EXAGERE RIVISTA - Ottobre - Novembre - Dicembre 2024, n. 10-11-12 anno IX - ISSN 2531-7334

Freud: I grovigli dell’animo umano. intervista a Francesco Barale

di Federica Biolzi

Costruzioni nell’analisi, il cui titolo originale è Konstruktionen in Der Analyse, è un fondamentale volumetto scritto da Sigmund Freud nel 1937, che ci viene riproposto in una nuova traduzione, e con il testo originale a fronte, impreziosito da un saggio introduttivo di Francesco Barale. L’edizioni Jaca Book ci permettono, oggi di rileggere e approfondire questo saggio in continuazione con l’originaria ispirazioni del loro lavoro editoriale.

-Professor Barale , nel suo saggio introduttivo lei inizia con una domanda che vogliamo a nostra volta riproporle: Perché una nuova edizione di Costruzioni nell’analisi?

-Si potrebbe rispondere semplicemente: perché sono passati 50 anni (46 per la precisione) dalla traduzione del 1978, nel 11° volume dell’edizione delle opere complete di S. Freud (OSF), curata da C. Musatti. Nel frattempo, i modi di leggere e intendere Freud e il testo freudiano sono cambiati.  Ma voglio articolare meglio l’argomentazione.  Quella traduzione fu di Renata Colorni, vera anima, sotto la direzione di Musatti, dell’edizione delle OSF, che, bisogna ricordarlo, fu un’ impresa straordinaria, vero monumento della cultura italiana. Fu una traduzione bellissima; esemplare sotto molteplici punti di vista, purtroppo anche nel recepire impianto e scelte traduttive dell’edizione “canonica” di Freud, la cosiddetta Standard Edition (SE) inglese, curata da James Strachey, tradotta a sua volta da Gesasmmelte Werke (GW) e che, per decenni, ha funzionato da modello di riferimento per tutte le altre traduzioni di Freud. Come è noto, molte critiche sono state avanzate, nel corso del tempo, a diversi aspetti della traduzione dal tedesco di SE. In diversi casi quella traduzione mostrava una certa propensione anglosassone a “tagliar corto” su troppe sottigliezze; in altri casi sembra aver giocato una certa esigenza di dare una versione del testo freudiano la più “rispetttabile” dal punto di vista scientifico, con la conseguenza dell’accentuazione di un certo impianto “scientista” all’origine anche di semplificazioni concettuali. Basti pensare (per limitarci al caso più noto) alla imprecisa distinzione tra “Instict” (istinto) e “Trieb” (pulsione). Queste scelte non sono state affatto “innocenti” nel modo in cui generazioni di analisti hanno poi recepito Freud; ma anche sulle scelte traduttive successive. E’ recentissima una nuova edizione della SE, che, dopo un lavoro durato molti anni, “affianca” alla edizione canonica altre versioni che in parte recepiscono critiche da tempo avanzate. Non sempre tuttavia ciò è accaduto. In alcuni casi, fraintendimenti importanti non sono stati considerati (c’è da dire che il curatore della nuova SE è esso stesso uno psicoanalista “neuroscienziato”, principale esponente della cosiddetta “neuro-psicoanalisi”). Questo è anche il caso di Kontructionen in der Analyse, ultimo scritto che Freud pubblicò ancora in vita, di fondamentale importanza per tutti gli sviluppi successivi della psicoanalisi. Si trattava dunque di restituire a quel testo, nel suo pieno rispetto (come testimonia, nella nostra edizione, l’originale tedesco a fronte), alcune potenzialità oscurate dalla tradizione traduttiva. 

La divergenza più importante rispetto alla traduzione corrente di Renata Colorni (ripeto: per altri versi magistrale) riguarda il termine “erraten”, parola centrale in questo testo e centrale in generale nel pensiero e nelle opere di Freud, nelle quali ricorre circa 500 volte dall’ inizio (lettera a Fliess del 25 maggio 1895) alla fine (Compendio del 1938). Non è un termine dunque usato in modo estemporaneo. Ė anche impensabile che Freud, così attento alle parole che usava (e anche alla rispettabilità scientifica della psicoanalisi), abbia tutte le volte sorvolato sull’alone negativo che questa parola poteva portava con sé. “Erraten” vuol dire infatti “indovinare”; in alcuni contesti “azzeccarci”.  Eppure, nella SE (così come nelle OSF) non è mai tradotto (con rarissime eccezioni) col suo corrispondente  inglese  to guess, ma regolarmente con termini scientificamente più rispettabili, come to explain, to detect, to understand, to discover, to infer, persino (come appunto in Costruzioni), to make out (in  OSF “scoprire”) , che capovolge completamente il senso dell’ indovinare…Malgrado la quantità altissima di occorrenze, erraten non è neppure nell’indice analitico. Si tratta di un caso clamoroso, appunto, di una deformazione traduttiva che,  volendo “difendere” Freud da possibili critiche, ha finito con l’amputarne il pensiero.  Nella traduzione delle Opere di Freud francese (curata da J. Laplanche) erraten è invece tradotto correttamente con “déviner”. 

-Immagino che ci siano anche altri casi…

Si, Non è l’unico esempio di traduzione-deformazione “difensiva”del testo di Freud. Anni fa, con Vera Minazzi, segnalammo il caso di una importante lettera a a Fliess in cui Freud, che stava preparando L’ interpretazione dei sogni, scriveva di essersi “bloccato” (o “arrestato”), mentre studiava con ammirazione e stupore l’opera di Lipps  I fondamenti della vita psichica, davanti al capitolo sui rapporti tra suoni; in quel caso il traduttore (G. C. Soavi) aveva letteralemnet “capovolto” l’espressione di Freud “ bin Ich stehen geblieben” (mi sono arrestato), che era diventata il suo contrario: “mi sono inoltrato…” . In gioco era quella volta una cosa non da poco: il rifiuto, da parte di Freud, motivato o meno, comunque da capire, di prendere in considerazione la questione del sonoro nell’edificio in costruzione.

Anche in questo caso, ripeto, non è una questione astrattamente filologica.  

Nel caso dell’ oscuramento del significato di  erraten, non tradotto come indovinare,  in gioco è  l’ immagine stessa del procedere psicoanalitico, che viene privata di una dimensione fondamentale. Il termine erraten ricorre, come ho detto, innumerevoli volte in Freud. Molto frequentemente nei lavori clinici (Dora, L’uomo dei lupi…) , ma anche in molti scritti teorici, dove indica spesso il movimento matriciale dell’emergere del senso “dalla” e “nella” relazione col suo oggetto (dal suo “corpo” diremmo ora noi), in una dimensione pre-categoriale che precede e fonda  le fasi successive: esemplare il passo “epistemologico” di Pulsioni e il loro destino, in cui Freud scrive che le relazioni significative che danno ordine al materiale empirico sono “indovinate” (erraten) prima di essere  “ri-conosciute” (erkennen) e poi “dimostrate” (nachweisen). 

Insomma, questioni non da poco, che sono peraltro proprio nel cuore dei temi di Costruzioni in analisi, dove il tema del “costruire” è strettamente legato a quello del movimento “congetturale-intuitivo” che lo precede e fonda. Rimando alla mia prefazione per una disamina ulteriore del tema, anche in relazione al testo freudiano. 

-Qualche mese prima della pubblicazione, sono ormai passati quasi novant’anni,   Freud   dette   alle   stampe   un   altro   piccolo volumetto   dal   titolo Analisi terminabile e interminabile,   che vengono spesso considerati interdipendenti. Lei ci dice che in Costruzioni l’analisi procede in in profondità, in senso verticale. Quali le sue peculiarità?

-Costruzione nell’analisi precede di qualche mese Analisi terminabile e interminabile. I due scritti sono collegabili e spesso in effetti sono presentati insieme, come “scritti di tecnica”, in cui uno (Costruzioni) è la continuazione dell’altro. Da un certo punto di vista sono in continuità, ma sono anche molto differenti e in Costruzioni appare qualcosa di relativamente nuovo, di più radicale. Analisi terminabile e interminabile procede per così dire in orizzontale: è una sorta di rassegna sistematica, a tratti anche sorprendente e geniale, dei molteplici fattori che si oppongono (su entrambi i versanti: quello del paziente e quello dell’analista) alla conclusione dell’analisi (comunque la si intenda) e ne ostacolano il decorso. Ogni “fattore” individuato, poi, apre a spirale un labirinto di altri fattori complementari…E’ un testo che, proprio per questo,  “continua ad allargarsi”, quindi anche faticoso (malgrado la scrittura di Freud, esemplare anche qui), quanto lo sono del resto i grovigli stessi dell’animo umano. Costruzioni invece è un testo cristallino, un piccolo gioiello di essenziale chiarezza, che si espande “in verticale”; ma proprio quella chiarezza fa risaltare ancora più nitide, sul fondo,  le ombre di questioni radicali e indecidibili. In primo luogo, proprio le difficoltà fondamentali della stessa impresa ricostruttiva alla quale Freud si era accinto più di quarant’anni prima. Costruzioni inizia in un certo senso dove Analisi terminabile e interminabile finisce: sul ciglio del problema abissale della “traccia psichica”, del farsi psichico dell’esperienza; quindi, delle labirintiche difficoltà del paradigma archeologico stesso (quello dentro il quale Analisi terminabile e interminabile ancora pienamente si svolgeva). 

-Veniamo ad un’intrigante analogia sulla quale sembrerebbe basarsi uno dei passaggi costitutivi del paradigma freudiano: quella tra lo psicanalista e l’archeologo. Lei l’ha descritta nel suo saggio in modo mirabile. Le chiederei di riassumerla per noi?

-Il “paradigma archeologico”, cioè il paragone tra il lavoro analitico e quello archeologico, è stato quello che, fino ad allora, aveva retto la psicoanalisi freudiana, per tutto il suo sviluppo. Poggiava su alcuni assunti di fondo. Ad esempio, che la sofferenza psichica avesse a che fare con aree di “inappropriato” della storia e del mondo interno, con grumi di esperienza psichica, appartenenti alla storia del soggetto che, rimossi e poi deformati, si esprimevano, attraverso vari percorsi, nei sintomi, nel sogno, nel transfert ecc. Come l’archeologo ricostruisce gli edifici di una città scomparsa dalle stratificazioni di tracce e resti lasciati (deformati dal tempo e dagli aventi), così lo psicoanalista ri-costruisce il mondo rimosso del paziente a partire dai suoi resti e dalle sue varie espressioni deformate. 

Questo paradigma non è mai stato un paradigma ingenuo, come se la psicoanalisi fosse una sorta di “macchina del tempo” in grado di accedere direttamente (magari attraverso la riattualizzazione transferale) alla verità storica dimenticata. Freud aveva del resto una consapevolezza critica sorprendente della complessità dello stesso procedere storiografico e dei suoi vari livelli, compresi quelli interpretativi impliciti in esso. Ma di fondo l’idea era rimasta quella: il compito dell’analisi era trovare il modo, di far riemergere la “oggettività” dell’ inconscio rimosso,  superando  resistenze e deformazioni.  

Costruzioni, pur muovendo proprio dalla analogia archeologica, si sviluppa, in un crescendo mostrando le sue labirintiche difficoltà, fino ai vertiginosi approdi delle pagine finali, che a parere di molti, delineano un cambiamento di concezione sulla natura di quanto emerge in analisi e del lavoro analitico stesso. 

– Immagino con le dovute conseguenze…

-Non solo la “traccia” psichica non è banalmente un “engramma” dell’esperienza, uno “stampo del reale; non solo è polisemica e plurale;  non  solo”  è esposta a un sistema dinamico di re-iscrizioni e rielaborazioni après-coup, di riorganizzazioni di ciò che in quella pluralità di iscrizioni era rimasto sullo sfondo e di ciò che si presentava in primo piano. Ma ogni compito ri-costruttivo inevitabilmente impatta  con una dimensione che lo eccede, che è la ragione, in definitiva, per cui le tracce psichiche sono, come Freud scrive,  “incomparabilmente più complesse” di quelle materiali sulle quali lavora l’archeologo e “mantengono sempre dentro di loro un mistero” (Geheimnis). A un certo punto l’analista-archeologo si accorge, infatti,  che non si  tratta più solo di dissotterrare un materiale “già” esistente, per restituirlo non deformato al suo testo originale, ma di occuparsi di una dimensione paradossale che investe quel materiale e quel lavoro e che è intrinseca allo stesso costituirsi di quel testo di tracce: i suoi “bianchi”, le sue lacune, ciò che, per varie ragioni, in quel testo proprio non è mai entrato, ma che preme, informe, ai suoi margini, come in un “campo di battaglia”, per riprendere la celebre definizione della memoria  di Benjamin; ciò per cui  ancora non si sono create le condizioni di rappresentabilità. 

Così, pur inizialmente riaffermando che lo scopo dell’analisi è ridurre il più possibile l’amnesia infantile, recuperando ricordi e moti affettivi rimossi, Freud approda, in questo fondamentale saggio, in primo luogo  ad una piena consapevolezza della complessità-inesauribilità-incompiutezza della propria impresa ricostruttiva, che sempre si muove tra infinite deformazioni, in un groviglio incarnato di forze che resiste non solo a ogni pretesa autoriflessiva, ma anche ad ogni compiuto disvelamento;  in secondo luogo a un margine di impossibilità più “interna” e “costitutiva”, per così dire.

 Le costruzioni di senso che nel procedere analitico prendono il posto delle ricostruzioni, si trovano di conseguenza a dover rinunciare a quella particolare adaequatio rei et intellectus che era la coincidenza tra le “riscostruzioni” e la realtà storica del rimosso. E’ un passaggio decisivo, in cui Freud, proprio al termine della sua vita scientifica, si accorge di essere sulla soglia di un mutamento radicale di paradigma. 

L’analisi “produce senso”; quel senso corrisponde certo a una “verità interna”, ma i rapporti di quella verità con la “verità materiale” di quanto era allora accaduto, rimane ampiamente indecidibile. Quella produzione di senso ha anche valore terapeutico e trasformativo; è efficace,  pur se ciò che si ottiene non è  lo svelamento del ricordo rimosso , ma un suo  “sostituito” ( ein Ersatz); pur se il raggiungimento  di un “reale” inattingibile è “sostituito”  da “una sicura convinzione” (eine sichere Überzeugung), da una “sensazione  di convinzione soggettiva” (ein Gefühl sibjektiver Überzeugung) della “verità psichica” di quanto “costruito”. 

-La storia della psicanalisi appare lunga e , per alcuni versi, tormentata. Come  questo contributo di Freud puoi inserirsi, o meglio, riproporsi nel dibattito contemporaneo sull’opera freudiana?

-Questo scritto è in un certo senso il punto di partenza di molte delle evoluzioni della psicoanalisi post-freudiana. 

Il cambiamento importante di accento sul tema del tipo di verità che si raggiungono in analisi e delle loro condizioni di possibilità  è ad esempio il precursore di tutto il dibattito successivo su “verità narrativa/verità storica”.

In generale, in buona parte della psicoanalisi successiva la costruzione analitica ha progressivamente perso sempre di più il valore storico-retrospettivo che Freud le aveva inizialmente assegnato.  L’ aspetto “poietico” del lavoro analitico (mai così valorizzato prima come in Costruzioni) è diventato sempre più importante e la “costruzione” in senso freudiano, comunque rivolta idealmente alla “ricostruzione”, si è sempre più confusa con la costruzione del Sé e con le trasformazioni rese possibili dal processo psicoanalitico. 

L’analisi dunque sempre più è stata concepita non tanto come luogo di riconoscimenti , ma come nuova relazione che avvia esperienze trasformative, rispondendo a bisogni evolutivi inevasi: sempre meno “ricostruzione storiografica” e sempre più “particolare costruzione… realizzata con i materiali presenti nelle menti dei protagonisti , quale che sia la loro provenienza, nella situazione analitica e non altrove e in un altro tempo” (Di Chiara).

Parallelamente, di questo processo sempre più è stata valorizzata la sua natura di “costruzione a due”  anzi, di riattualizzazione della matrice interpersonale dei processi di soggettivizzazione. 

Molti altri concetti psicoanalitici hanno subito vertiginosi espansioni. 

Ma questo piccolo, meraviglioso, saggio che Freud ci ha lasciato quasi al termine della sua vita rimane prezioso non solo in quanto è il punto di partenza di quasi tutto quel che è venuto dopo, ma anche per la tensione che esso mantiene, nonostante tutto, a un “ancoraggio veritativo” rivolto a una realtà extra-testuale, pur irraggiungibile. Tensione che fino all’ultimo, non ha voluto sciogliere del tutto. 

Questo “vincolo” ( come lo chiama Laplanche) che l’analisi comunque mantiene a tutto ciò che è esterno al suo campo discorsivo e relazionale bios, realtà, storia…(il  “da tradurre” o anche  la dimensione dell’intraducibile, diremmo ora), rimane un grande insegnamento. 

Del resto, anche in molte analisi recenti, condotte a partire da paradigmi molto più “poietici” e relazionali”, la polarità ricostruttiva , anche se non più in primo piano, continua tuttavia (e per fortuna…) a lavorare indirettamente sullo sfondo, se non altro come asse orientativo ed esperienza potenziale del lavoro analitico;  e soprattutto come suo particolare effetto. Alimenta il significato di legame vitale, contenimento, sensazione di continuità, almeno parziale,  della vita  (quella che Husserl chiamava der Zusammenhang des Lebens…) . 

Certo, in analisi non si ricostruisce la “verità Storica”, il “passato autentico”; neppure si può cambiare ciò che è stato (il passato come matrice di tutte le storie che se ne possono dare). Si raggiungono solo altre storie; ma viene allentato il legame tra una certa immagine del passato e il presente; e dalla filigrana della nostra storia  e della nostra autobiografia interna cominciano a comparire altre storie, che pure erano state, anche se più debolmente; microstorie in attesa di pensabilità, mondo di esperienze interrotte, impigliate nella coazione a ripetere; futuro dimenticato presso di noi.


Sigmund Freud

Costruzioni nell’analisi

Con un saggio introduttivo a cura di Francesco Barale

Jaca Book 2024

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