EXAGERE RIVISTA - Gennaio-Febbraio 2025, n. 1-2 anno X - ISSN 2531-7334

L’ombra lunga del vampiro: il Nosferatu di Robert Eggers

di Lorenzo Giordani

Quale ratto ha fauci tanto grandi?

Dopo lunga gestazione è uscito anche nelle sale italiane Nosferatu (2024) l’ultimo film del giovane regista statunitense Robert Eggers, tra i più originali del cinema contemporaneo la cui ricerca muove dalla rivisitazione di miti e archetipi intrisi di atmosfere horror. L’opera è il secondo remake, dopo quello del 1979, Nosferatu, il principe della notte di Werner Herzog, del capolavoro espressionista Nosferatu il vampiro (1922) diretto da Friedrich Wilhelm Murnau  ispirato a sua volta dal romanzo Dracula (1897) di Bram Stoker. Per questo sono confermati i nomi dei luoghi e dei personaggi che nell’originale furono modificati per problemi legati ai diritti d’autore dell’opera letteraria. La vicenda è dunque ambientata nel 1838 nella cittadina immaginaria di Wisborg, in Germania, dove la giovane coppia di sposi, formata dall’agente immobiliare Thomas Hutter e dalla moglie Ellen sembra vivere in un’apparente e complice serenità. In realtà a dominare la coppia è un senso di inappagamento e malinconia. All’inquietudine di lui, in cerca di uno scatto socio-economico che permetta a entrambi di vivere una vita agiata e che lo porterà sciaguratamente a incontrare il conte Orlok, corrisponde l’angoscia esistenziale di lei che si manifesta in fenomeni di sonnambulismo e isteria che sembrano perseguitarla fin dalla giovanissima età legati all’atavico patto con il conte stesso. La figura del bello e baldanzoso Thomas è senza dubbio poco interessante, pur nei suoi ostinati e ingenui tentativi di dominare la realtà, di risolvere i problemi e sconfiggere il Male, mentre Ellen, vera protagonista dell’opera, catalizza gli occhi dello spettatore con la sua perturbante e ipnotica seduttività alternata ai momenti di delirio e contorcimento fisico. La ragazza è rappresentata come una silfide, una figura femminile leggera, sottile, quasi evanescente, legata ad elementi naturali come il vento e i fiori. Già nella scena incipitaria del film la troviamo infatti intenta a raccogliere dei lillà, insofferenti per antonomasia alla luce del sole, la cui simbologia rimanda, certo non casualmente, all’innamoramento, ai sussulti del cuore quindi specchio perfetto delle caratteristiche del vampiro. Allo stesso modo si lascia sedurre e attrarre dal vento che dalla finestra annuncia l’arrivo del conte Orlok, rappresentato come un vero e proprio mostro in costante e incipiente stato di putrefazione, la cui ombra si allunga avida su lei come farà nel corso del film sulla sciagurata cittadina tedesca che assurge a simbolo dell’umanità tutta. Senza rievocare il resto della trama, ormai universalmente nota, si può quindi riassumere l’intera vicenda come una storia d’amore e di attrazione erotica, tragica e ineluttabile, tra il vampiro e l’insoddisfatta fanciulla che finalmente sembra liberarsi e appagare la sua Sehnsucht nell’orgasmo finale in cui il conte la possiede insaziabile, facendola sussultare, spasimare fino a provocarle convulsioni e infine la morte. L’amplesso tra i due amanti, destinati a stare insieme, si conclude dunque con la loro dissoluzione suggellando il legame di eros e thanatos cui sono ascritte tutte le storie di vampirismo.

Se l’intera vicenda si basa sui consueti significati simbolici, inconsci, psicanalitici del vampirismo e del sesso, condensati anche nelle parole “Il sangue è la vita!”, ripetute come un ritornello dal capo di Hutter, il signor Knock, Eggers sceglie di rendere esplicite le zone d’ombra, le allusioni, ciò che non era stato detto direttamente, tutto ciò in sostanza che sia in Murnau che in Herzog era rimasto in sospeso chiarendo e riempiendo alcuni buchi della trama.

Ma non è questa la vera forza del film. Ciò che lo impreziosisce, rispetto ai suoi precedenti, sono la potenza seduttiva delle immagini grazie anche al costante riferimento alla pittura, tanto da poter considerare l’intera pellicola un intarsio o un centone figurativo. Sono infatti evocati in un gioco di richiami e specchi grandi dipinti dell’800 e del primo ‘900. Se riferimenti alle opere di Caspar David Friedrich erano già evidenti nelle pellicole di Murnau ed Herzog, Eggers si spinge oltre in questa ricerca pittorica. Come non pensare infatti al noto I mangiatori di patate di Van Gogh nelle immagini della locanda o alle pennellate di Rembrandt nella luce tremolante e nella vivida carnalità dei volti di alcuni personaggi, e ancora, come non pensare alle angoscianti figure di Munch o agli interni domestici del danese Hammershøi di cui si richiama quel senso di mistero, solitudine e tensione epifanica oltre che il cromatismo dei grigi e dei colori desaturati? Ogni inquadratura, ogni frame equivale a visitare un’ideale galleria dei pittori suddetti con cui il regista ha ricamato e intessuto ogni sua scena con una cura maniacale e devozionale.

La forza e il fascino di questo nuovo Nosferatu è dunque tutta qui, racchiusa nelle immagini create da Eggers, che ci seducono avvolgendoci nelle tenebre, in quell’ “insopportabile oscurità” che ci fa domandare se il “male nasce dentro di noi o viene dall’al di là”.


Nosferatu
Regia di Robert Eggers
Cast: Nicholas Hoult, Bill Skarsgård, Aaron Taylor-Johnson, Lily-Rose Depp, Emma Corrin
Durata: 02:12
USA Universal Pictures 2024

Share this Post!
error: Content is protected !!