by Marco Rigonati
(ENG/ITA – testo in italiano in fondo)
My lifelong love affair with photography began when I was a kid growing up in Brazil. My godfather was a writer, and every summer he would retreat to a friend’s farm to write. One summer, at the age of 12, I was invited to go with him to the farm. Before I left, my father lent me the family’s Kodak camera with a few rolls of black and white film. I remember shooting everything on that farm. What a revelation it was seeing the world through that viewfinder!
I moved to California in my early 20s and was formally introduced to photography while attending college at the San Francisco Art Institute (SFAI) as a film major. I remember one lecture in particular where the instructor was showing some samples of works by Garry Winogrand, Robert Frank, Cartier-Bresson and Joel Meyerowitz. I never thought that photography could be all of that. I had fallen in love and from that point on everything changed. Photography became an obsession.
After college, I continued to feed my passion for photography on the side while making a living as a creative director and graphic artist for advertising agencies in the San Francisco Bay Area. During this time, I attended lectures and workshops with the likes of Eugene Richards, Alex Webb and Bruce Gilden – photographers that became reference points in my own artistic development.
My personal process is about presence. When I go out to take photographs, I lose myself: I turn my brain off, I let my eyes do the thinking, I shoot instinctively and react to what is in front of me without any preconceived ideas. For me, photography is about discovery – you never know what you are going to find. That’s why I carry my camera around with me everywhere I go.
I tend to shoot a lot and then wait a while to revisit the work – I find that the time away makes you look at the images more objectively. This is something I learned from my mentor, Henry Wessell, Jr.. I do not work in projects; rather, my work is fluid and my interests are many. What holds my work together is the way I see the world. Although I find most of my images out in the streets, I don’t consider myself a street photographer. I prefer to be known simply as a photographer. I’ll photograph anything that holds my attention, no matter how mundane.
I now shoot primarily in digital and my work is mostly in color, though I do occasionally convert some images to black and white. I still print my work and edit it by making small prints that I tack all over the walls of my studio. I live with these images for weeks and months, looking and thinking about them every day.
At present, I continue to pursue my personal work along with photographic assignments for biotech clients and graphic design. My first book, Wanderings, is a self-published collection of black and white images taken from a diverse number of places over the span of a decade. I’m now working on another volume – this time in color – set to be published by the end of this year. One of the most challenging aspects of photography, to me, is the process of finding similarity in unrelated images and pairing them together in such a way so that they tell a story; collecting them together in a book is a great pleasure.
Some of my work can be seen at:
Instagram: @maronati
Website: www.marcorigonati.com
Lascio pensare ai miei occhi
di Marco Rigonati
La mia lunga storia d’amore per la fotografia è iniziata, in Brasile, quando ero bambino. Il mio padrino era uno scrittore e ogni estate si ritirava nella fattoria di un amico per scrivere. Un’estate, all’età di 12 anni, fui invitato ad andare con lui. Prima che andassi, mio padre mi prestò la fotocamera Kodak di famiglia con alcuni rullini di pellicola in bianco e nero. Ricordo di aver fotografato tutto in quella fattoria. Che rivelazione è stata vedere il mondo attraverso un mirino!
Mi sono trasferito in California a circa 20 anni e sono stato formalmente introdotto alla fotografia durante la frequenza del college al San Francisco Art Institute (SFAI) per la specializzazione in cinema. Ricordo, in particolare, una lezione in cui il docente mostrava alcune opere di Garry Winogrand, Robert Frank, Cartier-Bresson e Joel Meyerowitz. Non ho mai pensato che la fotografia potesse essere tutto questo. Mi ero innamorato e da quel momento tutto è cambiato. La fotografia è diventata, per me, un’ossessione.
Henry Wessel, Jr., che ha insegnato allo SFAI, è diventato il mio insegnante e mentore. Mi ha aiutato nel mio primo progetto, uno studio semestrale indipendente nella foresta amazzonica, con una performance finale che è stata la base per la mia tesi di laurea.
Dopo il college, ho continuato ad alimentare la mia passione per la fotografia, mentre mi guadagnavo da vivere come direttore creativo e artista grafico per agenzie pubblicitarie nella Bay Area di San Francisco. Durante questo periodo, ho frequentato conferenze e workshop con artisti del calibro di Eugene Richards, Alex Webb e Bruce Gilden, fotografi che sono diventati punti di riferimento nel mio sviluppo artistico.
Il mio percorso personale ha come tema la presenza. Quando esco per fotografare, mi perdo: spengo il cervello, lascio che i miei occhi pensino, scatto istintivamente e reagisco a ciò che ho di fronte senza preconcetti. Per me, la fotografia è scoprire: non sai mai cosa troverai. Ecco perché porto la mia macchina fotografica con me, ovunque io vada.
Tendo a scattare molto e poi aspetto un po’ di tempo per rivisitare il lavoro: trovo che il tempo trascorso mi faccia guardare le immagini in modo più obiettivo. Questo è qualcosa che ho imparato dal mio mentore, Henry Wessell, Jr.. Non lavoro per progetti; anzi, il mio lavoro è fluido e i miei interessi sono tanti. Ciò che tiene insieme il mio lavoro è il modo in cui vedo il mondo. Anche se trovo la maggior parte delle mie immagini per strada, non mi considero un fotografo di strada. Preferisco essere conosciuto semplicemente come fotografo. Fotografo tutto ciò che attira la mia attenzione, non importa quanto banale.
Ora scatto principalmente in digitale e il mio lavoro è principalmente a colori, anche se occasionalmente converto alcune immagini in bianco e nero. Stampo ancora il mio lavoro e lo modifico realizzando piccole stampe che appiccico su tutte le pareti del mio studio. Vivo con queste immagini per settimane e mesi, guardandole e pensandole ogni giorno.
Attualmente, continuo a portare avanti questo lavoro insieme a incarichi fotografici per clienti nel campo delle biotecnologie e della grafica. Il mio primo libro, Wanderings, è una raccolta autopubblicata di immagini in bianco e nero contenente foto scattate in luoghi diversi nell’arco di un decennio. Ora sto lavorando a un altro volume, questa volta a colori, che sarà pubblicato entro la fine di quest’anno. Uno degli aspetti più impegnativi della fotografia, per me, è il processo di ricerca della somiglianza in immagini non correlate e di abbinamento tra loro in modo tale che raccontino una storia; raccoglierle insieme in un libro è un grande piacere.
Alcuni dei miei lavori sono visibili su:
Instagram: @maronati
Sito web: www.marcorigonati.com