EXAGERE RIVISTA - Luglio - Agosto - Settembre 2024, n. 7-8-9 anno IX - ISSN 2531-7334

La mostruosa incontrollabilità delle donne che scrivono

di Federica Biolzi

Il sottotitolo del volume ci dice tutto. Le donne che scrivono, pur rimanendo spesso nell’ombra, pur rinunciando a tanta di quella notorietà in vita che appare di pertinenza esclusiva dei colleghi uomini e pur dovendo risalire la china della presunta inferiorità (per non dire difficoltà naturale) nell’uso della lingua letteraria, hanno costituito un posto e un peso importante nella storia della letteratura. Vera Gheno, da esperta sociolinguista, analizza questa innegabile evidenza nel suo interessante volume: Parole d’altro genere, come le scrittrici hanno cambiato il mondo, recentemente edito per la BUR.

– Lei inizia con l’accennare a una sua personale esperienza risalente alle scuole superiori. Nel libro di testo di storia della letteratura, sui cento cinquanta autori presenti, solo dodici erano di sesso femminile, per non parlare poi del libro di filosofia. Perché ci troviamo di fronte a questa manifesta mistificazione?

-Credo che non la si possa chiamare altrimenti se non “patriarcato”. Ancora oggi, nasciamo e cresciamo in un contesto in cui il maschile (e il maschio) sono misura delle cose. Il “male gaze”, o sguardo maschile, riguarda tutti gli ambiti della nostra vita: dalla medicina al design, dall’urbanistica al mondo della cultura, alta e bassa, dagli algoritmi alla società. La donna, o meglio, come li chiama Chiara Bottici, i “secondi sessi”, sono ancillari rispetto a quello che definisce la “normalità”. E il punto è che, crescendoci dentro, nemmeno ci accorgiamo di quanto il nostro sguardo sia deformato dalla prospettiva maschile. All’epoca non mi pareva strano che nella mia antologia ci fossero così poche donne…

– Il volume ha la caratteristica di poter essere letto in modi diversi, anche aprendolo a caso. Quello che però tiene unito il testo è il procedere insieme delle scrittrici che lei cita, una sorellanza presupposto necessario al cambiamento di quanto ci circonda. Perché è così importante tenere legati i termini donne e mutamento sociale?

-Perché una delle caratteristiche principali del femminismo è sempre stata la sorellanza, la costante relazione tra le varie componenti del gruppo. Se una donna arriva al potere da sola, di solito lo fa adeguandosi alle “regole del gioco” patriarcali, senza metterne in crisi gli apparati. Uno dei modi per farlo, invece, è proprio quello di agire in gruppo, non in solitaria. Perché solo così si può arrivare a sovvertire il potere precostituito.

– Tra i molteplici temi trattati, tutti di grande interesse, ve ne sono alcuni che hanno attratto la mia curiosità. Per esempio l’indipendenza. In particolare la narrazione delle Amazzoni di Christine de Pizan. Cosa ha significato per queste donne decidere di non dipendere più dagli uomini e di governarsi da sole?

-Le Amazzoni sono donne del mito, che riassumono in sé il desiderio di indipendenza di generazioni e generazioni di donne. Direi che una delle forme ricorrenti che assumono i racconti delle scrittrici è proprio quella del mito, della narrazione fuori dal nostro hic et nunc. In questo modo, anche contenuti altamente sedizioni e che andavano a mettere in discussione l’ordine precostituito potevano venire scritti e pubblicati perché travestiti da altro. Una volta, lo scrittore di fantascienza cyberpunk William Gibson ha detto che gli piace la fantascienza perché permette di scrivere del presente travestendolo da futuro. Per molte donne, come per Cristina da Pizzano, è così: il mito dà loro modo di parlare di temi che, senza questo travestimento, sarebbero stati perlomeno disdicevoli da trattare.

– La solitudine, come lei mette in evidenza, è una condizione ricercata e subìta allo stesso tempo. Una condizione nella quale si è consapevoli di non essere importanti per nessuno. Perché questa consapevolezza pervade soprattutto il mondo femminile e come si è espressa nella letteratura?

-Forse, per vari motivi, noi donne siamo più abituate ad ascoltarci, a essere in contatto con la nostra interiorità. Io penso che la solitudine possa essere pesante anche per un uomo; ma per la donna, genere tradizionalmente visto come subalterno, diventa non solo una condizione esistenziale, ma anche uno stigma sociale. Le donne sono quasi sempre state considerate in quanto donne di qualcuno, non da sole. In questo senso, se è pur vero che chiunque può sentirsi non importante per altre persone, la questione diventa motivo di marginalizzazione principalmente per le donne. Non mi stupisce, dunque, che siano loro a scriverne, spesso, loro a riflettere sulla questione.

– Essere donna e essere scrittrice, un insieme, a volte, ritenuto contraddittorio. Perché questo connubio, come dice Margaret Atwood – da lei citata-, continua a fare paura?

-Penso che non ci sia nulla di più pericoloso per l’ordine “tradizionale” di una soggettività marginalizzata che acquisisce autocoscienza, consapevolezza. Don Milani lo diceva dei poveri, bell hooks delle persone razzializzate… io qui lo dico delle donne, ma vale per qualunque soggetto portatore di una o più diversità che lo portano a stare ai bordi della società. Una donna che si istruisce e poi usa la sua istruzione per mettere le sue idee per iscritto è – e per certi versi continua a essere – mostruosamente incontrollabile. Ecco perché fa paura a chi preferisce che le cose continuino ad andare come sono sempre andate, senza cambiare.


Vera Gheno ( a cura di)

Parole d’altro genere

Come le scrittrici hanno cambiato il mondo

BUR Rizzoli 2023

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