di Simona Gallo – All’uscita di scuola la maestra si rivolge a Manuel chiedendogli: “cosa farai nel pomeriggio?”
“Oggi vado con mamma a giocare con papà, risponde Manuel. Lui mi aspetta in una cameretta colorata e mi regalerà un succo di frutta. Sono già andato a trovare il papà il mese scorso e ci siamo divertiti. Forse faremo anche i compiti.”
La maestra, stringendogli la mano, pensa che Manuel stia lavorando di fantasia. La verità è che il padre è in carcere ed i bambini non possono entrare lì dentro. Il padre di Manuel, come altri, è fra coloro ai quali la dimensione della quotidianità e dell’affettività non è sempre accessibile.
Il mondo delle carceri è una realtà complessa, vi sono tante esigenze da contemperare, problemi strutturali, sociali e, non ultimo, affettivi. Tuttavia, qualcosa inizia a muoversi. Recenti provvedimenti hanno teso a dare risposte al sovraffollamento delle strutture, alla necessità di rendere, sempre più, socialmente utile l’esecuzione penale e all’ampliamento dell’ammissione alle misure alternative.
D’altro canto aumentano e si legittimizzano le richieste da parte dei detenuti. Dal lavoro alla formazione, alla salute, all’attenzione per la loro particolare forma di convivenza. Ed ancora, il diritto di relazione con i familiari, i colloqui ordinari senza barriere ed i colloqui telefonici. Non ultima la necessità di tutelare il diritto dei figli minori alla visita.
Di certo l’Amministrazione Penitenziaria non riesce sempre a dare delle risposte a queste aspettative. Nonostante gli sforzi e la necessaria attenzione alla popolazione detenuta, resta ancora tanto da fare. Al detenuto, per il particolare stato in cui si trova, ogni diritto pare negato o, comunque, solo parzialmente concesso.
Gli operatori di queste realtà spesso son in prima linea affinché la vita in carcere non sia solo isolamento, violenza, sporcizia e bruttura. Un impegno che si concretizza e dà frutti soprattutto nelle realtà detentive medio-piccole, ad esempio per non far perdere ai propri ospiti i legami familiari nella prospettiva di un futuro reinserimento sociale.
Tra le esperienze significative, a merito di tutti coloro che hanno voluto fortemente abbattere gli ostacoli ed i muri, vi è quella della Casa Circondariale di La Spezia.
Il progetto Ludoteca è un esempio di come si possano sviluppare programmi ed ambiti specifici per sperimentare una nuova strada a tutela dei diritti dei bambini e dei loro genitori detenuti. Esso è un esempio di come il sostegno al minore, e il rispetto al diritto del genitore, possano realizzarsi grazie alla collaborazione fra personale qualificato del terzo settore e gli operatori penitenziari.
Un progetto nato dalla volontà di dare piena attuazione ad un circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, in cui si sollecitano i percorsi di incontro fra genitore e bambino. La cosiddetta Circolare del Sorriso (che risale al 2009) ha avuto il merito di aprire un dibattito sul mantenimento delle relazioni affettive come aspetto essenziale per prevenire il disagio sociale, il rischio suicidario e la disgregazione familiare.
In questo campo molte sono le esperienze attuate all’interno del circuito penitenziario grazie, soprattutto, agli Enti locali e al Terzo Settore i cui sforzi si sono scontrati spesso con carenze di spazi, esigenze di sicurezza o mancanza di personale con formazione specifica. Su tutto il territorio nazionale si registrano una serie di esperienze nate dal rilevamento del disagio riguardante i genitori detenuti. Vi è però da registrare che in molte realtà locali non è presente personale specializzato per le visite dei minori, che i colloqui si svolgono prevalentemente di mattina e che il consumo dei pasti con i familiari è possibile solo in casi eccezionali.
A La Spezia nel 2015 sono iniziati i lavori all’interno della Casa Circondariale per rendere la Ludoteca uno spazio colorato e distante dalle “mura”, luminoso e raggiungibile senza controlli e metal detector. In questo ambiente, gli operatori ora possono accompagnare il genitore detenuto nella ripresa della manifestazione affettiva, nel gioco, nella cura del proprio figlio. L’ambiente sereno, colorato, arredato a misura di bambino è uno spazio pensato per ridurre l’impatto con la struttura penitenziaria.
Il liceo artistico Cardarelli di La Spezia è stato incaricato di progettare l’arredo e l’allestimento affinché lo spazio che, prima era destinato a due celle, diventasse il luogo dei colloqui. Per questo alcuni detenuti sono stati coinvolti in lavori di adattamento degli ambienti: buttare giù muri, smantellare le porte blindate e sostituire i neon con colorati lampadari. Gli studenti del liceo, con loro progetto “fuori onda”, hanno pensato a rendere l’ambiente confortevole, ricco di azzurro acqua e di beige, come la sabbia delle dune, per fornire un murales popolato da pesciolini festosi, cavallucci marini sorridenti e rosse alghe.
Inoltre, seguendo quanto disposto dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali al fine di evitare l’ingerenza dell’autorità pubblica nell’esercizio del diritto, il personale di polizia penitenziaria è presente all’ingresso dei familiari, ma il controllo non è “a vista”. Viene utilizzato un sistema di telecamere in remoto e, sia gli psicologi che gli educatori, , rimangono distanti e silenti nel rispetto della vita privata e familiare.
I colloqui si svolgono, previo appuntamento, due giorni alla settimana dalle 14,30 alle 17,30. Ogni incontro dura 90 minuti. Una tale organizzazione permette di ospitare, settimanalmente, quattro nuclei familiari non intaccando l’esiguo numero di colloqui di cui ogni detenuto può fruire secondo il Regolamento d’Esecuzione.
All’interno dell’istituto penale spezzino vi sono, attualmente circa 200 detenuti di sesso maschile distribuiti nelle tre sezioni, per un totale di otto piani. In alcuni di questi vi sono spazi non detentivi, alcune celle sono state adibite ad aule scolastiche (per corsi di alfabetizzazione, scuole superiori e corsi di formazione). Vi sono, inoltre, due biblioteche, una palestra e salette destinate ai colloqui con gli educatori e i rappresentanti del volontariato.
La maggior parte dei detenuti è di origine nord africana (il 30,1% della popolazione totale e circa il 63% tra la popolazione straniera), seguita, a discreta distanza, dalla popolazione dell’Europa dell’Est, quasi a pari merito dagli americani del Sud; solo tre gli asiatici.
146 sono i soggetti con condanne definitive a cui si aggiungono altri 12 con posizioni mista.
Dai dati aggiornati, al mese di giugno, all’interno si rileva che circa il 19% della popolazione detenuta è genitore, dato da ritenersi sottostimato in quanto non sempre è richiesto e buona parte dei detenuti è reticente a fornire informazioni personali agli operatori. A fronte di questa realtà, la direzione del carcere, di concerto con l’Area Trattamento di questa struttura, si è impegnata nel fornire gli strumenti operativi a favore di interventi rivolti alla valorizzazione della genitorialità e finalizzati al miglioramento del rapporto fra detenuto e famiglia. L’ottica prioritaria è stata quella di onorare quanto disposto nella Carta dei Diritti dei Figli di genitori incarcerati : il minore ha diritto ad una relazione duratura con propri genitori affinché il suo noncrimine non diventi una condanna.
Molte volte si parla di carcere facendo riferimento luoghi comuni legati, che denotano la non conoscenza alla non conoscenza del fenomeno nella sua complessità. Non tutti, dunque, sanno che i colloqui ordinari, di cui può fruire il detenuto comune, sono al massimo sei al mese. Questi si svolgono in appositi luoghi senza mezzi divisori, ma sotto il controllo a vista del personale di polizia penitenziaria. Lo stesso detenuto, se ha la possibilità economica e non utilizza numeri di cellulare, può fruire settimanalmente di un colloquio telefonico limitato a dieci minuti, caratterizzato dal medesimo controllo da parte del personale.
A fronte di queste limitazioni, appare evidente come, per la maggior parte della popolazione detenuta, l’esigenze affettive e familiari siano sacrificate dallo stato di detenzione: l’esigenza della sicurezza assume una posizione di preminenza.
Dal punto di vista dei controlli occorrerebbe valutare quanto, la costante presenza del personale di custodia, implichi soggezione e limiti la spontaneità nelle manifestazione affettive. Di contro, vi è comunque de considerare l’esigenza di ordine e sicurezza evidenti nell’obbligatorietà del controllo a vista.
Infine, si segnala che, nel luglio scorso, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha rinnovato il Protocollo d’intesa con Telefono Azzurro. Tale protocollo prevede interventi sia per il sostegno alla genitorialità, che alla tutela dei bambini e degli adolescenti figli di detenuti. Questo progetto è attivo dal 1999 ed è operativo, ad oggi, in 15 Istituti Penitenziari. L’intento è quello di trasformarlo in un servizio continuativo, per garantire una costante attenzione al minore che, in quanto figlio di un detenuto, non può essere discriminato e tantomeno allontanato dal familiare.
Riferimenti essenziali:
Legge 26 luglio 1975 n°354 e successive modifiche, Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà.
D.P.R. 30 giugno 2000 n°230 Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà.
Legge 4 agosto 1955 n°848. Ratifica ed esecuzione della Convenzione Europea per la Salvaguardia dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali
Carta dei Diritti dei Figli di genitori incarcerati, Bill of Rights Children of Incarcered Parents, sviluppata nel 2005 dalla Associazione San Francisco Children of Incarcered Parents con il contributo delle famiglie colpite da carcerazione e di giovani i cui genitori sono o sono stati carcerati.
Carta dei Diritti e dei Doveri dei Detenuti il cui contenuto è stabilito con decreto dal Ministro della Giustizia il 5 dicembre 2012, in attuazione del d.P.R. 5 giugno 2012, n°136.
Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo (New York 20 novembre 1989) con L.176 del 27 maggio 1991 del Presidente della Repubblica sessione, in cui si cita che “il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione”.
Circolare 9 ottobre 2003 n°3593/6043 – Le Aree educative degli Istituti – in cui si invitano le Direzioni degli istituti Penitenziari ad indicare nel “Progetto pedagogico dell’Istituto” le attività trattamentali da sviluppare per il mantenimento dei rapporti del detenuto con la famiglia.
Circolare 10 dicembre 2009-PEA 16/2007 in cui si indicano le specifiche modalità di intervento all’interno del “trattamento penitenziario e genitorialità”, per l’accoglienza e e le azioni da incrementare per il mantenimento della relazione tra i figli e i genitori detenuti.
Circolare D.A.P. 26 aprile 2010 – Nuovi interventi per ridurre il disagio derivante dalla condizione di privazione della libertà e per prevenire i fenomeni auto aggressivi – in cui si sottolinea l’importanza del contatto con la famiglia.
Esperienze nazionali ed internazionali sul mantenimento delle relazioni tra detenuti e figli a cura di Lidia Galletti, in Quaderni ISSP n°13 del giugno 2015.
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