di Monica Pratelli
Nello scrivere su un tema così importante si corre il rischio di confondersi. Pensieri che si intrecciano, idee che si alternano, con associazioni forse prive di razionalità. La mente si apre a molteplici possibilità espositive, ma anche a riflessioni personali. Tentativi falliti di percorrere sentieri ben delineati, un brainstorming contorto, contenitore di reminiscenze filosofiche e letterarie coperte dalla polvere degli anni.
Ma procediamo con disordine: la mia scrivania ne è un esempio.
Fogli scomposti, penne nascoste da pile di cartelle in bilico alternate a libri lasciati aperti per non perdere il segno, il filo della batteria del computer attorcigliato intorno alla lampada da tavolo. Nel mio disordine trovo tutto, ma non è poi così vero.
La psicologia spicciola, ma tanto amata in questo tempo scomposto, aiuta alla lettura di questi comportamenti:
- Sei disordinato? Ecco cosa significa.
- Il disordine in casa riflette il disordine interiore?
- Troppo caos? Perdi anche te stesso!
Per fortuna (o forse no) i social seminano suggerimenti su come risolvere questo grande dilemma:
- 10 trucchi per star bene in casa e con se stessi
- 8 segreti per tenere il proprio armadio ben organizzato e per iniziare la giornata in armonia
- 5 regole d’oro per fare ordine fuori e dentro di te
I consigli vengono numerati, con la certezza che, chi legge, si spaventa meno se la quantità è definita, se si riduce il rischio di aprire un post generico e prolisso. Sembra ci si debba privare del tempo per capire, per approfondire, per ricercare proprie modalità di senso, per organizzare la mente, per trovare connessioni.
La duplice categoria ordine-disordine ci conduce nella complessità del pensiero, attraverso territori distinti e mantenendo, al tempo stesso, la caratteristica della trasversalità; ecco che antropologia, filosofia, sociologia, psicologia, architettura, matematica, linguistica, economia e tutti gli ambiti di studio che riguardano l’uomo, la natura, la società sono alla ricerca di nessi e relazioni che connettono il tutto con le parti.
Connessioni, appunto.
Nel nostro lavoro la ricerca delle connessioni è indispensabile; l’individuo è un sistema, la coppia e la famiglia rappresentano sistemi, la scuola, il mondo lavorativo, il contesto sociale sono sistemi che si intersecano, che si influenzano vicendevolmente e uno dei nostri compiti è sostenere l’individuo verso una ricerca di senso, verso livelli di consapevolezza e metacognizione, verso la conquista della capacità di leggere ed esprimere bisogni ed emozioni, verso un processo di integrazione emotivo-affettiva e cognitiva, a garanzia del benessere psicologico. Dirlo è semplice, ma percorrerlo richiede di considerare la complessità, appunto, di non perdere di vista la necessità di lasciare spazio al caos, che caratterizza vissuti difficili, procedendo con un percorso di riorganizzazione dei contenuti, ma senza privare l’accesso a intuizioni, fantasie, pensieri creativi. E’ un gioco di equilibri non certo facile.
Oggetto di studio è stato nei secoli la ricerca della possibilità di ordinare il mondo, di dare senso al caos, confrontando, classificando, seriando, numerando gli elementi che lo compongono. Non è forse questa stessa cosa che caratterizza la nostra vita, il nostro percorso di crescita, le relazioni e i contesti in cui viviamo?
I bambini iniziano a fare tutto questo molto precocemente; di fronte al mondo che li circonda essi intraprendono un viaggio che li conduce alla padronanza dell’esperienza: toccano gli oggetti, li esaminano con ogni canale sensoriale e, con atteggiamento investigativo, iniziano a raggruppare, a disporre, a porre in relazione, come piccoli esploratori avidi di conoscenza, ma tutto questo avviene perché esiste un contesto, perché esistono le relazioni significative, perché la motivazione, il desiderio e la soddisfazione fanno la loro parte.
Uno dei compiti importanti degli educatori, degli psicologi, dei pedagogisti è quello di aiutare a entrare in contatto con questa complessità, affinché i genitori comprendano che i consigli numerati forse impoveriscono il loro ruolo, che le precise indicazioni tolgono magari spazio alla condivisione, che è fondamentale la sintonizzazione affettiva, quel momento in cui si risuona insieme, si percepisce l’appartenenza.
Si parla molto di Disturbi di Apprendimento, di difficoltà particolari che alcuni alunni manifestano a scuola e sappiamo che i problemi di lettura, scrittura e calcolo si possono collegare a incertezze nel “fare ordine” nelle proprie conoscenze, nel seguire con “ordine” le informazioni, nei processi di memoria sequenziale. I bambini con DSA hanno difficoltà ad automatizzare il proprio apprendimento ed ogni volta, almeno in parte, per loro è come iniziare da capo; di nuovo a fare “ordine” nella loro mente, di nuovo a ricercare le tracce “ordinate” degli apprendimenti pregressi. La terapia che viene proposta a questi bambini funziona, consente risultati positivi, ma non basta; è necessario che essa si svolga all’interno di un rapporto stimolante e gratificante con l’adulto, c’è bisogno di creare un clima familiare che accolga le difficoltà stesse, ma che non se ne lasci travolgere, c’è bisogno di offrire l’opportunità di “fare ordine”, ma anche di dare spazio alla creatività, all’intuizione, alla fantasia, perché spesso è proprio grazie a questo che i bambini possono esplorare nuove vie, conquistare nuove strategie personali e non indotte, non costruite dalla mente degli adulti.
In adolescenza il processo di cambiamento, pur con gradualità, avviene in tempi talvolta brevi, che disorientano i ragazzi stessi e che creano una profonda crisi nei loro genitori. Il caos emotivo diviene pervasivo, non si riconosce più il proprio figlio, si perde di vista il proprio ruolo educativo, si confonde la propria con l’altrui adolescenza, della quale si ha un’immagine ambivalente: bella età o età del malessere?
Il nostro compito è quello di consentire l’espressione delle emozioni, di aiutare a dar voce alle emozioni stesse, spesso confuse, disordinate, e, al tempo stesso, fare da contenitori, aiutare a ricostruire la storia individuale e familiare, per permettere di accogliere con minor dolore il mutamento di un legame che non si riduce, ma che evolve verso nuovi sentieri.
Che dire poi dei percorsi di psicoterapia? Essi si rappresentano con un incontro tra individui all’interno di uno spazio e di un tempo. Quello spazio e quel tempo conterranno stati d’animo, eventi narrati, domande esplorative, silenzi e fiumi di parole accompagnate da sguardi, espressioni, posture, che arricchiscono e danno valore alla relazione. Ed è in quel clima di fiducia conquistata che si dipanano le storie, che si riordinano i pensieri, che si crea nella mente, fino a quel momento assediata da un lutto, da una perdita, da una fragilità, uno spazio per nuove opportunità,. Gli strumenti quali il genogramma fotografico e storico, l’autobiografia, la carta di Boston ed altro ancora, vengono utilizzati proprio per ricostruire una storia con gli occhi di chi l’ha vissuta, ma anche per trovare nuove chiavi di lettura. E spesso capita che, a un tratto, in questa ricostruzione, quegli occhi siano come attraversati da una scintilla, visibilmente collegata a uno stato emotivo, quasi si trattasse di un’intuizione o della concessione di una fantasia fino a quel momento negata, che stravolge quell’ordine faticosamente conquistato, ma che consente la ricerca di nuove risorse personali e relazionali.
Appena veniamo al mondo iniziamo i nostri tentativi di dare un senso alla realtà, cerchiamo di dare un ordine alle esperienze, ma sono indispensabili contesti che sollecitano la creatività e, perché no, il disordine temporaneo. Come abbiamo visto ci sono difficoltà particolari per le quali la scarsa capacità di organizzazione spazio-temporale, di attenzione selettiva e di memoria sequenziale rappresentano un ostacolo ai processi di apprendimento, per cui è indispensabile un aiuto per “sistemare” le conoscenze in forma duratura. Nel nostro ciclo vitale si attraversano fasi di passaggio eventi traumatici, personali fragilità, che fanno perdere le sicurezze, che creano quel disorientamento che abbatte ogni riferimento, che nasconde i segnali che ci indicavano la strada, per cui può essere utile un aiuto per “fare ordine”, per ricercare connessioni e significati.
La nostra vita ha inizio dentro a un rapporto affettivo significativo, si sviluppa attraverso la costante ricerca e conquista di conoscenze all’interno di contesti e relazioni, si dipana in un percorso a volte lineare, altre volte tortuoso, intricato, avventuroso. L’ordine ci offre sicurezza, riconoscimento di sé e della propria storia ma, forse, il gioco più affascinante è quello di lasciarsi coinvolgere dalle nostre emozioni, non perdendone il controllo, di dare spazio ai desideri alle fantasie e alle immaginazioni, mantenendo vivo il contatto con la realtà. Forse la bellezza sta in quell’area transizionale tra disordine e ordine, in quello spazio intermedio che consente la creazione di nuove esperienze, nuovi pensieri, nuove opportunità.
[wp_objects_pdf]