EXAGERE RIVISTA - Gennaio-Febbraio 2025, n. 1-2 anno X - ISSN 2531-7334

Un momento tutto per me. I giovani, la notte, l’intimità.

di Federica Biolzi

Premessa

Cosa fanno i giovani? Come ripartiscono il proprio tempo, soprattutto quello notturno? Sono domande sulle quali, negli ultimi anni, ci si è spesso interrogati, cercando di comprenderne esigenze e motivazioni. Domande legittime, evidentemente, ma dalle quali risalta una prospettiva esterna e, per alcuni versi, inquisitoria.

Un approccio che rischia, infine, di deludere e di illudere, Il considerare se generazioni che ci seguono, come quelle che ci hanno precedute in una sorta di spazio oscuro e poco comprensibile, ci pone di fronte ad una complessa difficoltà concettuale ed operativa.

Il concetto di generazione (dal latino generatio-onis), l’atto del generare, il processo per cui esseri viventi riproducono  esseri viventi della stessa specie (così nel sito online dell’enciclopedia Treccani),  rischia, se così utilizzato, di porsi come limite alla comprensione dei fenomeni sociali. Vi è una tendenza all’etichettamento delle differenti generazioni (pensiamo a quella, ad esempio di generazione X o Z o di altre lettere dell’alfabeto, o di vocaboli ad essa associati come generazione nintendo, generazione rap, generazione boh, generazione post,)  inducendo partizioni non sempre reali e che precludono percorsi, egualmente validi, che ne facciano risaltare la reale continuità e l’assenza di soluzione di continuità.

Occorrerebbe, quindi, in premessa, tener conto delle difficoltà insite in qualsiasi approccio generazionale tout court che rischia di esporci a semplificazioni, separazioni ovvero che ci permette di giustificare o condannare comportamenti e tendenze di periodi temporali diversi.

Con queste brevi precisazioni, volendo affrontare un tema come il tempo notturno in una particolare fascia della popolazione, ci è sembrato consequenziale evitare di partire con ipotesi preformate e affidarci a strumenti metodologici progressivi, che ci consentissero di affinare la definizione del campo di ricerca, procedendo alla verifica di alcuni comportamenti attribuibili ad una particolare età.

Il gruppo dinterpello

Si è scelto pertanto di procedere alla definizione di una prima tappa conoscitiva coinvolgendo un gruppo d’interpello e si è provveduto alla somministrazione, a quest’ultimo, di un questionario di prova avente il solo scopo di comprendere il posizionamento e la direzione di eventuali ipotesi sul tema del tempo notturno. Questa fase propedeutica della ricerca sarà l’oggetto di questo breve contributo.

Il gruppo in questione è risultato composto da 10 soggetti di età variabile tra i 18 e i 35 anni scelti in modo casuale: 7 donne (dai 18 ai 35 anni) e 3 uomini (dai 18 ai 24 anni). La scelta casuale dei soggetti ha comportato, involontariamente, una netta presenza del genere femminile anche relativamente alle età rappresentate.

Il lavoro è stato condotto nei mesi da aprile a maggio del 2024? .

Il questionario, composto da 24 items, è stato distinto in quattro parti:

1- notte/giorno (4 items)

2 – buio/luce (2 items)

3 – veglia/sonno/sogno (8 items)

4 – attività nell’arco delle 24 ore (9 items)

Si è teso, come si può notare leggendo la suddivisione adottata, a privilegiare una ripartizione dicotomica del trascorrere del tempo nell’intento di raccogliere indicazioni circa la definizione di orari (notturni e diurni) e quanto questa definizione corrisponda alle ore di luce e di buio.

In seguito si è cercato di comprendere quali attività fossero ad essi associate.

L’eseguita del gruppo di interpello non ha consentito, evidentemente, di trarre alcuna indicazione in termini statistici, che potrà avvenire, qualora si decida di propendere per ulteriori step quantitativi di sviluppo delle ipotesi.

L’utilizzo di un gruppo molto ridotto, è bene precisare ancora, ha voluto solamente sostenere ed eventualmente indirizzare la ricerca nelle fasi d’impostazione evitando, per quanto possibile, il ricorso a ipotesi precostituite.

Nel merito, occorre ammettere che, almeno nel gruppo da noi coinvolto, l’individuazione degli orari associati e delle attività eseguite durante il giorno e la notte non appaiono molto dissimili dalla concezione classica standard. Per quanto riguarda le attività notturne, invece, le ore dedicate al sonno appaiono, anche in considerazione della giovane età, alquanto esigue, 5 o 6 per notte, a volte con necessità d’integrarle con un breve sonnellino pomeridiano. Altro aspetto rilevante dalla generalità degli intervistati, l’assenza del numero di ore di sonno adeguate o comunque non sufficienti  rispetto alle ore della giornata trascorse in attività varie (studio, lavoro e sport).

Si preferiscono svolgere, durante le ore notturne (spesso associate al buio), una serie di attività definite rilassanti, che variano dal guardare un film, leggere, disegnare. Nessuna menzione viene fatta ad un ipotetico tempo passato sui social.

La notte viene vista come un momento generalmente positivo, quando non abitata da paure e ansie. Normalmente appare lunga e vissuta da soli, riservando alla socialità altri momenti.

Significativa, infine è apparsa la risposta data alla domanda: secondo te, cosa fanno gli altri mentre tu dormi? Nella quasi totalità la risposta è stata: dormono.

Occorre dire, per una corretta valutazione, che quasi tutti i componenti del gruppo di interpello hanno dichiarato di avere come occupazione lo studio, spesso intervallato con un lavoro.

La ricerca di un momento tutto per sé

Da un’analisi complessiva, anche in termini metodologici per un eventuale proseguimento della ricerca, emerge quanto segue:

– sarebbe preferibile affidarsi anche a più gruppi d’interpello ridotti ma omogenei al loro interno differenziando, i gruppi in questione, per occupazione e interessi. Si otterrebbe in questo modo anche la possibilità di una rapida differenziazione in termini di comparazione sistematica.

– sarebbe utile privilegiare studi settoriali e molto probabilmente affidarsi a interviste più strutturate e maggiormente approfondite a seguito di un primo screening.  Si presume infatti che nei giovani sia più frequente una differenziazione rispetto alle attività di quanto possa accadere negli adulti. O in ogni caso, queste differenti attività non corrispondono a quelle presenti in altre classi di età.

Riprendendo l’annotazione iniziale  il concetto di generazione mostra, anche in questo caso, tutti i limiti noti legati all’ affidarsi a generalizzazioni. Similmente accadrebbe anche nel caso di un’arbitraria definizione di classi di età.  Estremamente semplificativi, tali costrutti appaiono inadatti ad una effettiva comprensione di fenomeni che sono nella lealtà parcellizzati e articolati. A questi andrebbero, almeno in questa fase della ricerca, preferiti specifici focus di approfondimento.

Occorre infine segnalare l’estrema utilità della separazione del concetto di notte, dalle ore di buio e dalle attività che vi si compiono. Portando i soggetti intervistati a far emergere, al di là della classica equazione notte = buio-sonno-sogno, una dimensione notturna dilatata e meno rigida altrettanto significativa: uno spazio di intimità esclusivo e riservato a se stessi, un tempo, questo, che appare insufficiente, ma necessario ed in qualche modo estremamente ricercato.

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