EXAGERE RIVISTA - Gennaio-Febbraio 2024, n. 1-2 anno IX - ISSN 2531-7334

Sull’albero di Porfirio

Tra finzione e fantasia: quale realtà?

 

di Pascal Neveu

(testo originale in fondo)

Tutti siamo immersi in un ambiente popolato da immagini, rappresentazioni varie, reali o fantasticate, rassicuranti o spaventose, pregiudizi. Ambiente alimentato dall’educazione, dal pensiero, dalle parole, ma anche dagli universi delle nostre letture, film, fumetti, racconti e leggende. Immaginario o realtà? Fantasie proiettate dal nostro mondo inconscio o cose vere? La psicoanalisi, ma anche la filosofia, si sono molto interessate a queste domande per consentire, alla nostra complessità psichica, di vivere in un mondo il più reale possibile.

Per i filosofi, la finzione è una costruzione dell’immaginazione attraverso la quale crediamo di poter risolvere un problema reale, metafisico o psicologico,  logico, persino morale.

Il nostro errore sta proprio nel fingere di immaginare, come ci ricorda la radice latina fingere, cioè plasmare. Più precisamente, l’essere umano porta in sé questa capacità di concepire fenomeni della vita collegandoli alla réverie, e d’immaginare tutto. Il meglio come il peggio.

Questo aspetto è essenziale, ad esempio, in qualsiasi atto creativo letterario o artistico. Ma è anche possibile immaginare che il mondo sia pieno di complotti.

Il pensiero freudiano ci ricorda che, le fantasie, sono sostituti, residui e derivati di ricordi repressi che vengono modificati e deformati. Nella nostra psiche, si opera una censura che non permette l’accesso a ricordi proibiti o non soddisfatti. Tornerò poi su questo.

Finzioni, fantasie e realtà sono quindi costitutive del nostro ego. Il problema è che la realtà si basa sul fatto che ciò che è s’impone ai sensi, e soprattutto alla mente, appare reale. Però, la realtà, le finzioni e le fantasie di un nevrotico non sono le stesse di uno psicotico, soprattutto nella sua struttura più disorganizzata: la schizofrenia.

Questo mondo è fortemente collegato alla vita di tutti i giorni e alla nostra capacità di adattarci socialmente, emotivamente e professionalmente

-Io sono un altro!

In un precedente numero di Exagere avevamo già accennato a questa celebre poesia di Rimbaud e alla teoria di Lacan, che ci riporta ai primi momenti in cui il bambino si vede allo specchio. Il bambino si riconosce, permettendo al suo Io di fare un passo avanti verso il consolidamento e l’uniformazione di ciò che è. Anche se, come scrive Lacan, “sono pensato, detto e nominato prima di essere …”. Siamo già oggetto della fantasia dei nostri genitori, questa fantasia è presente nella famiglia quando immagina il nostro futuro … costringendoci a perseguirlo se non diventiamo pienamente padroni della nostra fantasia e della nostra realtà. L’esperienza clinica sui bambini e il loro sviluppo ce lo conferma.

È infatti la prova dello specchio, intorno ai 9 mesi, che è determinante nella possibilità di costruire un Io nevrotico, o il suo impedimento. Questa esperienza può condurlo ad una strutturazione psicotica, e a volte, a stadi di  derealizzazione e spersonalizzazione o vivere in realtà differenti.

Quello che dico a uno psicotico, lui lo fa suo e lo aggancia ai suoi pensieri, oggetti, fantasie, coltivando  così una finzione, poi forse un’altra ancora …

Il nevrotico, invece, è a conoscenza del suo fingere e si concederà o meno alle sue fantasie.

Ricordiamoci di Alice nel Paese delle Meraviglie  e di Alice attraverso lo specchio. Dov’è la realtà? in quali finzioni si tuffa Alice?

Lewis Caroll, al secolo reverendo Dogson, raccontò alle sorelle Liddel, durante una passeggiata, la storia di Alice che aveva appena inventato.

Alice e un coniglio “in ritardo”, si evolvono nel mondo del bizzarro, dello strano, dell’eccentrico, fatto di una moltitudine di esseri benevoli o subdoli …

In definitiva questa è la storia dell’immaginazione nostalgica di un adulto, che ha la sensazione di essere stato scacciato dalla sua infanzia, la storia malinconica di un paradiso perduto. Di una fantasia di cui ogni bambino si è nutrito e che gli adulti riescono ancora a comprendere se riescono a rimanere nel presente e non coltivare il passato, mentendo a se stessi in una finzione psichica.

-Una vita senza finzione?

Dicevamo, tutti ci nutriamo  di finzione: la menzogna dei nostri genitori che, volendo proteggerci da una dura e talvolta crudele realtà, “ci raccontavano delle storie”, e noi, bambini, leggendo favole, aspettavamo con impazienza il passaggio di Babbo Natale, le campane pasquali, il topolino che arrivava quando cadeva un dente. Divoravamo continuamente racconti di fantasia.

Come non ricordare i fumetti con Tintin, Asterix, Blake e Mortimer, ma anche i supereroi come Batman, Superman. La fantascienza (Star Wars), ma anche le serie che non passano mai di moda e che ci immergono in universi fantastici , che si tratti  di Agente speciale, il Prigioniero, per non parlare di Selvaggio West …

Ognuno di questi episodi ci ha condotto in universi irreali, dove s’incontrano il buono e il cattivo, ma anche personaggi improbabili, che vivono storie “straordinarie”. Storie forti dei romanzi di Edgar Allan Poe, perché le immagini della televisione, del cinema, ci portano oltre lo specchio …

E quante volte, da ragazzi, abbiamo cercato di somigliare a questi personaggi?

Chi non ha mai fantasticato di diventare  l’Uomo da sei milioni di dollari?  L’Intelligenza artificiale, l’esoscheletro e la ricerca neuroscientifica, potrebbero permetterci di esserlo davvero.

Quali rapporti abbiamo sviluppato da allora con tutti questi personaggi: i buoni, i cattivi, gli eroi animali (Rintintin, Beethoven, il Gatto con gli stivali)?

Quali stereotipi possono essere trasmessi, attraverso queste fiction, alla nostra realtà (il discorso dei genitori, la scuola, le esperienze di vita …) e al nostro rapporto con gli altri, al nostro modo di vedere, al nostro a priori, alle nostre adesione o ai nostri rifiuti?

Su quale persona reale arriviamo a proiettare questi “ personaggi fittizi” ? Tendiamo a  dire “ehi, mi ricorda …”, oppure a dare  soprannomi.

Umberto Eco ha scritto sul tema degli eroi, altri autori hanno descritto attraverso il cinema americano,  ad esempio il famoso Non aprite quella porta,  come, tramite i nostri stereotipi o anche la necessità di immergersi nel fantastico, la sequenza degli omicidi era stata ideata. Chi per primo? Il disabile? La bionda ? Il Nero? …

Passando ad altro, quali animali ci coinvolgono maggiormente a livello emotivo?

Ricordiamo il grande successo del cartone animato Ratatouille… In Francia, il numero di acquisti di topi da compagnia è esploso nei mesi successivi alla proiezione.

E che dire dei videogiochi che mescolano finzione, realtà? Ci si identifica con James Bond (personaggio che condensa la maggior parte delle fantasie, identità, attraverso varie interpretazioni), con un militare, o anche con Lara Croft.  Si possono esprimere  tutti i propri desideri in un mondo virtuale, ma sempre più realistico nella sua costruzione.

-Fantasia e realtà.

Una questione interessante è l’influenza della fantasia e della finzione su ciò che, pian piano, diventiamo e sulle persone con cui interagiamo: il noi e gli altri.

Forse il “cursore” è quello della realtà che ci troviamo di fronte.

Lacan ha scritto un articolo sull’argomento, affermando: “La psicoanalisi è la realtà psichica, è la realtà del soggetto diviso. Non c’è altro. Nessuna rivelazione di un al di là della realtà che non sia fantasia. La psicoanalisi è la realtà del soggetto alienato dalla sua fantasia. “

Già Freud aveva scritto: “Secondo me è possibile che tutto ciò che ci viene raccontato durante l’analisi, a titolo di fantasia, ovvero l’appropriazione indebita di bambini, l’eccitazione sessuale alla vista del rapporto genitoriale, la minaccia della castrazione …, è possibile che tutte queste invenzioni fossero un tempo, nelle fasi primitive della famiglia umana, delle realtà, e che dando libero sfogo alla sua immaginazione, il bambino riempia, con l’aiuto della verità preistorica, le lacune della verità individuale. “Questo è ovviamente un testo molto viennese.

Ma è in questo momento che Freud scriverà il suo famoso Totem e tabù, descrivendo la fantasia come qualcosa di diverso dall’evento vissuto, una realtà mitica che va oltre la storia vera.

Frankenstein non era un Prometeo contemporaneo?

Quando Freud descrive l’Uomo lupo, l’Uomo topo, al di là delle analisi teoriche, evoca le finzioni, le fantasie dei suoi giovani pazienti divorati da meccanismi di difesa che li proteggono da una realtà insopportabile.

Ci confrontiamo con i nostri stessi demoni di fronte alla realtà, nell’incontro con noi stessi e con l’altro che ci rimanda, attraverso il suo sguardo, alla prova dello specchio.

Corriamo il rischio di fantasticare sull’irreale, di scrivere una sceneggiatura per una fiction.

Il nevrotico riuscirà più o meno a gestire questo conflitto interiore.

Lo psicotico, invece, potrà, attraverso il suo universo immaginario, pensare il peggio e agire, attaccando e uccidendo, violentando, colui o colei sul quale non poteva fare a meno di fantasticare.

Non descriveremo qui cosa è la psicosi e due delle sue forme che sono la paranoia e la schizofrenia.

-L’alleanza dei 3: l’unione creativa?

Fin dalla prima infanzia, il bambino ha vissuto in quella che chiamiamo la sua immaginazione ma … si nutre soprattutto di una finzione arricchente e creativa.

Il bambino imita, il bambino simula, il bambino replica … per creare un oggetto nel pensiero, per immaginare se stesso e … per inventare.

Perché il suo universo fantastico lo porta a trasformare la sua finzione in realtà.

Le sue finzioni popolate da sconosciuti, mostri, … lo portano a costruire un mondo a cui deve adattarsi.

Avanzerà attraverso universi che lo mettono a confronto con la sua realtà, con ciò che è, permettendogli di capire meglio chi non è  e crescere nel desiderio di diventare …

E se c’è un universo che mescola finzioni, fantasie e realtà … questo è soprattutto la scuola.

Certo la famiglia è la culla dell’equilibrio e della strutturazione. Molti studi mostrano le differenze tra il campo della narrativa e il campo relazionale se un bambino è unico o no, e il modo in cui si integra e si adatta a questo nuovo universo che è la scuola. Allo stesso modo accade se i bambini indossano un’uniforme o no.

L’humus culturale e la diversificazione sono amplificatori del relazionale con se stessi e con l’altro … e non ostacolano le capacità delle finzioni (al contrario) e stimolano la creatività, anche se le esperienze di adesione e rifiuto sono vissute normalmente.

-Finzione, fantasia, realtà … quale conclusione?

Soggetto complesso, soggetto esistente, soggetto strutturato, soggetto tormentato dalle sue finzioni attive, dalle sue numerose fantasie e da questa realtà con cui deve scendere a patti …

Beh, sei tu, sono io, siamo noi!

Ovviamente, non siamo uguali quando si tratta della proporzione di questi tre ingredienti che possono influenzare, come in un procedimento alchemico, la creatività e l’inventiva.

Jules Verne, ad esempio, come è arrivato a pensare a quei mondi? Quale visione prospettica aveva già ai suoi tempi?

Era su una sponda diversa da quella di H.G Wells nella sua “La guerra dei mondi” …

E quanti, attraverso le loro finzioni, fantasie, purtroppo distaccati dalla realtà, sono arrivati a scrivere ad esempio Mein Kampf e altri orrori?

Siamo lontani dalle “finzioni” di Borges.

Ancora di più da altri personaggi di fantasia, come Jack Sparrow o Neo in The Matrix …

Visto che sono stati “oggetti”, i personaggi che hanno accompagnano il nostro sviluppo, cosa ci dicono di cosa noi vogliamo essere, di chi diventeranno i nostri nemici … o i nostri amici? …

Bene, avviciniamoci, per un momento a personaggi, due destini:

– “Joker” nel film pluripremiato, nella scena in cui si trucca davanti a uno specchio con la foto della madre defunta e le iniziali di Thomas Wayne, il padre di Batman … sulla  canzone “That’s life” …

– Obi-Wan Kenobi “La Forza, che dà al Cavaliere Jedi, il suo potere. È una sorta di fluido creato da ogni essere vivente, un’energia che ci circonda e ci penetra e che tiene unita la galassia. “

E due citazioni:

– Mark Twain: “La realtà va oltre la finzione, perché la finzione deve contenere il verosimile, ma non realtà. “

– Alain: “Il destino è la fantasia di un essere che conosce il futuro e che potrebbe annunciarlo.”

Meditiamo …

***

(Versione originale)

Entre la fiction et le fantasme : quelle réalité ?

Nous avons tous baigné dans un environnement peuplé d’images, de représentations diverses, réelles ou fantasmées, rassurantes ou effrayantes, de préjugés… Le tout cultivé par une éducation, des pensées, des dires, mais aussi les univers de nos lectures, films, comics, contes et légendes. Imaginaire ou réalité ? Fantasmes projetés par notre inconscient ou monde bien vivant ? La psychanalyse mais aussi la philosophie se sont intéressées de près à ces nombreuses questions afin que notre complexité psychique nous permette de vivre dans un monde le plus réel possible.

Pour les philosophes, la fiction est la construction de l’imagination grâce à laquelle on estime pouvoir résoudre un problème réel, métaphysique, ou psychologique, voire logique, ou encore moral.

Notre trouble est réellement celui de feindre d’imaginer, comme la racine latine fingere nous le rappelle. Plus précisément, l’être humain porte en lui cette capacité de concevoir des phénomènes de vie en les reliant à la rêverie, et donc à tout imaginer. Le meilleur comme le pire.

Car c’est qui est par exemple indispensable dans tout acte créatif littéraire ou artistique.

Mais aussi d’imaginer que le monde est peuplé de complots.

Cela nous renvoie bien évidemment à la pensée freudienne qui nous rappelle que les fantasmes sont des succédanés, des résidus et des dérivés de souvenirs refoulés qui vont être modifiés et déformés, car une censure s’opère dans notre psychisme afin de ne pas accéder à des souvenirs interdits ou insatisfaits. J’y reviendrai.

Fictions, fantasmes et réalités sont donc constitutifs de notre Moi. Tout le problème de la réalité est qu’elle repose sur le fait qu’est réel ce qui s’impose par les sens et surtout à l’esprit. Car la réalité, les fictions et les fantasmes d’un névrosé ne sont les mêmes qu’un psychotique, surtout dans sa structure la plus désorganisée : la schizophrénie.

Alors comment les relier de manière harmonique en nous car ils nous rattachent à la vie de tous les jours, et à notre capacité quant à nous adapter socialement, affectivement et professionnellement ?

Je suis un Autre !

Dans un précédent numéro de la Revue, nous avions déjà évoqué ce poème célèbre de Rimbaud et la théorie de Lacan qui nous renvoie aux premiers moments où l’enfant se perçoit dans le miroir, se reconnaît, permettant à son Moi de passer un cap de consolidation et d’uniformisation essentiel de qui il est. Même si comme l’écrivait Lacan « Je suis pensé, dit et nommé avant que d’être… ». Nous sommes déjà l’objet du fantasme de nos parents, puis leur fiction s’accompagnant de la famille s’imaginant notre devenir… nous y contraignant peut-être si nous ne redevenons pas propriétaire de notre fiction et de notre réalité. La clinique de l’enfant et de son développement ne cesse de nous le confirmer.

C’est bien l’épreuve du miroir, vers 9 mois, qui est déterminante dans la possibilité de construire un Moi névrotique, ou alors son empêchement, le menant vers une structuration psychotique, et sous certaines formes, à vivre des états de déréalisation et dépersonnalisation et vivre des fictions différentes.

Ce que je dis à un psychotique, il en fait sien et le raccroche à des pensées, objets, fantasmes cultivant une fiction, puis éventuellement une autre…

Contrairement au névrosé qui aura conscience de sa fiction, et s’autorisera ou non ses fantasmes.

Rappelons-nous Alice au pays des merveilles… et De l’autre côté du miroir.

Où est la réalité, dans quelles fictions Alice plonge t’elle ?

Car Lewis Caroll était le Révérend Dogson, qui, durant un trajet, raconta aux sœurs Liddell une histoire qu’il venait d’inventer.

Alice, un Lapin « en retard » qui évoluent dans le monde du bizarre, de l’étrange, du farfelus… D’une multitudes d’êtres bienveillants ou retors…

C’est finalement l’histoire de l’imaginaire nostalgique d’un adulte qui a le sentiment d’avoir été chassé de son enfance… l’histoire mélancolique d’un paradis perdu… de cette fiction dans lequel a baigné tout enfant et que des adultes savent encore entretenir s’ils parviennent à rester dans le présent et ne pas cultiver le passé, en se mentant à eux-mêmes dans une fiction psychique.

Une vie sans fiction ?

Justement, nous avons tous biberonné dans la fiction : le mensonge de nos parents qui, souhaitant nous protéger d’une réalité dure et parfois cruelle de la vie, nous « racontaient des histoires », et nous, enfants, lisant des contes de fées, attendions avec impatience le passage du Père Noël, des cloches de pâques, de la petite souris lorsqu’une dent tombait… dévorions des romans de la catégorie fictions.

Et sans oublier les bandes dessinées avec nos Tintin, Astérix, Blake et Mortimer… mais aussi les comics avec nos super héros tel Batman, Superman…

Puis la science-fiction (Star Wars) mais aussi les séries indémodables nous faisant plonger dans des univers laissant place à divers fantasmes, que ce soit Chapeau melon et bottes de cuir, mais aussi Le prisonnier, sans oublier Les Mystères de l’Ouest…

Chaque épisode nous plongeait dans des univers irréels, où se croisent certes le bon et le méchant, mais aussi des personnages improbables, vivant des histoires « extraordinaires »… plus fortes que les romans d’Edgar Allan Poe, car les images de la télévision, du cinéma nous emportait… au delà du miroir…

Et combien, mômes, nous jouions ces personnages ?

Qui n’a pas fantasmé devenir l’Homme qui valait 3 milliards ?… Alors que l’Intelligence artificielle, notamment avec l’exosquelette et les recherches en neurosciences, pourrait nous permettre de le devenir.

Alors quelles relations développons-nous depuis avec tous ceux peuplant nos fictions : les gentils, les méchants, les animaux héros (Rintintin, Beethoven, le Chat Potté…) ?

Quels stéréotypes peuvent-ils être véhiculés à travers ces fictions, et notre réalité (le discours des parents, l’école, les expériences de la vie… ?) et notre relation à l’autre, notre regard, nos a priori, notre adoption ou notre rejet ?

Sur qui de réels allons-nous projeter ces « fictifs » car nous avons tellement tendance à nous dire « tiens, il me fait penser à… », quand ce n’est pas un surnom.

Umberto Eco a écrit sur le thème des héros, et d’autres auteurs ont décrit à travers le cinéma américain, par exemple le fameux « Massacre à la tronçonneuse », comment via nos stéréotypes mais aussi le besoin de baigner dans une fiction, l’ordre des exécutés avait été pensé. Qui en premier ? L’handicapé ? La blonde ? Le black ?…

Sur une autre fibre émotionnelle, quels sont les animaux envers lesquels nous allons être les plus investis affectivement ?

Rappelons-nous le grand succès du dessin animé Ratatouille… En France le nombre d’achat de rats de compagnie explosa dans les mois qui suivirent.

Et quid des jeux vidéo qui mêlent fiction, réalité, fantasme d’être James Bond (personnage qui condense le plus de fictions et de fantasmes… et d’expressions d’identités, d’être… à travers les interprétations), ou militaire, Lara Croft également… et laisser exprimer tous ses désirs dans une monde virtuel mais de plus en plus réel dans sa réalisation ?

Fantasme et réalité.

Une question intéressante repose sur l’influence du fantasme et la fiction sur celle ou celui que nous allons devenir et avec lequel nous devons interagir : nous et l’autre.

Peut-être le « curseur » est-il celui de la réalité à laquelle nous sommes confrontés.

Lacan a écrit un article sur le sujet, précisant « La psychanalyse, c’est la réalité psychique, c’est la réalité du sujet divisé. Il n’y en a pas d’autre. Pas de révélation d’un au-delà de la réalité qui ne soit de fantasme. La psychanalyse, c’est la réalité du sujet aliéné par son fantasme. »

Freud avait déjà écrit : « Il est à mon avis possible que tout ce qui nous est raconté au cours de l’analyse à titre de fantasmes, à savoir le détournement d’enfants, l’excitation sexuelle à la vue des rapports sexuels des parents, la menace de castration…, il est possible que toutes ces inventions aient été jadis, aux phases primitives de la famille humaine, des réalités, et qu’en donnant libre cours à son imagination, l’enfant comble seulement, à l’aide de la vérité préhistorique, les lacunes de la vérité individuelle. » C’est bien évidemment un texte très viennois.

Mais c’est à cet instant que Freud va écrire son célèbre Totem et Tabou et décrire le fantasme sur autre chose que l’événement vécu, sur un réel mythique qui dépasse l’histoire vraie.

Frankenstein n’était-il pas un Prométhée contemporain ?

Quand Freud décrit l’Homme aux loups, l’Homme aux rats, en dehors les analyses théoriques, il évoque les fictions, les fantasmes de ses jeunes patients rongés par des mécanismes de défense les protégeant d’une réalité insoutenable.

Aussi, nous sommes nous confrontés à nos propres démons face à la réalité de notre, dans la rencontre avec nous-même et l’autre qui nous renvoie, à travers son regard, à l’épreuve du miroir.

Nous risquons alors de fantasmer l’irréel, d’écrire le scénario d’une fiction.

Le névrosé parviendra plus ou moins à gérer ce conflit intérieur.

Le psychotique pourra en revanche, à travers son univers fictionnel, fantasmer le pire et passer à l’acte en attaquant et tuant, violant, celle ou celui sur lequel il n’aura pas pu s’empêcher de penser ceci ou cela.

Il ne s’agit pas ici de décrire ce qu’est la psychose et notamment deux de ses formes qui sont la paranoïa et la schizophrénie.

L’alliance des 3 : l’union créatrice ?

Depuis sa tendre enfance l’enfant vit dans ce que l’on nomme son imaginaire mais… il se nourrit avant tout par une fiction enrichissante et créatrice.

L’enfant imite, l’enfant simule, l’enfant rejoue… pour en créer un objet de pensée, pour se figurer et… pour inventer.

Car son univers fantasmatique l’amène à faire de sa fiction un réel.

Ses fictions peuplées d’inconnus, de monstres, de guides… le mènent à construire un monde auquel il doit s’adapter.

Il va donc progresser à travers des univers le confrontant à sa réalité, à ce qu’il est, lui permettant de mieux cerner qui il n’est pas et grandir dans un désir de devenir…

Et s’il est un univers qui mêle fictions, fantasmes et réalité… c’est avant tout l’école.

Bien évidemment la famille est le berceau de l’équilibre et de la structuration… mais beaucoup d’études montrent les différences du champ de la fiction et du champ relationnel si un enfant est unique ou pas, la façon dont il s’intègre et s’adapte à cet univers nouveau qu’est l’école. De la même façon si les enfants portent ou non un uniforme.

Le bain culturel et la diversification sont un amplificateur du relationnel avec soi-même et avec l’autre… et n’empêche aucunement les capacités de fictions (au contraire) et stimule la créativité, même si les expériences d’adhésion et de rejets se vivent normalement.

Fiction, fantasme, réalité… quelle conclusion ?

Sujet complexe, sujet existant, sujet structuré, sujet tourmenté par ses fictions actives, ses fantasmes nombreux et cette réalité avec laquelle il fait composer…

Et bien c’est vous, c’est moi, c’est nous !

Bien évidemment, nous ne sommes pas égaux face à la proportion de ces trois ingrédients qui peuvent influencer, tel un processus alchimique à une créativité une inventivité.

Quand nous repensons à Jules Verne… Mais comment en est-il parvenu à penser ce monde ? Quelle vision prospective avait-il déjà à son époque ?

Il était sur une autre rive que H.G Wells et « La guerre des mondes »…

Et combien à travers leurs fictions, fantasmes mais hélas détachés de la réalité en sont arrivés à écrire par exemple Mein Kampf et d’autres horreurs ?

Nous sommes loin de « Fictions » de Borges.

Encore plus des personnages de fiction, comme Jack Sparrow ou Neo dans Matrix…

Puisqu’ils ont été des « objets », des personnages accompagnant notre développement, que nous disent-ils de ce que nous voulons être, de ceux qui vont devenir nos ennemis… ou nos amis ?…

Et bien côtoyons un instant deux personnages, deux destins :

– « Joker » dans le film si récompensé, avec cette scène où il se maquille devant un miroir où repose la photo de sa mère décédée et les initiales de Thomas Wayne, le père de Batman… sur la chanson « That’s life »…

– Obi-Wan Kenobi « La Force, qui donne au Chevalier Jedi son pouvoir. C’est une sorte de fluide créé par tout être vivant, une énergie qui entoure et nous pénètre, et qui maintient la galaxie en un tout unique. »

Et deux citations :

– Mark Twain : « La réalité dépasse la fiction, car la fiction doit contenir la vraisemblance, mais non pas de la réalité. »

– Alain : « Le destin est la fiction d’un être qui sait l’avenir et qui pourrait l’annoncer. »

Méditons…

 

 

 

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