di Gianfranco Pecchinenda
Riflessioni a partire dal volume di Simona Ginzburg e Eva Jablonka, Figure della mente. La coscienza attraverso la lente dell’evoluzione, Raffaello Cortina, Milano 2023
Come cambierà lo studio della coscienza nei prossimi cinquecento anni, a mano a mano che scienziati, romanzieri e artisti ridefiniranno il senso del concetto? Quali interrogativi troveranno una risposta? Quali verranno accantonati? Quali dovremo riformulare altrimenti? Quali nuovi incognite verranno alla luce?
Con questo insieme di domande la biologa Simona Ginzburg e la filosofa della scienza Eva Jablonka concludono il loro affascinante volume, Figure della mente, peraltro superbamente illustrato da Anna Zeligowski.
In questa insolita proposta editoriale prova a rispondere in modo originale alle inesauribili e sempre attuali questioni poste dall’eterna domanda Che cos’è la mente? proponendo al lettore cinque carrellate ricche di riflessioni di carattere non solo scientifico e filosofico, ma anche e soprattutto di carattere artistico.
Dopo aver dichiarato, in una breve prefazione, l’orientamento naturalistico ed evoluzionistico delle loro tesi, le due autrici aprono il lavoro presentando i modi classici con cui viene generalmente rappresentata e concepita la coscienza. Prendendo spunto da alcune metafore riferite ad aspetti più o meno specifici del fenomeno, vengono introdotti e descritti alcuni dei principali paradigmi quali il dualismo, il panpsichismo, il fisicalismo, il naturalismo aristotelico, fino ai più recenti tentativi, anche sperimentali, di approcciare lo studio della natura dei fenomeni mentali.
La seconda panoramica viene poi dedicata a una disamina dei diversi tipi di organismi viventi che possono essere definiti coscienti. Ad oggi – come è noto – non c’è consenso scientifico in relazione a “chi” possa essere definito cosciente e “chi” no, nell’intero spettro degli organismi viventi, dai batteri agli esseri umani: Sono coscienti i batteri, le piante, le spugne? Che genere di coscienza è possibile attribuire ai pesci, ai rettili, agli uccelli o agli altri mammiferi non umani?
Nel corso della terza panoramica le autrici enunciano quello che può essere considerato il nocciolo della loro tesi, secondo cui la coscienza sarebbe il frutto di un lungo processo legato all’evoluzione dell’apprendimento. La teoria evoluzionistica – scrivono le autrici – è l’arma più potente in biologia, in quanto è in grado di produrre un vincolo concettuale al quale vanno soggette tutte le altre possibili ipotesi sulla vita e sulla mente. Per procedere in termini di analisi evoluzionistica è però necessario individuare una sorta di propulsore del “cambiamento”, che consideri diversi livelli: quello genetico-molecolare, quello fisiologico-evolutivo e quello comportamentale o culturale.
D’altro canto – e questo è un aspetto molto importante e condivisibile sottolineato dalle due autrici – se è vero che gli organismi modificano il loro comportamento e la loro fisiologia così da rispondere al mutare delle circostanze esterne (l’ambiente) e interne (il genoma), “i loro adattamenti culturali e comportamentali tendono spesso a precedere il cambiamento genetico e contribuiscono a prefigurare le circostanze in funzione delle quali le variazioni saranno selezionate”.
Ciò significa, in altre parole, che l’adattamento evolutivo può a sua volta essere considerato causa delle trasformazioni di quelle circostanze ambientali che a loro volta premieranno la variazione genetica più adatta a quel nuovo ambiente: una visione della dialettica socio-biologica sulla quale, probabilmente, concorderebbero i maggiori studiosi contemporanei.
Chiarito questo aspetto di carattere più generale relativo al paradigma seguito, nel corso di questa terza carrellata viene di seguito posta la spinosa questione legata alle possibili definizioni dell’essere coscienti.
A parere delle due autrici, se si attinge agli studi multidisciplinari proposti da filosofi, sociologi, psicologi, studiosi di scienze cognitive e neurobiologi, è certamente possibile individuare una serie determinata di caratteristiche la cui presenza simultanea attesterebbe la forma più elementare della coscienza, cioè la sua espressione minima.
Una volta specificate e descritte tali caratteristiche (che vanno dalla capacità di formare immagini unificate del mondo e del corpo, all’accessibilità globale e trasmissione delle informazioni possedute; dall’intenzionalità della coscienza, alla capacità di attenzione ed esclusione selettiva degli stati di coscienza; dalla capacità di rappresentazione e integrazione temporale, alla presenza di sistemi affettivi di valore e obiettivi; dall’incorporazione e agentività, alla presenza di un senso del Sé), le autrici ritengono di poter individuare quello che definiscono un vero e proprio marker evoluzionistico della coscienza, ovvero quella singola proprietà circoscrivibile la cui presenza in un’entità data implicherebbe da sé la compresenza di tutte le caratteristiche di base della coscienza.
Secondo la loro teoria, tale marker evoluzionistico sarebbe costituito da una forma di apprendimento associativo a orizzonte aperto che propongono di chiamare “apprendimento associativo illimitato”, ovvero UAL (Unlimited Associative Learning).
Proviamo a capire meglio di cosa si tratta: l’apprendimento, definito come una modifica del comportamento in funzione dell’esperienza, esige:
(1) che uno stimolo sensoriale possa indurre un cambiamento nello stato interno del sistema;
(2) che un processo legato a dinamiche di rinforzo positivo o negativo consenta di serbare una traccia mnemonica di quel cambiamento interno;
(3) che una successiva esposizione a uno stimolo dello stesso genere si manifesti come un’alterazione della soglia che fa scattare una risposta comportamentale.
Si tratta evidentemente di processi alquanto complessi, che tuttavia lasciano intravedere la possibilità di sviluppare campi di ricerca assai promettenti.
L’apprendimento associativo illimitato (UAL) – come spiegano le stesse autrici – può essere considerato per molti versi come l’analogo ontogenetico dell’ereditarietà illimitata che si esplica nel tempo dell’evoluzione.
“Nel corso della propria biografia, grazie all’esperienza, un organismo capace di UAL può continuare ad apprendere senza restrizioni (o quasi) intorno al mondo e al proprio Sé.”
A ciò vanno aggiunti (o, meglio, integrati) tutti gli elementi – non meno complessi – legati alla dimensione simbolica, alle emozioni, ai sentimenti e alla totalità di ciò che può essere riassunto con il concetto di immaginario. Tutti questi elementi integrativi vengono discussi nel corso della quarta panoramica, interamente dedicata alla specificità della coscienza umana: i suoi caratteri sui generis, le sue origini, le sue ripercussioni strabilianti che conducono, infine, alla quinta e conclusiva carrellata, in cui vengono passate in rassegna “alcune varietà anomale” della coscienza umana che aiutano a spingersi oltre le sue proprietà più familiari per indagare con l’immaginazione e la fantasia le sue possibili espressioni future: dai manufatti umanoidi ai robot coscienti, dai cyborg alle dibattutissime questioni legate ai possibili stati di coscienza emergenti nell’ambito delle attuali e sempre più diffuse Realtà Virtuali.
Simona Ginzburg e Eva Jablonka,
Figure della mente. La coscienza attraverso la lente dell’evoluzione,
Raffaello Cortina, Milano 2023