EXAGERE RIVISTA - Luglio - Agosto - Settembre 2024, n. 7-8-9 anno IX - ISSN 2531-7334

Ti amo perché non ti possiedo

di Claudio Fratesi

Definire il sentimento dell’amore è  sempre una questione molto complicata. 

Un sentimento che unisce le persone, che ci rende uguali l’uno con l’altra.

Un sentimento meraviglioso che è mutevole negli effetti che procura : di estasi quando siamo ricambiati e di morte quando siamo rifiutati.
Probabilmente  è il sentimento che maggiormente ci fa sentire vivi e, ahimè, morti dentro quando abbiamo la chiara sensazione di non esistere più nella testa e nel cuore della persona amata.

 “Io per la mia ex moglie sono morto”, mi ha detto piangendo un uomo separato di 42 anni.
Un sentimento divino quando lo sperimentiamo come recita il poeta Maurizio Bollato: “ti amo quando mangi dal mio piatto”. 

Un sentimento terribile quando soffriamo, come sottolinea Stephen King: “l’amore è il più antico degli assassini, è un cannibale dalla vista molto acuta”.
Eppure, ammesso che sia possibile, proviamo una profonda tristezza per quelle persone che affermano di non sapere cosa significhi innamorarsi.
Probabilmente è per la sua complessità che  l’amore riesce a contenere gli opposti, istanze contraddittorie: “voglio il tuo bene ”e “devi essere mia”. Sono i Paradossi nell’amore.
Quando ci innamoriamo accade qualcosa di straordinario, usciamo da noi stessi, emigriamo in un territorio nuovo, una terra di mezzo direbbe Tolkien, dove nasce un sistema vitale nuovo: io e te.
Un’appartenenza che da subito diventa vitale, imprescindibile.
La maniera di innamorarci e di costruire appartenenze dipende dalla storia personale e soprattutto dalla storia familiare : C’è stato un buon livello di appartenenza? Sono riusciti a costruire un buon percorso per un sano svincolo? C’è stato un grado sufficiente di comunicazione affettiva?

Sono queste alcune delle questioni importanti che entrano in gioco nella  costruzione dell’amore.
La storia della persona e della famiglia è importantissima e dal mio punto di vista  non sono in accordo con le conclusioni dello psichiatra tedesco Jaspers :“ci sono due tipi di persone affette da gelosia patologica, quelle che intorno ai 40 anni, come una martellata, esplodono in un delirio di gelosia e quelle invece che hanno sempre mostrato tratti di gelosia e appare il delirio dopo un’evoluzione lenta”.

 Le storie cliniche non confermano la “martellata” ma è  la storia  che condiziona  in maniera rilevante  le vicende affettive.
“Mi innamoro di te” e diventi significativa nel mio presente ,  passato e  futuro, tutto in pochissimo tempo.
È la mia intera persona che resta coinvolta in questa relazione nuova che è già fuori dal tempo.
Innamorarsi non è bello e nemmeno brutto, innamorarsi è necessario.

 Siamo, per dirla con le parole di Nietzsche esseri malati :“la salute in sé non esiste, l’uomo è un essere malato a causa della sua stessa incompiutezza e irrisolutezza”. L’amore risolve, almeno in parte, la malattia congenita dell’uomo intravista da Nietzsche?

Se guardiamo gli occhi degli innamorati la risposta è Sì.


È altresì  necessario fare una distinzione tra innamoramento e amore, Alberoni nel suo famoso saggio, Canevaro che distingue l’amore romantico da quello co-terapeutico. L’innamoramento accende i fuochi, fa esplodere le emozioni e crea quella spinta fusionale che  nel tempo lascia il passo al sentimento più solido e anche più razionale che è il vero amore.
L’innamoramento secondo Platone è il vento che viene da chissà dove e spinge a piena forza le vele mentre l’amore è il remare insieme alla persona amata aiutati dal vento.

Mi permetto una digressione sul tema del piacere: Epicuro sosteneva di non poter disgiungere il piacere dal corpo “senza i piaceri del corpo non so cosa farmene del piacere”, senza il corpo, pertanto, il piacere diventa serenità, estasi e gioia.
Il dolore è più potente del piacere perché è poliedrico, il dolore può provenire  dal corpo ma può essere  terribile anche nella forma immateriale : dolore morale, rimorso, lutto… 

E nei dolori causati dagli amori infranti l’intensità può essere insopportabile e  far impazzire.
La storia personale è al centro delle questioni, quando la personalità è poco solida  il “terremoto” dell’innamoramento può essere devastante, molte malattie mentali esordiscono in questi frangenti. 

In altri  casi la relazione amorosa diventa relazione dipendente, la persona amata diventa il sostegno imprescindibile, a volte la riscossa sociale, altre l’unica fonte di affermazione personale.
In questi casi diventa vitale il controllo e il possesso della persona amata che in tal modo cessa di essere persona e si trasforma in oggetto.  “Ti amo perché sei mia, ti possiedo”. Quando in realtà é vero il contrario “ti amo perché non ti possiedo”. “Se mi ami, non amarmi” scriveva Mony Elkaim. Il mito del possesso nella relazione d’amore è foriero di sventure e di delitti.
La persona amata diventa odiata, temuta, disprezzata e nello stesso tempo ritenuta indispensabile per la sopravvivenza.

 E la gelosia, da  sana paura di essere sostituiti diventa un demone e la caratteristica del demone è possedere la vittima, toglierle la volontà, trascinarla nella perdizione. A nulla valgono le rassicurazioni della vittima, niente ostacola la fame atavica del demone e in molti casi si struttura un vero delirio paranoide.

Daniele e Daniela.
Daniele ha 40 anni, proviene da una famiglia disorganizzata e sorda rispetto ai suoi bisogni soprattutto di quando era bambino. Padre da sempre assente per motivi di lavoro, continui tradimenti ai danni della moglie, guerra calda e poi fredda tra i genitori.
Quando Daniele aveva 15 anni il padre muore ed è per tutti una vera  liberazione, finalmente la madre può tranquillizzarsi , ma per 15 anni ha trasmesso al figlio un forte attaccamento ansioso, idee molto negative sul padre , sul rapporto di coppia in genere e una grande diffidenza verso il mondo sociale.
La madre di Daniele è stata una donna tradita ed anche derisa, una donna che non ha saputo prendere in mano la propria vita e che si è rifugiata tra le sue ansie e paure.
Daniele è problematico e già nell’adolescenza più volte finisce in commissariato coinvolto in piccole risse.

 Si avvicina alla droga e la madre non ha alcuna autorevolezza e men che meno autorità su di lui. 

Tre eventi segnano in maniera decisiva la vita di Daniele: 1) è tradito dagli amici e finisce in prigione per pochi giorni per detenzione di hashish; 2)è  denunciato dalla propria madre e finisce in comunità per due anni; 3)  viene  abbandonato dalla sua prima fidanzata e si trova coperto di ingiurie e accuse da parte della stessa che lo umiliano e lo dipingono come un ragazzo irresponsabile e bugiardo.

Daniele all’età di 34 anni si trova di nuovo solo ed è costretto a lavorare nell’attività alberghiera del nuovo compagno della madre.
Daniela ha 37 anni, proviene da una famiglia dominata dalla depressione bipolare della madre.
Il padre è un uomo sottomesso ai sintomi e al destino della moglie, non riesce a mitigare le ondate depressive della donna che spesso degenerano in mera aggressività.
Famiglia iper cattolica che non concepisce la separazione e condanna aspramente ogni tipo di adulterio. Tutte le energie sono spese all’interno del nucleo familiare e Daniela, insieme alla sorella minore Miriam, sono quelle che ne subiscono maggiormente le conseguenze. La madre spesso piange, è sempre negativa, a volte aggressiva e Daniela fa da scudo alla sorella minore Miriam.
Verso i 22 anni Daniela, alla prima occasione apparentemente valida, si fidanza e dopo un anno si sposa. 

Porta in casa con sé la sorella adolescente.
L’uomo che Daniela ha sposato non si mostra all’altezza delle aspettative sperate. È irascibile, alza le mani su Daniela, la costringe ad essere obbediente.

Le rare manifestazioni di affetto si traducono nel solo desiderio carnale, per il resto non c’è tenerezza e non c’è speranza di miglioramento del rapporto. Daniela è sempre più sicura che il suo matrimonio è un bluff ma non riesce a separarsi.

Sarà il marito a conoscere un’altra donna e a cacciare di casa Daniela.

Daniela a 28 anni si trova di nuovo sola, la sorella studia all’università, non torna a vivere con i suoi genitori e va ad abitare in un monolocale arredato. 
Daniele 36 anni e Daniela 33 si incontrano ad una festa di compleanno di amici comuni.

 Sono giovani e belli, si innamorano e in poco tempo iniziano la loro storia riparatrice.
Provengono entrambi da storie abbandoni che, tradito lui e maltrattata lei, cercano un rifugio sicuro nel loro rapporto e nel loro sentimento.

 Ma è difficile credere di essere amati dopo aver vissuto storie così complesse. Infatti tutto va abbastanza bene finché Daniela non resta incinta e nasce Davide.
Diventare genitori innesca demoni sepolti, Daniele diventa sospettoso e Daniela risponde come ha sempre fatto: sacrificandosi e assecondando l’uomo che le sta accanto.
Daniele peggiora, controlla la biancheria intima di Daniela, si fa assalire dal demone e diventa paranoico con tratti deliranti che cerca di controllare.

 Si  arroga il diritto di controllare in tutto e per tutto la vita della compagna e  ogni volta che vuole  chiede il resoconto dettagliato di cosa lei stia facendo.

Quando lo ritiene necessario infila la sua mano nelle mutandine di Daniela per controllare lo stato dell’igiene intima e trarne le sue conclusioni in merito.

Daniela non esiste più come persona, è diventata un oggetto, una bambola nelle mani di Daniele.
La sofferenza è molto elevata, spesso di notte Daniele si sveglia in  lacrime perché è convinto che tutti i suoi amici sappiano che Daniela lo tradisce. A niente valgono le rassicurazioni, i pianti disperati di Daniela, a niente vale il controllo totale che lei gli  concede  tramite il cellulare e il gps.

Con grande sforzo da parte della madre di Daniele e di alcuni amici fidati riescono a convincerlo ad iniziare una cura farmacologica e psicoterapeutica. L’evoluzione è tutt’ora in corso.  

Spunti di analisi.

L’analisi di un caso così complesso non può esaurirsi in poche righe ma tenterò di tracciare le linee fondamentali.

 A livello individuale Daniele è una persona molto insicura e con forti tratti narcisistici di personalità: è tutto grande quello che gli succede, il dolore che prova così come il tradimento che, secondo lui, è sulla bocca di tutti.
Daniele non crede di essere amabile e non si ama.

 Narcisisticamente cerca nell’amore di Daniela la strada per amare sé stesso, “aiutami a piacermi, aiutami ad amarmi”. Ma se scoprisse di essere amato crollerebbe l’idea radicata che  si è costruito di sé stesso.
Tra le cose più resistenti che ci sono nella vita, c’è l’idea che ci siamo fatti di noi stessi .

Si tratta di un’idea che continuiamo a confermare anche se dolorosa.

Confermata anche dalle persone con le quali abbiamo relazioni di vicinanza.
Daniele si è condannato a cercare l’amore e a non trovarlo, e il dubbio è per lui l’unica soluzione.
Daniele non vuole rassicurazioni, non vuole certezze perché ha bisogno del dubbio. Quest’ultimo gli garantisce l’equilibrio tra la possibilità di essere amato e il terrore di non poterlo essere.
Quando diventa genitore il fragile equilibrio si sfalda: Daniele ha bisogno di una sicurezza interiore che non può avere perché ha avuto genitori incapaci di costruire una sana appartenenza. Probabilmente l’amore di Daniela per Davide è stato sufficiente ad accendere la miccia che farà esplodere il demone. Controllo e gelosia folle.


Daniela a livello individuale ha costruito un’immagine di sé stessa di donna martire che si sacrifica in nome della famiglia. Ha fatto da madre alla sorella Miriam, ha contenuto la madre nella depressione e nell’aggressività ed ha sostituito il padre in gran parte delle mansioni che erano proprie del ruolo paterno.
Una donna abituata a dare molto di più rispetto a quanto riceve, una donna che non si aspetta amore e felicità, ma fatica e sacrificio.

Si riconosce in questi valori e non è in grado di trasgredire ad essi.

A livello sistemico l’analisi diventa più articolata: si tratta di una mutua dipendenza in una relazione complementare e rigida. La mutua dipendenza è lampante, per complementare e rigida si intende una relazione dove il potere è saldamente sbilanciato da una sola parte, un potere inamovibile.
L’appartenenza che ha conosciuto Daniele è fatta di contrapposizioni e tradimenti.
L’appartenenza che ha conosciuto Daniela è fatta di ingiustizie e non riconoscimenti per gli sforzi che fa.
Entrambi risultano ancora non svincolati dalle proprie famiglie di origine: Daniele lavora con la mamma e Daniela è ancora molto condizionata dai problemi dei suoi genitori e impegnata per la  crescita della sorella.

È possibile fare un salto evolutivo rispetto alle nostre famiglie di origine, ma l’entità del salto dipende da una miriade di fattori, in primis la capacità di essere svincolati e autonomi.
Il salto evolutivo che hanno fatto Daniele e Daniela è molto parziale: appena diventati genitori e quindi, appena hanno sentito materialmente che avevano costruito un’altra famiglia, sono andati in crisi perché gli antichi legami con la famiglia di origine non erano stati elaborati e superati.

Citando ancora una volta il filosofo Nietzsche: “è l’eterno ritorno che condanna l’uomo a rivivere sempre la medesima vita”. 

Si sono riattivati i demoni di abbandono e tradimento di lui e di annientamento e sacrificio di lei. Il delirio di gelosia seppur nella sofferenza e nell’ insita pericolosità, rappresenta una misera consolazione ai loro vuoti esistenziali .
Daniele può continuare a cercare l’amore con la paura enorme di non trovarlo e se così fosse non sarebbe colpa sua, ma della cattiveria della donna che gli sta accanto.
Daniela continuerà a sentirsi una donna   pura che lotta contro l’ingiustizia per il bene di tutti. (Forse tratti narcisistici sono presenti anche in lei).
“Se non credo di essere amato, avrò almeno la certezza che questa donna sopporta pesi enormi per stare con me”.
“Non essere riconosciuta per tutto quello che faccio e per il sacrificio al quale mi immolo significa essere puri e amare veramente”.
La danza dolorosa continua e se non ci sarà un’evoluzione concreta positiva, possiamo già facilmente immaginare chi ne subirà le maggiori conseguenze. 


Bibliografia di riferimento                                                                                

Bertrando P. “Nodi Familiari” Feltrinelli 1997

Elkaim M. “Se mi ami non amarmi” Boringhieri 2002

Fratesi C. Saracino C. “Paradossi d’amore” Bookabook 2022

Jaspers K. “Delirio di Gelosia” Raffaello Cortina 2015

Loriedo C., Picardi A.” Dalla teoria generale dei sistemi alla teoria dell’attaccamento” Franco Angeli, Milano 2000

Minuchin S. “Famiglie e terapia della famiglia” Astrolabio 1974

Sammarro M. “Vittima d’Amore”  Franco Angeli 2011 

Watzlawick P. Beavin J. Jackson D. “Pragmatica della comunicazione umana” Astrolabio 1967

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