di Alberto Basoalto
L’umanesimo, inteso come spinta culturale e interpretativa di solito associata al Rinascimento, non appare qualcosa di condensato e cristallizzato in un’epoca determinata. Tra le altre caratteristiche di questa onda culturale, dai contorni forse ancora fervidi, vi è, com’è noto, la riscoperta dei classici, la loro divulgazione, la loro rilettura. L’umanesimo, al suo apparire, fu indissolubilmente legato al manifestarsi di un mondo più vasto e diverso, complice anche la scoperta delle Americhe. La presenza dei classici offrì nuova linfa per interpretare e rideterminare spazi, geografici e culturali, in continua espansione. Oggi, siamo convinti che essi fungano ancora da bussola di fronte a una realtà, anche virtuale, che si estende ed aumenta a dismisura. Dinnanzi alla sfida delle pandemie, che si credeva sepolte negli annali della storia e della letteratura. La lezione dei classici continua ad esortarci, interrogarci, consolarci, anche grazie all’opera di studiosi come Ivano Dionigi del quale è disponibile, per l’Editore Cortina, il prezioso volumetto, Parole che allungano la vita, pensieri del nostro tempo, corredato di una essenziale e, oseremo dire chirurgica in quanto a precisione, prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi.
Era il 2002, ci ricorda Dionigi, quando Umberto Eco, relatore alla Alma Mater sul tema Cos’è un classico, asserì senza mezzi termini che la lettura dei classici allunga la vita. Di qui il titolo del nostro volume. Ma quale senso dare a questa affermazione certamente non legata all’aspetto biologico?
I classici, soprattutto quelli greci e latini, hanno assunto, e assumono tutt’oggi, una duplice funzione e natura: identità e alterità, fondamento e antagonismo. Siamo debitori al periodo della Grecia classica, in primo luogo per l’educazione al pensiero critico e plurale ma anche, e soprattutto, per il fecondo lascito alla nostra lingua corrente, della lingua greca e latina, capaci di associare parole a concetti sufficientemente astratti, servire da moltiplicatori della capacità umana di interpretare e dare senso al convulso divenire di tutte le epoche.
Il latino è stato lingua di tutti, unificante in una vasta area europea con al centro il mediterraneo, capace di coniugarsi in linguaggi specialistici, tanto che linguaggio scientifico delle tassonomie è universalmente pertinenza dalla lingua latina. La riscoperta, in periodo rinascimentale, dei testi antichi ha consentito al logos di legarsi, in affinità elettiva, al di lì a poco, nascente linguaggio scientifico-razionale.
Consideriamo ad esempio, nella scia dell’umanesimo, la posizione di Giambattista Vico (poi in parte da lui stesso rivista) a proposito della lingua latina ne suo De antiquissima Italorum sapientia ex latinae lingue origini bus eruenda. O l’importanza data allo stesso all’ars topica o al conoscere per causas.
Ai greci e ai latini va riconosciuta la capacità di porsi domande, quelle vere, ancora attuali: il tu qui es agostiniano o il tìs áristos bìos, con il quale, i pensatori greci, si interrogavano su quale fosse la vita ideale.
Ma non si tratta solo di riattivare reminiscenze o di mitizzare un passato. I classici per Dionigi sono, oltre che fondativi per la nostra identità anche esotici e antagonisti del presente: i classici guardano avanti. Ma come stiamo investendo questo capitale linguistico e culturale? Viviamo nell’epoca del maximum dei mezzi di comunicazione e del minimum della comprensione. Il linguaggio si impoverisce sempre più.
Al centro di questo lungo e travagliato percorso vi è la parola, logos per i Greci e verbum per i Latini. Questo è il vero miracolo per cui l’uomo da creatura diventa creatore. A questo proposito Dionigi cita don Milani: chiamo uomo chi è padrone della propria lingua . Ma come porsi di fronte a questo importante lascito? Accanto a parole mal usate, distorte, il presente ne richiede di nuove, non abusate, rivelatrici e euristiche, in una realtà che, complice anche le vicende pandemiche, non appare più chiaramente leggibile.
Non si tratta di un semplice passaggio tra il vecchio e il nuovo , è una sfida nella quale ognuno di noi non deve sentirsi escluso e, dalla quale, non è possibile escludere nessuno. Occorre, come ci ricorda Dionigi a proposito della vecchiaia, farsi carico del vecchio Anchise. Pensare ad un futuro in modo diverso, rielaborare e rivivere legami non ancorati a logiche economiche o di mera convenienza: sarà solo il pronome noi a salvarci.
Ivano Dionigi
Parole che allungano la vita
Pensieri per il nostro tempo
Prefazione di Gianfranco Ravasi
2020, Raffaello Cortina Editore