EXAGERE RIVISTA - Luglio - Agosto - Settembre 2024, n. 7-8-9 anno IX - ISSN 2531-7334

Luce e tenebra, l’Italia dei miracoli e la persistenza del sacro. Intervista a Marino Niola

di Gianfranco Brevetto

Goethe sosteneva che è un bene che ci siano tanti santi: ognuno può scegliersi il proprio, come più gli aggrada. Ma non solo santi. I culti , le pratiche religiose affollano il nostro quotidiano. Si tratta del sacro che investe il potere e l’ordine sociale. Nel suo ultimo libro l’Italia dei Miracoli, Marino Niola ci dà una mano della comprensione di un mondo che ha le sue radici nel passato ma ci riporta al presente e al prossimo futuro.

L’Italia si potrebbe dire che continui ad essere un grande laboratorio di religiosità, le sue profonde radici permettono di trovarsi a stretto contatto con pratiche ancora vive, dense di storia e tradizioni. Perché, ancora oggi, il miracolo è ancora importante? 

-Il miracolo rimane uno dei punti fermi e stringenti della religione, per il credente il miracolo è la manifestazione della potenza e della presenza del sacro. Senza segni il sacro diventa qualcosa per intellettuali, fatto di dogmi di pensiero di concetti di astrazioni, mente il miracolo è un segno concreto, in quel momento il sacro si materializza. E fa qualcosa di concreto, è una forma di efficacia simbolica, è un simbolo efficace che mi cambia la vita, perché attiva delle energie che sono in me e che io attribuisco al sacro. Un effetto placebo, quello che c’è spesso alla base di certe guarigioni miracolose. Pascal, in un passo bellissimo dei Pensieri, dice che in realtà in fondo non si fa peccato a non credere senza i miracoli.

Un capitolo del suo libro è dedicato a Luco dei Marsi, centro abruzzese in cui è vivissimo il culto dei serpari e di San Domenico. Cosa c’è di tanto importante in questo paesino della profonda provincia italiana? 

-La particolarità sta proprio nel serpente che diventa una bestia amica, un segno. Vi è una specie di continuità con il mondo antico, con il paganesimo. I serpenti erano un segno ctonio molto potente, anche per noi cristiani i serpenti lo sono, e con  non meno potenza, per motivi opposti. Ma qui il serpente ha una sorta di riscatto e diventa un animale simbolo delle prosperità e della continuità della comunità. Si rivela come farmaco e veleno, doppio termine che uso volutamente perché fa parte della scienza medicina. Tutto il regno ofidico in medicina è massicciamente potente. Esculapio viene rappresentato con un bastone e il serpente, il columbro . Quello che mi colpisce, quindi, è proprio questa continuità nel tempo. Siamo nella zona di Luco dei Marsi che era famosa per i serpari . Ne parla già Virgilio ( e poi D’Annunzio) riprendendo la figura di Umbrone l’incantatore, era il regno di Angizia , il cui nome viene dal latino anguis, serpente. Angizia è legata alla fertilità, alla salute, alla generazione e alla rigenerazione, alla circolarità della vita. Tutto questo lo ritroviamo oggi, nelle forme contaminate della civiltà di massa e dell’immagine, questo insieme di antico e moderno mi ha sempre affascinato moltissimo. 

Una cultura tramandata nei secoli e ancora vivente. Ma dove ha ereditato questa passione per un fenomeno come quello dei serpari?

-L’attenzione e la passione per questo rito mi viene, in parte, viene da uno dei miei maestri, Alfonso Maria Di Nola, che aveva dedicato molto a questo fenomeno.  Io trovo di grande interesse la figura di San Domenico questo taumaturgo di provincia da non confondere con Domenico di Guzman. Si tratta, va precisato, di  San Domenico di Sora, una cittadina, una parte d’Italia che tanto ha dato alla costruzione del carattere nazionale. Non dimentichiamo che da Sora viene Vittorio De Sica e da quell’area provengono tanti personaggi che hanno segnato l’immaginario italiano. Tutto questo mi conferma che questi riti sono poi l’Italia vera, quell’Italia  che  non va più nelle chiese , ormai quasi deserte, ma  che affolla di un’umanità traboccante questi santuari, ultimi templi della religione popolare.

Ma non sono la provincia aquilana, lei si focalizza anche sul culto della Madonna di Montevergine in provincia di Avellino. 

-Anche lì c’è una continuità millenaria con il rito dei sacerdoti  di Cibele, dei travestiti, che salivano al tempio a lei dedicato

Si direbbe di apertura verso questo genere.

-Assolutamente sì, è una Madonna gay frendly, un suo primo miracolo è  stato proprio un salvataggio di due omosessuali, condannati e lasciati  nel bosco.  Da allora c’è quest’enorme continuità  anche nella modalità del rito: l’ascesa e la festa dopo l’omaggio all’immagine. Un significato antico che si ripete ma che può anche cambiare, come dimostra quello che succede nel santuario negli ultimi anni. Si assiste infatti ad un’alternanza di comportamenti da parte della Chiesa  ufficiale che oscilla tra tolleranza e non accettazione.

Abbiamo ripreso solo due tra i casi, parimenti interessanti che sono trattati nel suo volume. Una considerazione però s’impone: questi fenomeni sono solo residui folclorici di una religiosità che va scomparendo oppure sono manifestazioni attuali ancora vive, sincretiche, insite nella religiosità non solo popolare?

-Sono insiti, è difficile considerare residuale un fenomeno che coinvolge centinaia di migliaia di persone. Il cattolicesimo vero  non è la religione sempre più disincarnata, sempre più astratta, che quasi sembra che abbia abolito il sacro. Il sacro e il sociale non sono la stessa cosa. La dimensione della Chiesa può essere sociale solo come ideale evangelico ma il resto è sacro. Luce o tenebra incommensurabile, come dicevano i grandi mistici. Se perdi quest’ultima dimensione hai perso anche il sacro. Le persone che affollano questi santuari in cerca di segni, in realtà sono alla ricerca o di luce o di tenebra, dell’esperienza di questa potenza non dicibile ma che si può gestire con i sensi,  con il corpo, con le emozioni.

Direi che a conferma di questo c’è proprio la vicenda di Napoli con Diego Armando Maradona e San Gennaro. Cosa sta accadendo in quella città? 

-Maradona è un caso interessantissimo perché ci dà la possibilità di assistere allo statu nascenti di una religione. Molto probabilmente, il pibe de oro, tra qualche decennio  o tra qualche secolo, sarà assunto a tutti gli effetti  nel pantheon, non solo popolare. Il suo legame con san Gennaro indica la forza di entrambi: la popolarità di Maradona si lega san Gennaro ma san Gennaro è, a sua volta, il Maradona della devozione. Qui si realizza quella duplicità iscritta nel nome di Gennaro, Ianuarius, che lo lega al Giano bifronte. La nuova rappresentazione del santo dovrebbe essere proprio bifronte,  un San Gennardando. Una contaminazione, come appare nei murales delle periferie partenopee che sono il futuro di questa metropoli.


Marino Niola 

L’Italia dei Miracoli

Storie di santi, magia, misteri

Raffaello Cortina Editore, 2024

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