di Alberto Basoalto
Uno spettro si aggira tra le mura domestiche. Si tratta di un personaggio nato in letteratura e assurto a simbolo, ahimè, del dopo lockdown.
Ivan Aleksandrovič Gončarov, alla meta del 1800 ci ha regalato un romanzo divenuto, in seguito, uno spaccato sociologico e psicologico di grande effetto: Oblomov .
Oblomov trascorre molto del suo tempo in perfetta oziosità. Il non far nulla era la sua condizione normale, la vestaglia l’abito che lo faceva sentire senza peso, che seguiva docilmente il suo corpo, senza opporsi.
E perché parlare, ancora oggi, di Oblomov? Questa è la domanda che si pone Pascal Bruckner , nel suo ultimo saggio Le sacre pantofole, che reca il sottotitolo la fuga dal mondo (Guanda 2024).
Oblomov, ha rappresentato, per Bruckner, il vero eroe di del lockdowmn. Quell’uomo (quella donna) sempre a letto eravamo noi, eravate voi, con questa vita rasoterra cui siamo stati costretti per due anni. La pandemia ha rappresentato un duplice processo di cristallizzazione e accelerazione, ci ricorda l’autore.
La pandemia ha messo in evidenza, d’altronde ciò che era già nell’aria, il godimento per la vita reclusa. Il romanzo di Gončarov è divenuto, oggi, una premonizione, una caso di letteratura non d’intrattenimento ma di avvertimento.
Oramai è inutile negarlo, il XXI secolo è iniziato sotto auspici, a dir poco, contrastanti. Le Torri gemelle, la pandemia, i rumori sempre più vicini delle guerre. Il secolo precedente era stato altro cosa, la gente aveva infinta voglia di muoversi. Viaggiare.
Invece, nell’attualità, i viaggi orbitali di pochi miliardari sin vanno sostituendo al desiderio di conoscere e girare di milioni di giovani. Il Covid ha suggellato uno stato di cose, rivelatore delle nostre, mai confessate, inclinazioni mentali.
Le due ideologie che oggi dominano in Occidente, declinismo e catastrofismo, hanno almeno un punto in comune: l’invito a sopravvivere. A entrare in gara sono ormai le paure, che si presentano tutte come priorità assolute, ma anche le narrazioni sulla fine del mondo, che invece di annullarsi si sovrappongono. (…) Negli ultimi vent’anni abbiamo ingurgitato più eventi storici di quanti se ne possa digerire.
Eppure, finita la clausura decretata per legge, finito il lockdowm, molti lo rimpiangono. In fondo ci sentivamo meglio nel nostro microcosmo corredato di piccoli congegni tecnologici. Di fronte ai pericoli del mondo è preferibile la reclusione volontaria, rallentando i contatti sociali, lavorando da casa. In breve tempo, ci ricorda Bruckner, siamo passati dalla claustrofobia all’agorafobia.
La pandemia ci ha terrorizzati, ma ci ha anche liberati da un’angoscia ancor più grande: il probema della libertà. E quest’ultima potrebbe assumere , nei prossimi anni, il sapore lontano di un ricordo, di una chimera.
Il negativo è una connotazione molto presente. Siamo contro i vaccini, contro la carne, contro il voto, contro il nucleare, contro le automobili…D’altronde, anche in medicina, l’essere negativi è un bene.
Lontani ci sembrano i tempi del Rinascimento e dei Lumi, siamo entrati in un tempo sterile. Ci si protegge dalla storia restando in casa, sentendosi al riparo tra le pareti domestiche dove tutto ci infonde sicurezza e garanzia di apparente eternità. I giovani sembrano aver apprezzato, particolarmente, questo confinamento, condizione diffusa delle loro esistenze.
Ma siamo sicuri che il pensarsi felici equivalga ad essere felici?
Pascal Bruckner
Le sacre pantofole
La fuga dal mondo
Guanda 2024