con un sorriso vacuo e, senza salutare gli amici che stavano  in spiaggia, iniziò a camminare per le strade del Gargano diretto verso casa, distante 500 km, sotto il sole cocente, in costume e ciabatte.

Gli amici non si resero conto  di quello che stava avvenendo, poi ad un certo punto, quando era ora di pranzo,   cominciarono a chiedersi dove fosse Franco, nessuno riuscì a trovare una risposta seria, nessuno poteva immaginare che Franco aveva già percorso una ventina di km  in ciabatte  sotto il sole.

Con il passare delle ore la preoccupazione crebbe, gli amici si recarono al comando dei carabinieri locale e iniziarono le ricerche.

Franco nel frattempo, esausto, verso le undici della notte si era rifugiato in un’area di servizio lungo la strada statale, era in costume e ciabatte e farneticava.

Alcuni presenti riuscirono a capire almeno il nome di Franco e telefonarono ai genitori che a loro volta contattarono gli amici con i quali il figlio era partito per la vacanza.

In poco tempo i carabinieri raggiunsero l’Area di Servizio e accompagnarono Franco al vicino Pronto Soccorso.


Crisi psicotica probabilmente indotta da abuso di sostanze. Ricovero in reparto psichiatrico .

Mario, fratello di Franco, appena appresa la notizia si recò in Puglia per accettarsi sulle condizioni di salute del fratello.

Franco , in ospedale, appena vide Mario gli disse: “Lo sai che io sono Dio?” e Mario in maniera un po’ scherzosa rispose : “Ah sì? Allora io sono il Diavolo!”.

Per la mente di Franco, permeata dal delirio,  la risposta del fratello fu illuminante : Lui era Dio e suo fratello era il Diavolo.


E ‘stupefacente, nella drammaticità della situazione, constatare come una mente congrua e integrata si possa destrutturare , perdendo i nessi logici,  in un’idea delirante impensabile fino a poche ore prima..

Uno tsunami psicologico aveva spazzato la mente di Franco ,ora il tema centrale  era  la sua piena  convinzione di essere Dio e di avere il diavolo in casa nelle vesti del fratello.

Tanti Farmaci e numerosi Ricoveri ospedalieri ma Franco non uscì più  da quel delirio.

Da quell’estate al Gargano in cui avvenne l’esordio , ebbe bisogno di numerosi altri ricoveri psichiatrici e nel giro di pochi anni finì in una struttura protetta.

Anch’io ebbi un piccolo ruolo nel vano tentativo di recupero, feci alcuni colloqui nei quali non si giunse a niente di costruttivo.

Un giorno, nel mezzo del colloquio, iniziò a fissare con insistenza il mio orecchio sinistro, che è leggermente appuntito , e disse: “Ma allora anche tu sei un Diavolo!”. Si alzò di colpo e ovviamente non tornò più.

Qualche ora più tardi lasciò inciso nella mia segreteria telefonica un urlo in  cui mi malediva  con tutta la voce che aveva in corpo .

Lo incontravo ogni tanto per strada , indossava sempre occhiali neri e una grande cuffia audio, era diventato anche lui uno di quei personaggi  caratteristici del posto , uno di quelli , come diceva Basaglia, di cui tanti conoscono il nome ma che nessuno realmente conosce.

La storia familiare di Franco è una storia dove sono presenti tracce di onnipotenza, visibili soprattutto nei comportamenti del padre. Una famiglia borghese, un padre imprenditore, una madre dedita alla crescita dei figli e una crisi di coppia cronica sfociata in una guerra fredda chiamata separazione in casa.

Franco era cresciuto nella venerazione del padre ma come primogenito sentiva di dover difendere la madre. Una posizione molto scomoda che gli era costata la perdita della stima da parte del padre.

Infatti Mario, seppur figlio minore, era stato individuato come successore nell’azienda di famiglia.

Franco nei colloqui mi aveva raccontato che suo padre , quando faceva grossi guadagni, era solito mettere le banconote ammucchiate sulla scrivania, “una montagna di soldi” e chiamava moglie e figli per pavoneggiarsi davanti a loro.

Franco vedeva nel padre un ‘Dio’ ma provava molto dispiacere quando nei fine settimana lo vedeva  uscire di casa vestito come un ragazzino, capelli neri, tinti, che nascondevano il bianco dell’età e sapeva dai suoi amici che lui frequentava locali, discoteche, night, una vita mondana che Franco non condivideva affatto.

Era anche molto affranto nel vedere  sua madre condurre una vita molto diversa da quella del padre, una vita sottomessa e solitaria. Vedeva il padre come un ragazzotto spavaldo, che spendeva a dismisura, che frequentava donne e locali. Non riusciva a riconoscere in lui una figura autorevole ma soltanto di qualcuno egoista e deprecabile.

Nel comportamento del padre di Franco c’era la  spavalderia, l’eccesso nello spendere, il porsi nel mondo con superiorità e la totale disattenzione verso i bisogni emotivi della famiglia.

È più che plausibile dedurre che la storia familiare di Franco abbia contribuito in maniera significativa a generare il delirio di onnipotenza ‘esploso’ nella crisi psicotica.

Il delirio è una griglia interpretativa della realtà, una interpretazione  non  condivisa ma  estremamente personalizzata. Al centro di essa c’è l’individuo che personalizza ed interpreta la realtà.

Egli  si colloca in una posizione ben precisa nella realtà che si è inventato. Pertanto non è per caso che qualcuno costruisce un delirio paranoico , qualcun altro di grandezza, qualcun altro altri ancora  esoterico ecc.

E non è una casualità che Franco si sia inventato di essere Dio, dopo anni nei quali aveva vissuto una doppia realtà contraddittoria: era il figlio maggiore, quello teoricamente più importante e destinato alla successione dell’azienda e contemporaneamente quello declassato e svalutato perché alleato della madre.

Mario, Il fratello minore, infatti, imitava il padre negli atteggiamenti spavaldi ed era entrato nelle  grazie narcisistiche del genitore mentre Franco da figlio primogenito era diventato il figlio sbagliato che conduceva una vita inutile e senza prospettive.

Franco ad un certo punto va in crisi e la sua personalità ‘si spezza’, diventa il personaggio più importante, non solo in quella casa, dove il messaggio del padre era “devi essere egoista e conti solo se fai tanti soldi “ ma addirittura nel mondo intero.

conclusione

La Famiglia nei diversi approcci psicologici  rappresenta l’ambito fondamentale dove cresce e si struttura la personalità dei figli. L’individuo nasce in una famiglia, appena nato non esiste un io ma  una massa indifferenziata dell’io, una fusione totale tra bambino e genitori, in special modo tra la mamma e il figlio e sarà durante la crescita che il bambino lentamente costruirà la sua autonomia e con essa la personalità.

Dalla fusione primordiale all’individuazione , una danza tra appartenenza e separazione che durerà una vita e passerà per fasi definite e faticose.

L’ idea di Dio nasce e si struttura all’interno della famiglia, per Freud Dio è la proiezione del padre, Jung invece riteneva  l’immagine di Dio più connessa ad una funzione materna.

Le varie scuole umaniste hanno preferito studiare il  clima emotivo che i figli vivono in famiglia ritenendolo una fucina della personalità.

Atteggiamenti di fiducia o  di sconforto verso la vita, atteggiamenti coraggiosi o di eccessiva preoccupazione sono alcune delle tante immagini del mondo e della vita  che vengono  introiettate durante la crescita dai figli.

Tra i compiti fondamentali della famiglia c’è quello di mantenere sempre un clima emotivo adatto prima di tutto per il bambino piccolo e poi, crescendo, adatto a tutti; un clima emotivo che permetta di esperire il senso di solidarietà, il senso di squadra nell’affrontare il pericolo e nel gestire il non controllo.

L’idea di Dio potrebbe essere anche la conseguenza di una amara delusione, quando i figli si accorgono che i genitori non sono angeli senza sesso e non sono nemmeno onnipotenti , è molto probabile che ricerchino la rassicurazione in  una figura altra, una figura che non può fallire, che può anche avere  comportamenti duri e  incomprensibili  ma che sono per il nostro bene.

In quanto ai genitori è bene sottolineare che mostrare ai figli precocemente i propri limiti, le proprie lacune, la propria vulnerabilità  può essere  controproducente per la loro crescita perché potrebbero perdere quella base sicura che per Bowlby era l’aspetto centrale dell’essere genitori.

Ma anche i genitori che si ostinano a  mostrarsi invulnerabili, senza macchia e senza paura,  possono contrastare la nascita nel figlio di una idea di solidità e di fiducia in sé stessi che è fondamentale per crescere bene.

Sembra che la vera qualità per essere un buon genitore sia quella di sapersi sintonizzare sui bisogni dei figli, rispetto alla loro crescita e alla loro maturità.

L’idea di Dio è salvifica e nello stesso tempo contraddittoria, è un essere irraggiungibile, ma onnipresente, è un essere con il quale è impossibile comunicare ma nello stesso tempo dal quale dipende quasi tutta la nostra vita. “Dio sa il numero dei capelli che abbiamo in testa” mi disse una volta un paziente molto osservante.

“Dio sa ogni nostro pensiero” questa presenza così immanente e così continua e nello stesso tempo una presenza evanescente, irraggiungibile. “Sapremo il disegno di Dio soltanto un giorno quando saremo in grado di comprenderlo” altro principio molto difficile da integrare vista la necessità umana di dare un senso a tutte le cose.

Dalla  storia di Franco si evince che il nucleo di Dio è contenuto in ogni io.

Rimangono aperte molte questioni ogni volta che una persona si ammala, specialmente in una maniera così grave. Resta fondamentale la trasmissione dei miti familiari che sono basi di saggezza che conteniamo e di cui in gran parte non  ne abbiamo consapevolezza.

La mitologia di Dio, di un essere soprannaturale motivato dal bene nei nostri confronti, qualunque comportamento abbia, risiede nella notte dei tempi. Freud distingueva la magia dall’incantesimo, descriveva  la magia come un comportamento molto primitivo in cui l’uomo mediante riti magici crede di agire direttamente con le forze della natura, mentre nell’incantesimo  l’uomo  , attraverso preghiere e osservanze stabilite, si affida ad un essere superiore per avere aiuti , benefici o per evitare disgrazie.

È superfluo ribadire che declassare le religioni ad un’idea di incantesimo è un processo di riduzione offensivo rispetto la  complessità e grandiosità di una  storia ultra millenaria di molte religioni presenti in tutto il mondo.

Pertanto la mia lettura è chiaramente solo un piccolo sguardo su una questione vastissima che riguarda l’uomo nella sua pochezza/grandezza di essere senziente e finito nel tempo.

È altrettanto riduttivo pensare che la patologia di Franco sia la conseguenza del solo comportamento del padre. Nessuno è solo e tutti ‘cantiamo in coro’, Franco è cresciuto in una famiglia e ha avuto una storia familiare e personale che ha contribuito alla sua formazione. Esiste poi una sensibilità individuale e forse anche genetica. L’eziologia della schizofrenia resta ancora in gran parte sconosciuta.

Mi fa piacere concludere questo breve articolo con un ricordo personale: riguarda la mia nonna materna, una donna nata nel 1901, me la ricordo averla vista in più occasioni, quando imperversava un forte temporale, dar fuoco a un piccolo rametto di ulivo benedetto e lanciarlo fuori dalla finestra recitando sottovoce una litania.

Un gesto magico in una donna sana che è vissuta 98 anni.

                                                                                                      

Bibliografia di riferimento

Bandura  A.  Socializzazione, in Arnold W., Eysenck J.H., Meili R ., (1972), Dizionario d  psicologia. Roma, Paoline, 197

Bogliolo C, Manuale di Psicoterapia della Famiglia (2001) Angeli editore

Freud S., Totem e Tabù (1912-1913), in Opere, vol. V II. Torino, Boringhieri

Jung  C. G., Simboli della trasformazione (1912), in Opere, vol. V, Torino, Boringhieri, 1970. » , Psicologia e religione (1938-1940), in Opere, vol. XI, T orino, Boringhieri, 1979.

Milanesi G., Aletti M., Psicologia della religione. Torino, L.D.C., 1973

Vianello  R., La religiosità infantile. Firenze, Giunti – Barbera, 1976. » , Ricerche  psicologiche sulla religiosità infantile. Firenze, Giunti – Barbera, 1980

Share this Post!
error: Content is protected !!