di Gianfranco Brevetto
Simonetta Tassinari, insegna filosofia al liceo e si occupa di psicologia relazionale e psicologia dell’età evolutiva. Autrice di numerose pubblicazioni, il suo ultimo libro ha il sapore di una vera provocazione intellettuale: esiste un filosofo in ognuno di noi? Lo abbiamo chiesto direttamente a lei e la ringraziamo per il prezioso contributo.
–Professoressa Tassinari, il suo è un libro decisamente interessante anche perché ci riempie di speranze , e in particolare una: quella di venire a patti con la filosofia. In effetti per chi l’ha studiata al liceo o ha dovuto seguire i figli in questa impresa, le cose non sono sembrate facili: perché?
– Generalmente nelle nostre scuole si tende a insegnare la storia della filosofia, ovvero la storia dell’evolversi del pensiero, delle sue fasi, delle sue correnti, e, nel contempo, si cerca di fornire ai ragazzi un linguaggio specifico che viene considerato-peraltro giustamente- indispensabile. “Trascendentale”, per esempio, è un termine specifico che non può essere sostituito da nessun altro, ma soltanto spiegato. Tuttavia le due cose insieme, la complessità del divenire del pensiero astratto, e il modo tecnico attraverso il quale è stato espresso, possono risultare estremamente scoraggianti, specie se questa “massa critica” non è stata compresa a fondo. La conseguenza, spesso, è un imparare a memoria che non lascia traccia, o addirittura lascia un senso di fastidio e di pesantezza. Anche per questo motivo, come è stato notato, la filosofia esercita una grande attrazione più sulle persone che non hanno avuto l’occasione di studiarla che non sugli ex- liceali che l’hanno incontrata (sovente subita.) Si potrebbe perfino affermare che proprio le persone che non l’hanno mai studiata a scuola intuiscano con esattezza la natura della filosofia così com’ è nata: come l’ascolto di un bisogno spirituale. Sarebbe praticabile -e realizzabile -nelle nostre scuole un tipo di insegnamento della filosofia meno sistematico e mnemonico, meno accademico, che susciti un maggiore entusiasmo coinvolgendo di più i ragazzi (e le famiglie…), senza, però, trasformarla in qualcosa d’altro ? Forse sì, e, del resto, molti libri di testo vanno attualmente in questa direzione, proponendo esercizi e laboratori di filosofia “pratica”. Qualche resistenza da parte dei prof di filosofia innegabilmente c’è; occorrerebbe trovare una giusta misura tra la propria formazione (e le proprie abitudini), che trascinano talora solo verso le correnti e i concetti, e la necessità che lo studio della filosofia, direbbe Platone, ci costringa, per essere davvero efficace, a “uscir fuori dalla caverna”.
– Citando una frase di Nagel, che ci ricorda che il materiale filosofico grezzo fa parte del nostro quotidiano, lei consiglia di adottare un contapassi filosofico. Può spiegarci meglio questo prezioso strumento?
– È un contapassi che abbiamo incorporato e che si muove assieme a noi; si tratta solo di consultarlo e di tenerlo d’occhio, un piccolo esercizio alla portata di tutti. Ogni volta che affrontiamo il solito percorso quotidiano-nel senso di gesti, scelte che escludono o includono, decisioni che prendiamo o non prendiamo, risposte e domande che poniamo e riceviamo- stampiamo qualche “passo filosofico”.Se ci sentiamo scontenti o insoddisfatti, evidentemente i nostri passi filosofici sono insufficienti o come minimo poco efficaci, come potrebbe esserlo un passo troppo lento e fiacco in una normale camminata, quello che non ci fa bruciare i grassi né ci sollecita la circolazione. Per migliorare le nostre “prestazioni” si potrebbe, la sera, compiere un esame della giornata trascorsa cercando di quantificare, per così dire, il peso che una giusta riflessione e la consapevolezza di quel che facciamo hanno nella nostra vita, cercando di avvicinarci gradualmente al livello più adatto alla nostra personalità e ai nostri bisogni, e senza smettere mai di farlo.
– Ma poi, a cosa serve esattamente la filosofia? E perché ci è utile?
– La filosofia è l’esercizio del pensiero razionale e del pensiero critico, in sostanza è una specie di manutenzione continua delle nostre facoltà distintive e connotative, e non soltanto lo studio dei risultati ai quali sono giunti- o giungono, nel presente- i “pensatori di professione” che sono i filosofi. Rappresenta uno dei metodi migliori per cercare le risposte agli interrogativi che l’uomo, “l’animale che domanda”, come scrive Savater, non può non porsi, interrogativi che possono riguardare questioni astratte- ma non meno importanti per noi- come l’esistenza di Dio, di un’anima immortale e di un senso nel mondo- e questioni più concrete come, ad esempio, i rapporti affettivi, lavorativi e sociali. Inoltre, poiché è sempre il pensiero a muovere l’azione, la filosofia è una guida alla “ragion pratica” e alla scelta; ci insegna a cambiare, a trasformarci, a non subire passivamente gli eventi, a comprenderli e ad adattarci se non possiamo mutarli a nostro favore. Del resto, quando si parla (nel linguaggio comune, naturalmente, non in psicologia) di “razionalizzazione”, si intende un tipo di atteggiamento più confacente all’occasione, e in genere migliorativo di uno stato precedente.
-Come ci può aiutare nei problemi personali quotidiani?
– La filosofia non ci regala ricette valide universalmente per la risoluzione dei problemi personali, benché ce ne suggerisca moltissime-e validissime- frutto della riflessione e dell’esperienza dei pensatori. Tuttavia, il suo segreto è quello di potenziare chi vi si addentra e la sperimenta su di sé, è quello di agire sul soggetto della vita quotidiana, facendolo progredire, e, di conseguenza, aiutandolo. Chi argomenta in modo coerente e lucido, chi è più sicuro di sé, chi ha le idee chiare e solide, è più forte e non si lascerà facilmente trascinare e travolgere. Insomma, la filosofia ci sussurra: se diventerai una roccia, nessun vento ti scalfirà.
– Facendo così, non si rischia di confonderla con altri ambiti, come ad esempio quello psicologico?
– Filosofia e psicologia sono scienze umane decisamente affini, ma la “madre” è comunque la filosofia, dalla quale la psicologia è sorta; anche per questo i loro confini, talvolta, sono abbastanza labili. Freud e Jung, ad esempio, conoscevano assai bene la filosofia, e anzi ne colsero e ne adattarono parecchi spunti. Per quanto attiene alle loro differenze ( senza dimenticare, per l’appunto, i continui scambi), direi che, allo stesso modo del loro rispettivo insorgere, a ben guardare la filosofia si riserva il prima dell’azione e del comportamento, la psicologia, invece il dopo. Insomma: paradossalmente lo psicologo interviene là dove il filosofo ha fallito!
– Ammettiamo che io volessi, ora, diventare un filosofo. Cosa dovrei fare in concreto?
– Dipende da quel che si intende per “filosofo”! Per diventare un “prof di filosofia” bisogna ovviamente seguire il relativo cursus universitario e post- universitario; per essere dei “filosofi”(e non dei semplici in studiosi e commentatori dei filosofi) bisognerebbe esprimere una posizione personale e originale. Tuttavia, parlando invece della filosofia che è già in noi come disposizione naturale, in attesa di essere risvegliata per rafforzare la propria personalità, diventare più flessibili, affrontare con più ragionevolezza i problemi, alla ricerca di un benessere generale, bé..la mia intenzione, scrivendo “Il filosofo che c’è in te”, era esattamente questa, mostrare una delle tante strade possibili per risvegliare la potenza che sonnecchia in noi…
– Quali sono, quindi, le questioni centrali sulle quali dovrei interrogare e interrogarmi?
– La centralità di una questione dipende dal carattere, dagli interessi, dalla propensione dell’interrogante. Chi si sente più “spiritualista”- una parte de “Il filosofo che c’è in te” è riservata alla definizione di un profilo di partenza- non potrà evitare i temi metafisici. Al contrario, un materialista preferirà concentrarsi su tematiche politiche, o scientifiche, e guardare alla metafisica, magari, come a una illusione (Freud) o a una menzogna (Nietzsche). Come scrive Fichte, la filosofia dipende da quel che si è come uomo. Anche quella “fai-da-te”!
– È evidente che già il titolo del suo libro, il filosofo che c’è in te, lei pone un problema che non appartiene solo alla filosofia: alcuni tipi di conoscenza ( e mi riferisco alla filosofia, alla psicologia o anche alla sociologia) sono, o meno, solo di pertinenza di specialisti? Diciamo anche che alcuni filosofi delle origini ci tenevano molto a stabilire un chiaro (e a volte duro) percorso che portava alla conoscenza, alla sapienza. Quando e perché c’è stata la rottura?
– La filosofia è nata come attività “aristocratica” riservata a pochi (Eraclito, Pitagora, Parmenide), ma in seguito si è “democratizzata”, ad esempio con i Sofisti. Anche successivamente gli atteggiamenti dei filosofi sono discordanti, dunque non è agevole indicare il punto esatto che segna la rottura tra una filosofia per pochi, per molti o, addirittura, alla portata di tutti. Va considerato comunque che un livello- base esiste in ogni attività. Non tutti scriviamo poemi, ma tutti sappiamo leggere e scrivere. Ci sono i grandi pittori, ma anche i pittori della domenica che si dilettano con l’acquerello, ricavandone comunque piacere e arricchimento. Non tutti i frequentatori di una palestra saranno convocati alle Olimpiadi, ma le palestre fioriscono per quel che riescono a dare, benessere e soddisfazione. In una gara non tutti arriviamo primi, eppure già essere in grado di presentarci alla griglia di partenza, di partire effettivamente e di arrivare al traguardo è un successo. Lo “specialista” è una specie di campione in un determinato campo, ed esiste anche il “campione del pensiero”. Senza nutrire tale ambizione, quel che si può ricavare da un potenziamento del filosofo che è in noi non ha prezzo!
– Come è possibile recuperare la filosofia a patrimonio culturale comune, evitando luoghi comuni e volgarizzazioni?
-Far diventare la filosofia un patrimonio comune è senz’altro possibile. Tanto per iniziare, la si potrebbe insegnare in ogni scuola, non soltanto nei licei, e addirittura insegnarla fin dalla Scuola primaria. La rivista online “Il Libraio” ha pubblicato un mio articolo sull’argomento[1]. Si potrebbe mostrarne le infinite applicazioni pratiche, come è successo per la psicologia, anche per mezzo di rubriche sulle riviste (tipo “L’angolo del filosofo”); e perché non affiancare la figura del filosofo a quella dello psicologo nei consultori, nelle strutture pubbliche e private, nelle comunità (penso alle casa- famiglie, alle case di riposo, alle carceri, e così via)? Perché non prevederlo nelle aziende, nelle industrie, in ogni luogo dove sorgono conflitti che potrebbero essere risolti con la filosofia? Insomma si potrebbe far uscire la filosofia da dietro la cattedra (anzi, mantenendola in cattedra le si potrebbe comunque far fare parecchie “passeggiate”)! Perché non prevedere dei Caffè filosofici durante una crociera? E… Forse, a questo punto è meglio smettere. Confesso che, secondo me, ci sarebbe bisogno di un “filosofo” anche su ogni tolda di ogni nave.
– In buona sostanza, domanda non nuova in questi ambiti, secondo lei vi è una differenza tra la filosofia e senso comune?
Il buon vecchio senso comune– la “sana ragione” di Cartesio, a ben vedere- non è, in fondo, che una filosofia pratica elaborata durante una infinità di tempo, e messa alla prova in altrettanto tempo. Anni fa condussi un’esperienza di laboratorio con una mia classe liceale che prevedeva il censimento e l’analisi del più alto numero possibile di proverbi, appartenenti alla tradizione italiana, con un contenuto a largo raggio “filosofico”, ovvero tali da suggerire, o da criticare, o da escludere, o da caldeggiare, determinati comportamenti (“Chi lascia la via vecchia per la nuova sa quel lascia ma non sa quel che trova”, “meglio un uovo oggi che una gallina domani”, “chi dorme non piglia pesci” e così via). L’esame, condotto in maniera metodica, portò alla conclusione che, in sintesi, i proverbi convergono tutti nel consigliare moderazione, rispetto, cautela, prudenza, di mettersi nei panni degli altri per capirli meglio, e prescrivono in genere un “giusto mezzo”, per non trovarsi a mal partito nella vita, decisamente aristotelico. Tuttavia la filosofia va molto oltre il buon vecchio senso comune (che comunque ne contiene, e non poca). Come dire: si è più veloci in scooter o al volante di una Ferrari?
Simonetta Tassinari
Il filosofo che c’è in te
I superpoteri della filosofia nella vita quotidiana
Feltrinelli, 2019
https://www.illibraio.it/filosofia-elementari-scuola-424160/ |