EXAGERE RIVISTA - Gennaio-Febbraio 2024, n. 1-2 anno IX - ISSN 2531-7334

Il lato invisibile dell’Europa. Per un’antropologia degli Oltremare.

 

di Alberto Basoalto

La nostra immagine dell’Europa, parliamo di quella proveniente dagli anni della scuola, è geograficamente legata  alle forme fisiche e politiche che le cartine, ancorate ai muri delle aule scolastiche, ci riproponevano e continuano a riproporci in modo rassicurante. In realtà, quella immagine del continente, destinata a sorvegliare le alterne vicende scolastiche di ognuno di noi, è una rappresentazione parziale e incompleta. A ricordarci che esiste uno sconfinato, e molto spesso sconosciuto, Oltremare europeo,  è  ora il volume collettivo, curato dall’antropologo Adriano Favole, dal titolo L’Europa d’Oltremare (Cortina Editore).  Si tratta di un’Europa forse più viva e  vitale, sparsa per il mondo e figlia di scelte (spesso fallimentari) coloniali e postcoloniali. Estensioni, distanti anche migliaia di chilometri, che sono parte integrante, politicamente e amministrativamente, di paesi come la Francia, l’Olanda , la Danimarca, il Portogallo e la Spagna. Si tratta, molto spesso, di piccoli o piccolissimi territori, con lingue locali e culture molto evidenziate, dove vivono 6 milioni di cittadini europei.

L’invisibilità dell’Oltremare, ci spiega Favole,  è il prodotto di una rimozione collettiva di fatti e di misfatti del periodo coloniale e di tutto quello che questo ha significato per il vecchio continente. Il frutto di una ideologia, che fu in primo luogo economica, supportata, in molti casi, da quella razziale. Territori divenuti, successivamente,  osiamo aggiungere, terra di rimorsi, di concessioni di sostegni e di sostanziale abbandono, da parte di quella che una volta veniva definita la madrepatria, dal punto di crescita sociale.

L’Oltremare appare un universo, anzi un multiverso come lo definisce il curatore, la cui caratteristica principale è quella di essere invisibile. Invisibile sotto diversi aspetti , in primo luogo cartografico. Anche volendo, questi pesi non potrebbero essere in una cartina dell’Europa a meno che non si decidesse di estenderla alla quasi totalità del globo. La scusa, in questo caso, è quella di una invisibilità per motivi pratici. È poi difficile comprendere come l’Europa possa essere per certi versi puntiforme, una difficoltà concettuale, anzi cognitiva, di comprendere l’Oltremare europeo.

Il libro, suddiviso in sei parti, mette in luce i diversi aspetti di questo fenomeno, in primo luogo la mobilità che lo caratterizza al suo interno. La seconda parte è dedicata all’ambiente, cioè alla ricchezza e alla diversità di questi socio-eco-sistemi ultramarini . Segue la sezione sulla  arcipe-logicità di questi sistemi a cui la colonizzazione ha imposto logiche di centralità e marginalizzazione rispetto ai paesi di appartenenza. Si analizzano, poi, il ruolo connettivo delle acque e dei sistemi che sopravvivono e si ricostituiscono nella parte dedicata alle oceano-grafie. La quinta parte è dedicata all’etnogenesi, in essa si affronta il tema della creatività e della pluralità culturale, etnica e linguistica. Infine la sesta parte, Brexit, Covid-19 e gli Oltremare, è di pertinenza dell’attualità, qui si fanno le prime valutazioni e le prime analisi di quelli che potranno essere le conseguenze di questi accadimenti recenti.

In questa complessità, il vocabolo Oltremare appare tutt’altro che univoco. Al nostro Oltremare, come è possibile immaginare,  corrisponde un altro oltremare quello che, ad esempio, nella lingua della Polinesia francese dell’isola di Futuna, chiamano mei tei, letteralmente oltremare. Per loro Falani è la Francia, il vero Oltremare. In Europa, il termine data il suo utilizzo nel periodo coloniale. La Francia, che ha dovuto al pari di altri stati, fare i conti con le sue molteplici colonie, non ultimo a seguito dei tragici fatti algerini, un oltremare mediterraneo, sta proseguendo, sempre più verso politiche di omogeneizzazione, fatte di un mix di autonomia amministrativa e rafforzamento di legami, nella gestione di questi territori. Diverso è il caso Inglese dove, considerando l’insularità di quel paese, tutto appare, compreso gli europei continentali, overseas.

In questi territori, già complessi nella frammentazione delle popolazioni, sono, ad oggi,  presenti una serie di  tipologie di popolazione che vanno dagli indigeni e autoctoni ai residenti provenienti dal continente, chiamati i métros (da métropole), nel caso dei territori francesi. A questo, complicato atlante etnico  corrisponde, poi, un ancor più frammentato atlante linguistico.

Ma perché proporre, adesso, un’antropologia dei popoli Oltremare? Nata dalla creazione di un laboratorio di ricerca, preso l’Università di Torino, denominato Arcipelago Europa, l’intento di quest’ambito di ricerca, come ci suggerisce il curatore, è quello di dare una risposta all’interesse del cittadino europeo continentale per la conoscenza dei modelli di convivenze e dei conflitti interculturali presenti in questi universi. Universi, ci ricorda Favole, tenuti insieme proprio da una solidarietà fatta anche di resistenza delle periferie. Di un indigesto rapporto, perché viziato all’origine, destinato forse a non chiarirsi mai e legato alla necessità di conservare equilibri geopolitici ed economici.

 

A cura di Adriano Favole

L’Europa d’oltremare

Cortina Editore , 2020

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