EXAGERE RIVISTA - Gennaio-Febbraio 2024, n. 1-2 anno IX - ISSN 2531-7334

Divario delle competenze e Evidence Based Education

 

di Susi Panchetti

La ricerca è un investimento importante, non solo da un punto di vista culturale, ma anche economico e non sempre con una ricaduta immediata. In materia di stanziamenti pubblici destinati a Ricerca e Sviluppo, l’Italia si trova al 27° posto della classifica mondiale in relazione al suo Prodotto Interno Lordo.

Dal recente Rapporto 2018 del Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’aliquota del PIL destinata a tale ambito è migliorata, passando dall’1% nel 2000, all’1,4% nel 2016. Se consideriamo l’ambito UE, l’Italia si trova in fondo alla classifica perché il PIL degli altri paesi europei aggirandosi intorno al 2% è maggiore di quello italiano.

Il presidente del CNR, Massimo Inguscio, in proposito, ha osservato:

La sfida della scienza passa anche per politiche orientate ad un futuro, che è già presente, in cui si realizzino le necessarie sinergie tra ricerca, tecnica, ambiente, patrimonio culturale: rafforzando così un patto che è iscritto nella nostra stessa Costituzione e che cerca di produrre, senza discriminazioni, benefici per le donne e per gli uomini.[1].

Anche dalla comparazione mondiale sull’istruzione/educazione affiorano delle criticità nelle performance italiane, triste primato se pensiamo che il nostro paese ha  dato i natali a innumerevoli illustri scienziati (pensiamo a Leonardo da Vinci, Galileo Galilei, piuttosto che a Carlo Rubbia o Rita Levi Montalcini) e che, a tutt’oggi, al nostro attivo vi sono eccellenze come Silvia Marchesan e Giorgio Vacchiano, due studiosi inseriti nel gruppo degli undici scienziati emergenti al mondo.

Questa criticità risulta nell’indagine internazionale triennale promossa dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) indirizzata a conoscere il livello di preparazione degli studenti quasi al termine del  percorso scolastico e mirante ad individuare, di volta in volta, gli aspetti da migliorare nel loro rendimento e nei contesti di apprendimento.

La ricerca prende il nome di “Rapporto OCSE-PISA 2018” (acronimo di Programme for International Student Assessment). Nel corso della sua settima edizione (2019), alla quale  hanno partecipato 79 paesi,  è emerso che solo uno studente italiano su 20 sa distinguere tra fatti e opinioni e che, nel periodo compreso tra “il 2006 e il 2018, i risultati in Scienze sono peggiorati, in particolare in modo marcato tra gli studenti che hanno ottenuto i risultati migliori”.

In questo ambito,  i nostri studenti nelle competenze hanno raggiunto il punteggio di 468 rispetto alla media OCSE di 489.   Tuttavia la ricerca mette in evidenza come “Il problema non è sulle competenze in termini di nozioni scientifiche, ma sulle capacità di applicare il metodo scientifico[2].

Eppure il sistema scolastico italiano ha recepito pienamente le Raccomandazioni di Lisbona emanate per l’apprendimento permanente (individuate dal Consiglio Europeo di Lisbona nel 2000 nei tre aspetti fondamentali della vita di ogni persona: la realizzazione e la crescita personale, la cittadinanza attiva e l’integrazione, come pure la capacità di inserimento professionale). A conclusione del percorso del liceo scientifico lo studente dovrebbe aver acquisito una conoscenza sicura delle scienze fisiche e naturali (astronomia, chimica, biologia e scienze della terra) anche attraverso l’uso sistematico del laboratorio.

Gli studenti, in quel momento del percorso scolastico, dovrebbero essere in grado di individuare le connessioni tra le diverse forme della conoscenza, con padronanza di linguaggi, tecniche e metodologie, esperibili anche in ambito laboratoriale. Questo permetterebbe loro di avere le competenze necessarie per seguire lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica.

Il metodo è fondamentale e non solo per la scienza, ma anche in altre discipline.

Bisogna abituare l’individuo a pensare, a immaginare, a fantasticare, a esser creativo.” (Munari, 2009, p. 231). Quando si parla di creatività non ci si riferisce a qualcosa di impulsivo, anche per essere creativi c’è bisogno di un metodo.

Occorre utilizzare un metodo progettuale senza lasciare niente all’improvvisazione. Oltre al metodo, quali le cause possibili di questo divario?

Il Rapporto OCSE-PISA delinea un arretramento del grado di padronanza delle scienze dei nostri studenti tale che richiede un esame attento e minuzioso per valutare quali siano gli elementi positivi e quelli negativi. Il gap evidenziato potrebbe allora collegarsi alla procedura della valutazione formativa.

Valutazione è un termine con cui si attribuisce, appunto, un giudizio di valore. In ambito scolastico quando si parla di valutazione va precisato se afferisce al processo o se, invece, all’esito.

La valutazione basata sull’ Evidence Based Education (E.B.E.)

In Europa, a partire dal nuovo secolo si è sviluppata l’inclinazione a promuovere una cultura delle decisioni basate su evidenze riconoscendo l’importanza delle “prove” nello sviluppo di nuove politiche educative.

Dopo il congresso dell’Associazione Italiana di Valutazione del 2012 i contributi, in tal senso,  cominciano ad intensificarsi, tanto che l’Unione Europea, all’interno della politica di coesione per il periodo 2014-2020, vincola gli investimenti di risorse alla utilizzabilità di “dati e informazioni valutative derivanti dalla applicazione di modelli e metodi solidi e difendibili” (Gazzetta Ufficiale dell’UE 20/12/2013).

In conseguenza a tale scelta la cultura della valutazione  sarà sempre più in grado di recepire evidenze proprio perché i decisori politici  hanno inserito elementi valutativi  all’interno della  ricerca sociale[3].

Antonio Calvani dell’Università di Firenze, nel corso di un Convegno presso il Campus Universitario di Matera svoltosi nell’ottobre 2019, ha sostenuto che la comparabilità  della  valutazione del processo con standard internazionali pone di fatto una criticità per il nostro paese:

C’è un concetto fondamentale che la ricerca ha fornito da tempo e che fa difficoltà ad entrare nella scuola e nella mentalità corrente: la valutazione deve diventare una componente interna del processo stesso di apprendimento; oggi sappiamo che essa costituisce il fattore più importante per migliorare l’apprendimento se agisce come feedback dinamico (valutazione formativa), consentendo al soggetto di capire dove si trova nel tragitto intrapreso verso l’obiettivo e quale dovrà essere il passo successivo da compiere[4].

Per allineare il percorso formativo degli studenti italiani ad una migliore performance occorrerebbe che, all’interno di questo processo, fosse presente una valutazione improntata sulla Evidence Based Education (E.B.E.).

Vediamo nello specifico di cosa si tratta.

La E.B.E. è un orientamento culturale che ha fondamentalmente lo scopo di superare il divario tradizionalmente esistente tra la teoria e la pratica educativa.

L’excursus storico dell’E.B.E. individua lo sviluppo di questa pratica richiamando quella clinica, “poiché lo stesso concetto di intervento basato su evidenza era in uso nella medicina fin dagli anni ’70. In psicologia […] dagli anni ’90 si diffonde con un concetto più morbido, appunto “evidence based practice” definito dall’American Psychological Association[5].

L’obiettivo, in primis, è quello di rendere le conoscenze confrontabili e “capitalizzabili”, nel senso di affidabili e fruibili in altri contesti (come in campo medico). Di prediligere i metodi sperimentali e, successivamente, a non vincolare le attività valutative a specifici modelli per promuovere una cultura delle decisioni basate su evidenze.

Con il termine “evidenza” ci si riferisce a qualcosa che supporta la validità di un’affermazione, l’argomentazione a sostegno di essa, a riprova di quanto “emerge”.

Mentre con “dato” si fa riferimento ai risultati dai quali si ricavano inferenze (es. risultati numerici).

L’evidenza è un elemento che, costruito attraverso un processo rigoroso, viene riconosciuto da una comunità scientifica come un dato “accettabile”, quindi attendibile e valido[6].

Il significato attribuito al concetto di evidenza non è univoco nella prospettiva dell’E.B.E. ed anche se esistono diverse interpretazioni “Slavin (2004) e lo stesso What Whorks Clearinghouse ritengono che le uniche “evidenze” affidabili siano quelle derivanti dalla comparazione di un numero significativo di risultati ottenuti sulla base di protocolli sperimentali con campioni casuali di soggetti”[7].

Il What Whorks Clearinghouse è il principale sostenitore dell’E.B.E. Si tratta di un organismo che è stato creato dall’Institut of Education Sciences di Washington, con l’intento di fare nell’educazione ciò che la ricerca sulla salute ha fatto per la professione medica, dietro la spinta del No child left behind.

L’E.B.E. si è poi affermata con lo sviluppo della ricerca sull’efficacia e sulla trasferibilità di specifiche metodologie didattiche come il  ‘what works under what circumstances’.

Per diffondere i risultati della ricerca con nuove modalità utili ad orientare le pratiche ma soprattutto le politiche educative è necessario che vi sia un monitoraggio periodico dei progressi.

L’efficacia degli interventi didattici, verificati sperimentalmente con l’E.B.E. dal professore John Hattie, ha preso in esame l’indice  di valutazione del processo  denominato “reciprocal teaching”, costituito dalla combinazione della valutazione formativa e del feedback. Quest’ultimo viene definito nell’espressione ES con significato di “effect size”.

In pratica, misurando la differenza tra i risultati del gruppo sperimentale e quelli del gruppo di controllo, si usa l’espressione ES seguita da un valore numerico che rimanda quanto sia efficace una certa strategia: più alto è il valore ES, più la variabile indipendente e quindi la strategia risulta efficace.

Tutto ciò delinea l’apprendimento sostenuto nella bilaterale direzione del feedback: quello che l’insegnante dà allo studente e quello che va dallo studente all’insegnante; attraverso ciò,  insegnante ed allievo sono consapevolmente interessati a comprendere gli stati di avanzamento nel processo di apprendimento proprio e dell’altro.

Vi è, però, il rischio che una tale valutazione nel nostro sistema scolastico possa essere percepita come un’incognita  per la propria immagine professionale: ciò indurrebbe ad attivare meccanismi di difesa e di elusione.

– Un esempio di nuovo curricolo scolastico

Parlando di apprendimento sia Calvani che Lucangeli condividono che tra i fattori determinanti il risultato scolastico vi sia la “passione” per l’insegnamento nel senso che i docenti  prestino attenzione al “coinvolgimento emozionale” dell’allievo.

“E’ più facile che gli studenti siano motivati e sperimentino emozioni piacevoli, se anche gli insegnanti sono motivati e sperimentano emozioni piacevoli. […] Lo studio va a nutrire ciò che sono e che saranno, e non solo ciò che sanno e sapranno.” (Lucangeli, 2019, pp. 62-63).

L’insegnante in ogni momento dell’azione educativa sta costruendo non soltanto il bagaglio di nozioni e procedure conoscitive che gli studenti saranno in grado di gestire, ma anche il loro Sé: potremmo dire che da sempre gli insegnanti preparano le giovani generazioni ad affrontare l’avventura della vita e ad essi “si stanno affidando poteri immensi, da cui non possono esimersi” (Montessori, 2007, p. 168).

Vygotskij, dal suo canto, con i suoi studi sull’origine del pensiero ha evidenziato l’importanza del contesto socio-culturale nel quale gli esseri umani sono inseriti, dove si sviluppano le interrelazioni; così facendo conosciamo gli altri, attraverso la primaria socializzazione durante la quale ognuno di loro impara a conoscere l’altro e lo interpreta ed in tal modo impara a conoscere se stesso e quindi: “Diventiamo noi stessi attraverso gli altri”.

Antonino Martino ha cercato di mettere in evidenza il grande compito a  educatori, maestri, professori ed istruttori:  sono proprio i “docenti” che giorno per giorno, in tutti gli ordini, all’interno della loro classe reggono le sorti del nostro futuro.

La dimensione “normale” della vita non è quella di avere le risposte ma, invece, riuscire a fare delle scelte in questa epoca di “incertezza”. Si tratta di scelte consapevoli raggiungibili con un maturo atteggiamento di ricerca verso il mondo, costruibile attraverso un contatto diretto e continuativo con le scienze.

Spetta proprio all’insegnante realizzare all’interno della scuola, dall’infanzia fino alla secondaria di I grado, quelle opportunità di approccio concreto alle attività scientifiche. Invero, se lo studente partecipa attivamente alla realizzazione di laboratori, potrà sviluppare l’interesse verso il pensiero scientifico,  fino a maturare l’idea di scegliere quel percorso negli studi secondari di II grado (Martino, 2015).

Riflettendo sull’educazione scientifica scolastica l’autore riformula l’approccio didattico ad ogni livello,  analizza in maniera propositiva e non riduttiva il nesso fra la scienza ed il suo insegnamento e ritiene che quello che “manca oggi è l’idea di che cosa sia veramente la scienza”.

Parte dall’assunto che non ha senso contrapporre le discipline scientifiche a quelle umanistiche in quanto l’uomo, per essere formato, ha necessità di tutti e due gli ambiti dato che la scienza fa parte integrante della cultura e non c’è cultura e non c’è formazione vera dell’individuo senza una vera educazione scientifica.

Per raggiungere questa sinergia bisogna che l’educazione scientifica scolastica non sia realizzata con lezioni teoriche o visione passiva di esperimenti. Il vero senso della scienza e quindi della “scoperta” si ottiene con quella che Martino chiama “tecnica di coinvolgimento”, che consiste nel fare ricerca su un fenomeno “insieme agli studenti”.

In un corso di formazione destinato ai docenti (svoltosi presso l’Istituto Comprensivo della Provincia di Cagliari in collaborazione con la Ricerca Didattica del Dipartimento di Fisica di Genova, l’allora GNDF, insieme al MCE Sardo) e indirizzato alla “costruzione di un curricolo verticale”,  l’autore ha sperimentato la sua ipotesi didattica, verificando gli studenti si appassionano a quanto effettivamente svolgono in prima persona.

I  report di questa nuova metodologia, di come in pratica “si costruisce un atteggiamento scientifico nei confronti della realtà e come si costruisce il metodo scientifico” (Martino, 2015, p.15), sono consultabili sulla piattaforma digitale “lanaturadellecose.it”.

Questa peculiare metodologia, lascia spazio ad una riflessività che conduce lo studente ad orientarsi a cercare ciò che lo potrà appagare. Ogni volta che raggiungerà ciò che stava cercando, scoprirà, insieme alla soddisfazione, la voglia di continuare ancora la sua ricerca.

Bisognerebbe offrire agli studenti la cultura scientifica intendendola come capacità di orientamento ed interpretazione: è per questo motivo che la scuola non deve essere soltanto il luogo di trasmissione delle conoscenze. Conoscenze e informazioni scientifiche dovrebbero essere utili ai fini della comprensione della complessità dei fenomeni, in una visione dinamica del curricolo.

Alla scuola oggi, inoltre, è demandato anche un compito significativo: quello di educare a gestire i conflitti e a lavorare in gruppo, a rintracciare la coerenza tra conoscenze, valori e comportamenti, a saper affrontare a governare il rischio (Bertacci, Minardi, 2002).

– Mettersi in gioco

L’incrocio di studi interdisciplinari ed il rapporto fra attività conoscitiva e progresso hanno determinato un’interdipendenza fra ricerca fondamentale e applicazioni.

Quelle che un tempo erano discipline separate, oggi risultano in sinergia. Si è trattato di sfide eccezionali che grazie agli sviluppi tecnologici, scaturiti da scoperte di base, hanno raggiunto risultati scientifici che hanno agito, a loro volta, da facilitatori per nuove e dirompenti scoperte.

Nonostante la scienza rappresenti una parte rilevante della cultura attuale, quello che si avverte è il bisogno imprescindibile che diventi una “forma mentis”, affinché ogni essere umano si metta in gioco con coraggio, passione, ma anche con rispetto dell’ignoto da cercare dentro di sé.

Quando ci mettiamo in gioco, rimandiamo a noi stessi e agli altri il valore morale dell’opportunità di accrescere, affinare ed educare la nostra capacità per vincere la chiusura su noi stessi nel rapporto con l’altro.

Del resto per vivere un cambiamento c’è bisogno di riflessività critica, di maturazione nel pensiero e nell’esperienza. Una metodologia di valutazione basata sulle evidenze  può essere di grande aiuto su più livelli: dall’insegnante, al ricercatore fino al politico, ciascuno nella propria pratica potrebbe avvalersi delle conoscenze evidence based più affidabili nell’assumere le scelte decisionali.

 

 

BIBLIOGRAFIA

BERTACCI M., MINARDI C. (2002) a cura di, “Una cultura scientifica per un mondo che cambia”, Longo editore snc, Ravenna.

BONCINELLI E., EREDITATO A. (2020), “L’infinito gioco della scienza. Come il pensiero scientifico può cambiare il mondo”, il Saggiatore Srl, Milano.

HAZEN R.M., TREFIL J. (1996), “La scienza per tutti”, Longanesi  &C., Milano.

LUCANGELI D. (2019), “Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere”, Ed.Centro Studi Erickson Spa, Trento.

MARTINO N. (2015), “Educazione scientifica e curricolo verticale”, Youcantprint Self-Publishing, Lecce.

MONTESSORI M. (2007), Titolo originale dell’opera ”To educate the Human Potential” (1943-1947), “Come educare il potenziale umano”, Garzanti editore, Milano.

MORIN E., (2001) Titolo originale: “Les sept savoirs nécessaires à l’éducation du futur“, “I sette saperi necessari all’educazione”, Paris, UNESCO 1999, traduzione di S.Lazzari, R.afffaello Cortina editore, Milano.

MUNARI B. (2009), “Da cosa nasce cosa. Appunti per una metodologia progettuale”, Gius.Laterza & Figli Spa, Roma-Bari.

ROVELLI C. (2014), “Che cos’è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro”, Mondadori Editore Spa, Milano.

VYGOTSKIJ L.S. (1974), “Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori”, Giunti, Milano.

 

SITOGRAFIA

 

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VIVANET G., Oaj.fupress.net, https://oaj.fupress.net/index.php/formare/article/view/3443 consultato il 10/06/2020.

 

 

[1]http://www.italiannetwork.it/news.aspx?id=59667

[2]https://www.repubblica.it/scuola/2019/12/03/news/ocse-pisa-242483497/

[3]https://www.ledonline.it/index.php/ECPS-Journal/article/view/691/564

[4]https://oaj.fupress.net/index.php/formare/issue/view/294

[5]https://oaj.fupress.net/index.php/formare/article/view/3443

[6]https://www.ledonline.it/index.php/ECPS-Journal/article/view/691/564

[7]https://oaj.fupress.net/index.php/formare/article/view/3443

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