di Giulia Pratelli
Prendila con filosofia. Manuale di fioritura personale (HarperCollins Italia, 2021) è il nuovo libro di Maura Gancitano e Andrea Colamedici, meglio conosciuti come Tlon, nome del loro progetto di divulgazione culturale e filosofica. Il volume si propone come una vera e propria guida per un ritorno alla filosofia antica, ossia quella pratica trasformativa che potrebbe aiutarci nella comprensione del mondo interno ed esterno e, allo stesso tempo, fornirci esercizi pratici (che in questo caso assume un ruolo decisamente attivo) ci indicano la strada per raggiungere il cuore di se stesso, ovvero fiorire.
Abbiamo rivolto alcune domande ad Andrea Colamedici, che ringraziamo per la gentile disponibilità.
– Nel vostro libro si propone un ritorno alla filosofia delle origini, che definite pratica botanica: un processo che si esplica necessariamente in lentezza. Tutto ciò, a vostro avviso, appare compatibile con il ritmo, frenetico e forsennato, che la società ormai impone?
– È palesemente incompatibile. Il nostro è un invito a rallentare, a re-imparare come indugiare sulle cose. Pensiamo alla fruizione dell’opera d’arte che ha bisogno di fermare lo spettatore, di stupirlo nel senso del latino stupeo: farlo diventare stupido, così da fermarsi e assorbire l’urto del mondo. Perciò si tratta di imparare davvero a rallentare e a giocare col tempo: non si tratta solo di stare fermi, ma questo è solo uno dei movimenti. L’altro è quello dell’erotikos, che ci permette di imparare a danzare col mondo. Un mondo che va velocissimo non si può sempre fermare e, a volte, fermarsi vuol dire perdere alcune cose di questo tempo che sono meravigliose. Allora, in questi casi, si tratta di imparare a danzarci insieme, senza subire il ritmo e senza cercare d’imporlo, provando a costruire un nuovo equilibrio. Tutto questo si può fare, ad esempio, con esercizi di rottura, che nel libro invitiamo a fare per rivedere lo schema con cui ci rapportiamo alla realtà e interrompere il flusso caotico della vita di questo tempo, ad esempio facendo figuracce consapevoli come mettersi due scarpe diverse.
– Ascoltandola mi è venuto a mente un verso del brano La Bellezza di Niccolò Fabi: “… sai che chi si ferma è perduto ma si perde tutto chi non si ferma mai”.
– Proprio con lui abbiamo avuto modo di fare una chiacchierata al Parco Appio (in occasione dell’evento Prendiamola con Filosofia Live del 16/07/2020 n. d. r.) e ci ha detto “non avrei mai voluto che De André avesse i social network perché non avrei potuto soffermarmi sulle sue canzoni allo stesso modo”. Fabi è un artista che non ha una iper esposizione e questo gli permette di diventare un simbolo, di caricarsi di significati anche altri rispetto a quelli che effettivamente ha. Grazie al suo nascondersi, al suo celarsi e farsi da parte, consente al suo ascoltatore di riempire il vuoto con i propri bisogni, i propri desideri e di “usarlo” come artista.
– Per poter fiorire davvero, suggerite di liberarsi dal concetto di perfezione, dall’idea continua di performance e con essa di valutazione. È uno spunto interessante e, avendo a che fare quotidianamente con ragazzi e adolescenti, mi sembra che ci sia una grande difficoltà a confrontarsi con la possibilità e la necessità dell’errore, forse perché, soprattutto i più giovani, sono ormai assuefatti a quella patina che i social applicano quotidianamente alla realtà. Mi chiedevo, leggendo il vostro libro, se tutto ciò fosse, in qualche modo, conciliabile con la necessità di liberarsi dalla perfezione.
– Il problema è che, ad oggi, si è ampliata eccessivamente la giuria: se un ragazzo fa un errore a giudicarlo non c’è più soltanto la classe o il quartiere, ma il mondo intero. Non potrà più essere compiuto nulla che sia davvero all’altezza e la competizione (con l’ansia da performance che ne deriva) è diventata perenne. Si avverte sempre la necessità di mettersi in linea con gli altri, ma gli altri sono sempre più bravi. In questo modo l’Altro non è più mistero e meraviglia, ma metro di paragone e di giudizio della propria performance. Il punto centrale diventa, allora, l’impossibilità di fare errori. L’errore, invece, è il vero strumento dell’apprendimento e i sapienti non sono coloro che non commettono sbagli ma coloro che hanno esperito, fatto esperienza e perciò, anche, sbagliato. La società che premia il merito ma impedisce l’errore è una società che si finge meritocratica, ma in realtà non lo è davvero. La scuola, ad esempio, se non concede a tutti gli stessi diritti e le stesse possibilità, non può dirsi paritaria: se chi proviene da una famiglia colta o ricca ha la possibilità di mantenere il proprio privilegio mentre, di contro, l’ascensore sociale rimane bloccato, è difficile parlare di merito. In questo senso si tratta di ristrutturare i canoni con cui pensiamo la società e diamo alle persone la possibilità di esprimersi, poiché non si tratta semplicemente di poter caricare la propria storia su Instagram ma di avere il diritto di raccontare la propria storia esistenziale e esprimere concretamente il proprio potenziale.
Vediamo moltissimi ragazzi in ansia da prestazione, che stanno vivendo momenti di depressione, alcuni studi ci dicono che, una percentuale elevatissima dei ragazzi, non ha piacere ad andare a scuola. Molti edifici scolastici non hanno il certificato di agibilità… il problema è veramente a monte.
– La fioritura, dicevamo, è un processo che ha a che fare con se stessi e con il mondo che ci circonda: nasce “dall’incontro unico tra il proprio terreno interiore e una porzione di mondo esteriore”. L’immobilità fisica che stiamo vivendo, con tutte le conseguenze emotive e psicologiche che da essa derivano, può ostacolare questo processo?
-Lo può ostacolare e lo sta ostacolando. Per fiorire le persone hanno bisogno della relazione con gli altri fiori, di vedere la fioritura altrui e del fatto che gli altri possano vedere la loro. Si cresce solo se pensati e ciò non significa semplicemente essere pensati a distanza, il pensiero si manifesta soprattutto nella relazione, nel sentire l’Altro vicino.
Il togliere la vicinanza altrui, in questo momento, sarà causa, negli anni che verranno, di problemi psicologici di cui adesso vediamo solo i prodromi ma di cui apprezzeremo, più in là, i danni effettivi. È vero che siamo di fronte ad un’emergenza sanitaria, ma non possiamo non tener conto di quella psichica. Ciò che stiamo facendo è una potatura malsana, stiamo tagliando rami a caso e destinando alla morte l’albero del futuro che sono i ragazzi di oggi. Dovremmo tenerlo molto più presente e non semplicemente colpevolizzarli o sminuire le loro sofferenze in confronto alle nostre, a quelle delle generazioni passate. In questo modo creiamo un terreno nel quale i ragazzi non possono fiorire, sono costretti a sentirsi in colpa perché hanno l’esigenza di vivere e si sentono dire che non hanno il diritto di soffrire. Dobbiamo ovviamente mettere in campo misure per arginare l’avanzata del virus ma dobbiamo tener presente a che prezzo e in che modo ciò sta avvenendo. Se il distanziamento fisico è necessario e sacrosanto, obbligare le persone al distanziamento sociale significa far perdere loro l’umanità: pensare che la didattica a distanza, lo smartworking e le relazioni basate solo sulla dimensione digitale possano essere una soluzione a medio-lungo termine è una follia.
-Nel vostro libro c’è una precisazione importante e interessante: è necessario fare attenzione e distinguere il concetto di fioritura da quello di crescita personale, che ci chiede costantemente di accumulare risultati e esperienze, di aumentare quello che potremmo definire il “fatturato personale”. Come possiamo riconoscere bene la distinzione tra questi due concetti?
-Sono due concetti molto diversi perché la crescita è intesa come steroide dell’anima, anabolizzante dello spirito, che porta ansia performativa e che riflette una dinamica a tutti gli effetti capitalistica, che richiede di essere imprenditori della propria anima. Così si accumulano esperienze, lezioni, iniziazioni, discipline… e si pensa che questo serva a qualcosa quando è, in realtà, controproducente perché non scardina i meccanismi che ci tengono bloccati ma li asseconda.
La fioritura personale invece ha a che fare col riconoscere qual è il proprio modo specifico di crescere e ognuno fiorisce a modo suo. Quando i greci parlavano delle date importanti nella vita degli esseri umani non parlavano del momento della nascita né di quello della morte, ma parlavano dell’acme, ovvero del momento di maggior splendore, che possiamo chiamare, appunto, fioritura.
L’ossessione per la crescita è l’ossessione per la “brandizzazione” perenne del sé, per il fatturato personale, ed è molto pericolosa perché impedisce al nostro campo interiore di fiorire in modo proprio. Si continuano a piantare semi che ci vengono venduti per buoni ma che non ci appartengono. Così nulla di quello che inizia a crescere ci soddisfa davvero perché, con quei semi che non sono i nostri, abbiamo fatto crescere altro nel nostro giardino.
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Tlon
Prendila con filosofia.
Manuale di fioritura personale
HarperCollins Italia, 2021