EXAGERE RIVISTA - Luglio - Agosto - Settembre 2024, n. 7-8-9 anno IX - ISSN 2531-7334

Postmodernità e pensiero liquido nel pensiero di Bauman. Intervista a Carlo Bordoni

di Luigi Serrapica

Zygmunt Bauman è stato uno dei sociologi principali del Novecento, uno dei punti di riferimento per lo studio della modernità. Molto della sua fortuna è legata alla teorizzazione della cosiddetta “modernità liquida”, un concetto fondamentale a cui Bauman deve la celebrità, ma soprattutto si tratta di un passaggio teorico di indubbio valore esplicativo. Carlo Bordoni, sociologo e giornalista, docente universitario e profondo conoscitore del pensiero di Bauman, afferma: “Era un ottimista, Bauman, credeva nell’umanità e nella sua possibilità di riscatto. Per questo la liquidità va considerata come un incidente di percorso, un ostacolo sulla via del progresso o, forse meglio, un passaggio necessario per resettare l’ordine sociale e ripartire da principio”[1].

Dietro la liquidità teorizzata dal sociologo polacco, tuttavia, c’è un sistema di pensiero importante, caratterizzato da una sostanziale asistematicità che ne rende complesso e sfaccettato il lascito intellettuale sul quale Bordoni si interroga nel suo più recente libro, intitolato – non a caso – L’eredità di Bauman. C’è un’acutezza nell’osservazione sociologica di Bauman che ne fanno il continuatore di un percorso tracciato da Max Weber (originale interprete della modernità, che “apre il discorso sulla modernità al principio del Novecento”[2]) e da Walter Benjamin (altro originale e asistematico pensatore). Bauman chiude il secolo con un pensiero che evolve verso un pessimismo e che tradisce l’ottimismo iniziale: il secolo “breve” vede il prosciugarsi dell’utopia, l’assottigliamento delle speranze e la vittoria di delusioni e frustrazioni. La fine delle certezze si configura come la fine dei principi su cui il moderno si è fondato: si è esaurita la fede nella scienza e nelle istanze di progresso, finanche nelle ideologie. Non resta che attendere di studiare le evoluzioni della società, nella consapevolezza che ciò che è stato catturato da una definizione – per quanto questa possa essere vincente – è destinato a venire superato.

-Prof. Bordoni, l’intuizione della “modernità liquida” ha avuto grande impatto e grande fortuna. Forse questa teoria ha finito per ‘schiacciare’ il resto del pensiero di Bauman, molto complesso per via di una sostanziale assenza di sistematicità: cosa ne pensa?

-Quando una grande intuizione diviene la cifra caratteristica di una persona, anche la liquidità ha finito per oscurare (se così si può dire) il pensiero di Bauman. Del resto bisogna anche riconoscere che l’idea di modernità liquida è il prodotto finale – almeno per il momento – di un lungo processo di affinamento e di discussione attorno al problema della società contemporanea e al tentativo di comprenderla nella sua complessità. È quello che resta più impresso, in primo luogo perché ha caratterizzato Bauman negli ultimi vent’anni, poi perché ha ottenuto un amplissimo successo di pubblico e, non ultimo, perché non ha avuto il tempo di riflettere sul suo superamento. Come tutte le indagini sociologiche, anche l’idea di liquidità vale per un periodo limitato, non è per sempre: si lega a uno specifico periodo di tempo e a particolari condizioni di vita. La società cambia e si evolve in fretta. Ciò che andava bene per i primi anni del terzo millennio, è comprensibile che non sia più attuale adesso. Ma non va dimenticato quanto Bauman ha pensato e prodotto prima della fatidica svolta del 2000: l’analisi del fenomeno postmoderno e la magistrale spiegazione delle origini dell’olocausto.

– Il dibattito sugli esiti della democrazia, sul “dove vanno le democrazie”, è affascinante ma allo stesso tempo inquietante: tra la post-democrazia descritta da Crouch, democrature e richiesta di ‘pieni poteri’ dobbiamo temere che il tempo per la democrazia sia davvero finito?

-Che la democrazia sia una speranza utopica è noto fin dal tempo di Rousseau. Del resto anche la ben nota democrazia ateniese non era affatto tale e riguardava solo una minoranza privilegiata. Quindi non dovremmo dire che il tempo per la democrazia è finito, ma semmai che non è ancora cominciato. Nei secoli l’umanità ha cercato di realizzarlo in vari modi e attualmente la sola concezione democratica in vigore è ancora quella ottocentesca di Alexandre de Tocqueville: riguarda essenzialmente i diritti civili, ma tocca solo di sfuggita i diritti politici e sociali.

– La spettacolarizzazione della parola e della vita privata sembra essere un fenomeno che si accompagna alla crescita dell’importanza nelle nostre vite dei social network: ma è la tendenza a spettacolarizzare la nostra vita che fa nascere i social network o sono le reti sociali a rendere tale spettacolarizzazione una necessità?

-Credo che il fenomeno abbia trovato nei social il modo ideale per svilupparsi e divenire virale. La tendenza alla spettacolarizzazione viene da molto lontano: basta pensare agli anni Sessanta di Guy Debord per comprendere come sia caratteristico dello sviluppo della massificazione della cultura. Risponde a una precisa istanza sociale: quella di partecipazione dal basso. Nel tormentato processo di uscita dalla società di massa, in direzione di una società fortemente individualizzata, le singole persone avvertono sempre più il bisogno di essere ascoltate, dire la loro, farsi protagoniste.

– Un processo che, forse, parte dai cosiddetti media tradizionali.

-Questa tendenza è stata avvertita nelle televisioni attraverso la partecipazione ai talk shows o a programmi di intrattenimento in cui sempre più spesso emergono persone comuni che parlano di sé e della loro storia. Naturale che la possibilità di utilizzare strumenti personali come i social abbia esteso questa tendenza.

– Proviamo a parlare della città del futuro. Partendo da Bauman, lei ipotizza la fine dei negozi così come li abbiamo conosciuti dal XIX secolo, ma non certo la fine del consumismo: in un mondo che si interroga sugli esiti dei cambiamenti climatici e in cui si parla di sostenibilità, continua a non esserci spazio per la moderazione dei consumi?

-Il consumismo così come lo conosciamo (e come ne ha fornito un’analisi realistica Thorstein Veblen agli inizi del XX secolo) ha le ore contate. Non si tratta di un mutamento culturale, ma di un’esigenza di forza maggiore: il nostro pianeta non può continuare a sostenere ritmi consumistici di questo genere. Quindi le abitudini e, di conseguenza, i comportamenti sociali dovranno adeguarsi alla nuova realtà. Le cose hanno cominciato a cambiare con l’uscita dalla società di massa e con la tendenza, osservabile nelle società occidentali, a non sprecare più, a differenziare i rifiuti, a ricorrere al riciclo. Molto resta ancora da fare per salvare l’ecosistema, ma è importante che questo nuovo indirizzo cominci e entrare nelle abitudini dei giovani.

– Rapidità, mutevolezza, permeabilità: la liquidità della società contemporanea è questa, contro la solidità che aveva caratterizzato la modernità: ma questo comporta imprevedibilità degli esiti futuri. Sembra una società destinata al caos: è davvero così?

C’è un ordine anche nel caos. Non bisogna dimenticare che viviamo in un sistema complesso, dove anche il disordine può avere una funzione positiva. La nostra percezione di liquidità, e quindi di instabilità e di incertezza, è indicativa di un mutamento che non riusciamo ancora a comprendere. Non è un caso che negli ultimi lavori Bauman abbia introdotto il concetto gramsciano di “interregno”: una zona franca, desertificata, dove non valgono più le leggi precedenti e le nuove non sono ancora state emanate. Si tratta già di un momento successivo/integrativo alla modernità liquida, perché presuppone piuttosto una stasi, un fermarsi a osservare e a pensare il futuro. Questo perché ogni interregno è una fase di passaggio tra due sistemi di ordini e non può durare all’infinito. Compito dell’interregno è proprio quello di preparare l’avvenire, di progettarlo e cominciare a costruirlo, perché il tempo nuovo, con le sue nuove regole e le sue nuove certezze, è solo nelle nostre menti e nella nostra capacità di decidere.

 

Carlo Bordoni

L’eredità di Bauman

Dal postmoderno al pensiero liquido

Armando Editore, 2019

 

[1] C. Bordoni, L’eredità di Bauman. Dal postmoderno al pensiero liquido, Armando Editore, Roma, 2019, p. 8.

[2] Ivi, p. 7.

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