di Federica Biolzi
Ci sono due volumi[1] del sindacalista e economista svizzero Graziano Pestoni che vale la pena di proporre ai lettori anche fuori dalla Confederazione. Si tratta di due volumetti, di cui uno dato alle stampe lo scorso anno, che riguardano i processi di privatizzazione dei servizi pubblici oltreconfine e, segnatamente, dei processi che hanno visto le Poste avviarsi verso un inesorabile passaggio in mano privata.
Premettiamo che i servizi pubblici nella vicina Svizzera sono stati, da sempre, esempio di brillante funzionamento e di efficienza della mano pubblica. Non solo le poste. L’autore ricorda anche le ferrovie federali, le telecomunicazioni, l’energia, l’acqua potabile, le scuole, i servizi amministrativi in generale. Ma anche in questi casi ha prevalso, come nella generalità del resto del vecchio continente, una larga riassegnazione di questi settori ai privati.
Chiariamo subito che non si tratta di un male assoluto, là dove si riescono ad avere delle economie nella gestione e nella qualità dei servizi resi, ben venga. Ma – ci ricorda l’autore – molti grandi dell’industria privata non si sono distinti per le loro performance negli ultimi anni. Anzi, Pestoni ci ricorda i casi paradossali della Novartis, della Syngenta, della banca UBS e di altri istituti di credito salvati grazie all’intervento pubblico.
Il cittadino, oramai, possiede abbastanza scaltrezza da valutare, quando si tratta dei servizi, al di là delle barriere ideologiche. Il problema all’orizzonte non è più quello del privato uguale efficienza ed economicità ad ogni costo. Il cittadino valuta in base alla qualità dei servizi ed ai loro costi. Il privato, forse perché troppo garantito da scelte politiche in auge dalla fine degli anni ’70, si è forse ritenuto troppo garantito, soprattutto quando si è collocato in posizione di quasi o totale monopolio. Qualche sentore comincia ad aversi anche nel nostro paese, in Italia: si pensi alle problematiche di gestione dell’acqua potabile e delle prospettive che si sono aperte dopo il referendum.
In Svizzera le grandi aziende pubbliche costituivano, fino ad una ventina di anni fa, veri e propri pilastri dell’economia nazionale. La gestione di questi servizi era sottoposta ad un controllo democratico, il cittadino poteva partecipare alle decisioni dell’ente attraverso i suoi rappresentanti o attraverso i referendum. Cosa che, evidentemente, non accade per le società di tipo azionario che rispondono esclusivamente ai propri vertici e agli azionisti.
La situazione oltreconfine tende a complicarsi a seguito di una nuova legge federale che tende alla privatizzazione delle strutture ospedaliere. Alcuni Cantoni intenderebbero procedere alla cessione delle carceri e dei servizi agli anziani.
Viviamo in un’epoca strana – Pestoni ci ricorda citando due esperti di pubblico servizio –. Si ha l’impressione di una specie di onda che ci sovrasta… Le riforme si succedono e si affastellano senza alcuna apparente programmazione. Ma forse, lo Stato, quando sa cosa dire, quando ne ha le professionalità e le competenze, potrebbe ancora essere smart.
[1] Graziano Pestoni, Privatizzazioni, Fondazione Pellegrini – Canevascini, 2013
Graziano Pestoni, La privatizzazione della posta svizzera – Syndicom 2018