di Federica Biolzi
Psichiatra, neurologa e psicoanalista, Alessandra Piontelli, ha insegnato per molti anni nel Regno Unito e lavorato a lungo presso il dipartimento di Patologia della gravidanza dell’Università degli Studi di Milano. Per Cortina editore è in libreria un interessante testo dedicato al culto del feto. Un tema insolito, cartina di tornasole, come recita il sottotitolo, dell’immagine della maternità.
– Nel suo libro, lei si propone di esaminare i feti sotto tre aspetti differenti. Il primo di ordine cronologico riguarda come sono mutati gli atteggiamenti dalla società nei confronti dei feti. Il secondo, di carattere scientifico, esamina il comportamento fetale ed il suo scopo. Mentre il terzo punto di vista riguarda come vengano percepiti i feti in mondi non occidentali. Queste questioni mettono in risalto il complesso rapporto tra la società e il feto. Come è cambiato questo rapporto?
– I feti sono rimasti sempre gli stessi, ma la società ed il modo di rapportarsi ad essi sono molto cambiati. Lo stesso in un certo senso è avvenuto con il bambino e con il neonato. Una volta ad esempio chi poteva permetterselo dava il neonato a balia. Ora sarebbe impensabile. Si parla di tempo di qualità, di scambi affettivi intensi e reciproci, di attaccamento, di ‘motherese’ o linguaggio che le madri adattano ai loro bambini e di molto altro senza cui la vita futura affettiva e intellettuale del bambino sarebbe rovinata per sempre. Con il feto sta succedendo un po’ lo stesso. Le donne in gravidanza vengono sottoposte ad un bombardamento di veti e di informazioni da parte di coloro che le circondano e dalla società. Una volta si pensava che la placenta fosse una barriera completa, uno schermo protettivo impermeabile nei confronti di qualsiasi sostanza o agente nocivo, dai virus, ai cibi, alle emozioni. Si è poi scoperto come l’impiego di alcuni farmaci, come il talidomide, usato in gravidanza fino al 1963-64 per combattere la nausea, ha provocato danni terribili al feto. Così come successivamente avviene per il dietilbestrolo (ritenuto un anti-abortivo), l’alcool, e così via. Ora si è arrivati a ritenere che se la madre ‘trasmette’ (non si sa come) sentimenti negativi al feto, questi verranno rivissuti per tutta la vita con effetti nocivi.
– Lei mette in evidenza un altro fatto che ci appare di rilievo. Il periodo della gravidanza è legato anche a fantasie e aspetti culturali superstiziosi, tradizionali. Quanto questi aspetti hanno da sempre influenzato la gravidanza?
– Sin dalla notte dei tempi, gli amuleti e gli sciamani sono sempre esistiti. Così come il seguire le ‘voglie’ o il toccare qualcosa per scaramanzia. Ad esempio in paesi in via di sviluppo ho visto toccare pance finte o mettere grembiuli attorno al tronco di alberi per cercare di far sì che la gravidanza risultasse ben radicata. Oltre che per proteggersi dalla morte al parto e dalla morte sociale dell’infertilità.
Pensiamo anche a quanto è cambiata l’alimentazione in gravidanza tra ieri e oggi. In passato bere latte non pastorizzato o mangiare formaggio non pastorizzato erano considerate abitudini sane. Oggi, tali abitudini, sono ritenute pericolose perché tali alimenti potrebbero contenere la listeria, un batterio che può causare aborti, nascite premature, e mortalità alla nascita. La carne cruda un tempo raccomandata per combattere l’anemia, oggi è proibita per il rischio di toxoplasmosi.
Le madri sono assalite da veti e ansie e rischiano di essere persino punite se non seguono alla lettera tutti i diktat. In alcuni luoghi le donne incinte sono diventate meri contenitori dei feti.
– Lei ci parla, approfonditamente, di come, in molte zone del mondo e per certi versi anche in occidente, dalla scelta del partner al parto avvengano tutta una serie di pressioni e forzature di tipo sociale, morale e fisico.
– Attualmente, ad esempio, i padri si sentono in dovere e vengono spinti ad entrare in sala parto. Non tutti lo vogliono o lo desiderano. Ci sono coppie in cui l’aspetto sessuale soffre dopo l’ingresso in sala parto. Ci sono donne che preferiscono avere altre donne vicine in un momento delicato. La scelta dovrebbe essere lasciata agli individui. In alcuni mondi non-occidentali vi è ancora la capanna del parto, dove la donna si ritira da sola o in compagnia di donne più anziane, con l’assoluto veto per l’uomo di entrare. D’altro lato attorno alla gravidanza, al feto, per non parlare della maternità, si fa molta poesia. Si sostiene l’importanza del parto dolce, ma partorire è doloroso e l’epidurale può far soffrire di meno. La maternità è diventata tutta rose e fiori. L’idea, che a tutt’oggi permane, della madre quale principale soggetto che accudisce i figli e detiene le migliori capacità genitoriali, nasce agli inizi del secolo scorso, quando la psicologia e la psicoanalisi hanno largamente contribuito a questa mistica, esaltandone il ruolo. I feti vengono adorati anche perché non creano i crucci e i problemi che tutti i bambini già nati creano: non piangono, non passano notti insonni, non si fanno cambiare e non ci fanno passare le notti insonni che tutti i figli adolescenti ci fanno passare in attesa del loro rientro a casa.
– Tra un feto e un bambino ci sono delle importanti differenze. Mi ha molto interessato quanto lei dice a proposito della tradizione di seppellire i feti in Giappone, il così detto Mizuko Kuyo. Un rito in cui si cerca di alleviare il dolore della donna per un feto abortito e al tempo stesso concedere al feto di accedere alla pace o ad un’altra vita. Una scelta completamente differente dal nostro sommergere di sensi di colpa e di condanne morali la donna che sceglie di abortire. Mi sembra questo un punto centrale, che potrebbe essere una delle sintesi del nostro discorso. Le chiediamo delle tracce per poter ripensare ad una dimensione umana e concreta della maternità.
– La pratica di seppellire i resti fetali dovuti ad aborto spontaneo o meno, si sta diffondendo in molti paesi, sebbene con grandi differenze emotive, tecnologiche, sociali, ed è ispirata al cosiddetto Mizuko Kujo, che significa letteralmente ‘cerimonia del bambino acqua’. La religione shintoista, vede nei morti degli spiriti che restano tra noi e vi è l’idea che essi vadano placati. In particolare, i feti possono trovare la pace dopo la morte solo se raddolciti attraverso speciali cerimonie che permettano loro di raggiungere lo stato superiore di buddhità. È molto commovente visitare questi cimiteri, e osservare queste donne. Nessuna si sente in colpa, o si vergogna. I genitori non vengono visti come degli assassini senza cuore, ma come persone che pregano per i loro feti. L’atmosfera di questi cimiteri fetali è di leggerezza e tenerezza. I genitori portano doni e regalini. Le italiane che abortiscono lo fanno in genere per motivi molto seri, mentre in Giappone si tratta di una pratica comune perché, i metodi contraccettivi, sono stati introdotti solo recentemente. Ispirati al Giappone, i cimiteri fetali stanno cominciando a fiorire negli USA ed in alcuni paesi europei, ma con un carattere ed un’atmosfera completamente diverse. In occidente il clima di questi luoghi è furtivo, a volte denso di accuse verso donne che hanno ‘ucciso’. Spesso senza alcuna distinzione tra chi ha abortito spontaneamente e chi no. Dovremmo forse imparare dal Giappone, la dovuta compassione, la misericordia e la tolleranza.
– L’immagine della donna gravida e della maternità oggi, con l’avvento dei social ha portato alla creazione di nuovi ideali o di influencer anche in questo ambito?
– L’influenza dei blog e dei social, hanno cambiato il nostro ideale di maternità. Le celebrities e le star, che ostentano i loro pancioni con abiti aderenti e rivelatori, hanno avuto in questi anni un’influenza enorme sulle potenziali madri. Donne comuni mettono in evidenza il pancione, pubblicandolo su ogni tipo di social media, cercando di raggiungere gli standard impossibili dei prototipi che le hanno ispirate. Siamo attratti da persone belle e famose. Le star sono diventate gli idoli dei nostri tempi. L’età materna che aumenta fino a limiti un tempo impossibili, le pance finte, il ritornare immediatamente in linea anche dopo aver avuto dei gemelli con una surrogata, sono tutti modi di vivere la maternità che stiamo imparando dalle dive. I feti sono sempre gli stessi e seguono sempre le stesse tappe evolutive. Cambiano solo a seconda dei tempi e dei luoghi.
Alessandra Piontelli
Il culto del feto
Come è cambiata l’immagine della maternità.
Cortina Editore, 2020