EXAGERE RIVISTA - Maggio - Giugno 2024, n. 5-6 anno IX - ISSN 2531-7334

Manca il contatto con gli altri. Questionario sugli effetti della pandemia

di Marzia Bartalucci, Chiara Di Vanni, Chiara Paoli

  • Ipotesi

Lo stato di pandemia e il conseguente lockdown sono eventi traumatici che si accompagnano alla sensazione di impotenza, imprevedibilità e pericolo, con tutto quello che ne deriva in termini emotivi e di salute mentale.

Il questionario Bambini VS Covid-19 è stato creato e diffuso con l’obiettivo di raccogliere informazioni utili a strutturare interventi concreti e di prevenzione a sostegno dei bambini (da 1 a 12 anni).

L’indagine Bambini VS Covid-19 si pone lo scopo di indagare se le risposte emotive e comportamentali messe in atto dai bambini, possono essere riferibili a risposte date di fronte a eventi traumatici; come le famiglie hanno spiegato ai bambini la situazione; come i bambini hanno affrontato la novità’ della didattica a distanza; quale percezione hanno i genitori per il futuro dei loro figli; raccogliere informazioni per ulteriori approfondimenti diagnostici.

  • Metodologia

Il questionario Bambini VS Covid-19 è stato realizzato nell’aprile 2020, ovvero dopo il primo mese di lockdown che la popolazione italiana aveva vissuto.

Molte famiglie avevano già avuto modo di sperimentare un mese di chiusura, di didattica a distanza e soprattutto avevano già spiegato ai propri figli le motivazioni per le quali dovevano restare a casa.

E’ stato diffuso online (tramite WhatsApp e Facebook) il 27 aprile 2020, gli interessati potevano accedere al questionario attraverso un apposito link condiviso.

Il 02 maggio 2020 il link per accedere al questionario è stato ritirato dai social e non era più possibile compilarlo.

Il questionario è stato creato tramite google docs, che ha elaborato automaticamente la frequenza delle risposte.

Le risposte alle due domande aperte sono state analizzate in base alle tematiche emerse in modo più frequente, risultando così suddivise entrambe in macro categorie. La  domanda “Come hai spiegato alla/al bambina/o quello che sta succedendo?” è stata suddivisa nelle seguenti macro categorie: “usando la parola virus”, “la verità”, “troppo piccolo”, “utilizzando video e canzoncine”, “autogestione”. la domanda “Cosa ti riferisce la/il bambina/o in riferimento a questo periodo? Pensieri, sensazioni, emozioni, immagini..” è stata a sua volta suddivisa nella seguenti macro categorie: “ paura del virus e presenza di pensieri negativi o instabilità emotiva”, “desiderio di poter uscire, tornare alla vita di prima e/o la mancanza di nonni, parenti, amici e scuola”, “modalità propositiva, pensieri positivi rispetto alla situazione che stanno vivendo o propositivi per quando sarà finita”, “non esprimono niente in particolare o non sono in grado di esprimere un giudizio per età o presenza di patologia”.

Ai partecipanti che hanno fornito l’autorizzazione e comunicato la propria mail è stato inviato il report dei dati raccolti.

  • Campione 

Sono stati raccolti 219 questionari.

Il 98% delle persone che hanno risposto al questionario sono mamme, 3 papà e una nonna.

Il 53% del campione ha un unico figlio,  39% due figli, 6% tre figli, 3% 4 o più figli.

Il 33% dei figli ha un’età compresa tra i 4 e i 6 anni, 29% 1-3 anni, 22% 7-9 anni, 16% 10-12 anni.

  • Il questionario

Dal 27 aprile al 02 maggio 2020 è stato diffuso il questionario di autovalutazione Bambini VS Covid-19.

Il periodo cui i dati raccolti fanno riferimento, vede una distribuzione non omogenea della pandemia da Covid-19 in Italia.

A livello istituzionale l’ultimo Dpcm risale al 26 aprile 2020 e introduce, a partire dal 4 maggio: la possibilità delle visite ai propri congiunti, che vivono nella stessa regione; la riapertura di parchi e giardini pubblici; l’uso obbligatorio della mascherina nei luoghi chiusi accessibili al pubblico; l’obbligo di rimanere all’interno della propria abitazione per tutti coloro che presentano sintomi legati a sindromi respiratorie e una temperatura corporea superiore ai 37,5 gradi; la possibilità di tornare a effettuare attività motoria e sportiva, individualmente, anche distanti da casa; la possibilità di svolgere celebrazioni funebri; la ristorazione da asporto; la riapertura di diverse attività produttive e industriali.

Il questionario ( qui si indicano anche i valori rilevati nelle risposte) si compone di:

– 4 domande per la raccolta dei dati biografici

1

2

3

4

– 6 domande a risposta multipla, per valutare lo stato di salute dei propri figli:

5

6

7

8

9

10

– 2 domande a risposta aperta:

  • Come hai spiegato alla/al bambina/o quello che sta succedendo?
  • Cosa ti riferisce la/il bambina/o in riferimento a questo periodo? Pensieri, sensazioni, emozioni, immagini.

 

  • Risultati e discussione

La frequenza delle risposte mostra cambiamenti comportamentali nei bambini che non confermano l’ipotesi di esposizione ad un evento traumatico.

Le reazioni all’esposizione ad un evento traumatico prevedono problemi di stomaco, senso di nausea, stanchezza, disperazione, colpa.

Dalle risposte emerge una reazione di paura (il 50% delle risposte evidenzia che i bambini esprimono la paura del virus e/o lamentano la presenza di pensieri negativi e instabilità emotiva) che trova giustificazione nella non comprensione dei cambiamenti in corso determinata dall’età, nella mancanza di buona parte delle figure di riferimento (il 72% del campione evidenzia come principale mancanza lamentata dai bambini il contatto con le maestre, la famiglia, i nonni, gli amici) e nella mancanza di alternative valide (il 45,6% ha risposto che ha avuto un’esperienza negativa in merito alle lezioni on line).

Dall’analisi di possibili preoccupazioni dei genitori sui cambiamenti futuri del bambino/a è emerso che la maggior parte dei genitori riferisce preoccupazioni principalmente relative alla sfera comportamentale e a quello dello stato d’animo (il 38,4% dei genitori è preoccupato per il comportamento, un altro 36,1% per lo stato d’animo), seguono poi in ordine il rapporto con la scuola, le relazioni con gli amici, i pensieri e le dinamiche familiari.

Quello che vivono i genitori fa da cassa di risonanza alle sensazioni che i bambini esperiscono. Quindi, se i genitori ascoltano il telegiornale che trasmette notizie che mettono paura e alimentano uno stato d’ansia, tutto questo si riflette nei bambini.

Per arginare lo svilupparsi di sintomi persistenti alimentati da uno stato di paura diffuso, i genitori devono essere dei buoni ascoltatori. Rispondere in maniera semplice e chiara alle perplessità dei figli.

Condizione difficile da mantenere soprattutto nei primi giorni dalla notizia della pandemia che sconvolge e allarma soprattutto gli adulti.

A rassicurare i bambini sono i contatti con le figure di riferimento ovvero i genitori, gli insegnanti, i nonni che dovrebbero riuscire a mostrarsi sempre abbastanza calmi e creare un clima disteso.

Così come il virus stesso viene diversamente gestito dal corpo ancora in formazione (nel caso del covid-19 in maniera positiva, non letale come per l’adulto) anche eventi traumatici o periodi complessi hanno effetti differenti in una mente in formazione.

Il processo di crescita è legato alla crescita fisica e psicologica nell’ambiente sociale e si compie nel periodo che va dalla nascita ai 18 anni. In questo periodo la personalità acquista autonomia e maturazione, nella comprensione della partecipazione affettiva e di socializzazione.

L’evoluzione del bambino è in stretto rapporto con l’ambiente che lo circonda. Le sue strutture mentali, inizialmente semplici e legate all’azione, diventano più complesse.

In questa evoluzione la relazione con le figure genitoriali dell’infanzia condiziona e determina il modello di attaccamento, ossia la predisposizione a livello cognitivo, dell’umore e del comportamento. Dunque, i bambini, sentono l’apprensione dei genitori che attiva il processo di assimilazione e accomodamento per lo stato emotivo.

Se al momento sono evidenti manifestazioni di irritabilità, rabbia, capricci, questi sono da considerarsi alla stregua del periodo di crisi che caratterizza il passaggio ad una fase successiva del processo di crescita. Reazioni di ansia, tristezza, preoccupazione, agorafobia vanno accolte e inserite in un contesto di normalità.

Se è vero che non hanno a disposizione esperienze pregresse per gestire un trauma (quale il confinamento nella propria casa), è anche vero che il loro sistema neuronale è più flessibile perché in costruzione. È molto importante che famiglia e istituzione scolastica forniscano lo stesso tipo di informazioni circa la situazione attuale.

La plasticità insita nel percorso di crescita risulta utile soprattutto nella fase di ritorno alla normalità. I bambini saranno entusiasti e positivamente colpiti dall’emozione di poter incontrare familiari e amici. I sentimenti positivi hanno un effetto più profondo e significativo rispetto a quelli negativi. Quindi è importantissimo, in questa fase di reinserimento nel mondo esterno, affiancare i bambini in modo attento.

I genitori, i caregivers e le istituzioni scolastiche hanno l’opportunità di agevolare, accompagnare e sostenere i bambini nell’affrontare questo momento.

Il 12% dei genitori evidenzia cambiamenti nel sonno del proprio bambino, le motivazioni possono essere due, intersecate tra loro: una riguarda il corpo e l’altra la mente. Uscendo meno dalla propria abitazione e limitando le attività a quelle in casa viene esclusa l’attività di gioco con i coetanei e le eventuali attività di sport. Il corpo quindi è sottoposto a minore sollecitazione e avverte prima la sensazione di essersi ristorato con il sonno.

Mentre dormiamo il nostro inconscio ordina le immagini, le esperienze, le emozioni esperite durante la giornata, l’attenzione seleziona le informazioni durante il nostro stato di veglia, l’inconscio le archivia durante lo stato di sonno. È probabile, quindi, che le informazioni e soprattutto le sensazioni, emozioni di fronte le quali si trova la nostra mente durante la notte, siano ansiogene in questo momento e minate dalla mancanza di sicurezza. Questo porta a un sogno inquieto che può svegliarci prima di quanto programmato.

Il 72% del campione evidenzia come principale mancanza lamentata dai bambini, quella del contatto con l’altro (maestre, famiglia, amici).

Instaurare relazioni con altre persone è uno dei compiti, quindi dei bisogni, più vitali dell’infanzia ed è anche uno dei primi a comparire. Le relazioni costituiscono un aspetto fondamentale per comprendere le dinamiche personali e comportamentali. Esse forniscono il contesto in cui si sviluppano tutte le funzioni psicologiche.

Lo sviluppo sociale del bambino è orientato dalla relazione con i genitori e dalle relazioni con i pari, le prime forniscono la base, lo schema, le modalità di modulazione degli affetti, il gruppo dei pari fornisce una fonte di informazioni sul mondo inviando al bambino feedback circa le proprie capacità e confronto con le capacità degli altri.

I bambini sono stati con i genitori e/o caregivers, probabilmente hanno visto i nonni on-line, adesso possono incontrare i congiunti e poi sarà il momento degli amici.

Per cui, anche in questo caso, se ben sostenuti in questa fase, l’elaborazione delle emozioni esperite nell’emergenza potrebbe essere di aiuto allo sviluppo della capacità di gestione della mancanza, della frustrazione, la capacità di attesa e la pazienza, che sono fondamentali per l’equilibrio psicologico nell’adulto.

Dall’analisi della valutazione delle lezioni online è emerso che il 45,6% ha risposto che ha avuto un’esperienza negativa in merito alle lezioni on line, mentre soltanto il 20% dichiara di aver avuto un’esperienza positiva.

Dagli inizi di marzo siamo entrati in modalità “emergenza” e di conseguenza le scuole di tutta Italia hanno chiuso e tutti i bambini e i ragazzi si sono trovati in una sorta di “vacanza” forzata e hanno iniziato a sperimentare la scuola “virtuale”.

Lentamente siamo passati da un’iniziale “euforia” a frustrazione, rabbia e malinconia.

Che cosa c’è alla base di questa insoddisfazione?

Molti studenti riportano la difficoltà nel restare concentrati di fronte al pc, mentre si trovano da soli, magari nella loro stanza o comunque nel loro ambiente familiare che non è la propria aula di scuola.

D’altro canto i genitori si sono trovati a rivestire le veci degli insegnanti, cercando di essere pronti a reperire il materiale necessario per la didattica a distanza, spronando i figli a seguire le lezioni e sicuramente a spiegare ai figli che adesso è consentito

stare per molto tempo davanti a un pc o un tablet, dato che fino a un paio di mesi fa i suddetti strumenti erano demonizzati nell’arco della giornata.

L’unione di questi fattori ha sicuramente generato frustrazione e poca tolleranza verso le lezioni on line.

Un altro aspetto rilevante, da non dimenticare, e che scaturisce dall’uso della tecnologia, è che l’eccessiva permanenza davanti ad uno schermo può determinare dipendenza e sviluppare un comportamento aggressivo e/o passivo a seconda dell’alunno. Inoltre, le difficoltà che possono essere riscontrate con la DAD (Didattica a Distanza) possono riguardare l’aspetto Tempo, il Carico Cognitivo, gli studenti con DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento), l’Organizzazione e l’aspetto Valutazione.

La didattica a distanza, alle volte, viene interpretata come una mera assegnazione

dei compiti e di pagine da studiare, gravando in questo modo sul carico cognitivo degli studenti che hanno difficoltà a gestire in autonomia alcuni argomenti nuovi,

senza la relativa spiegazione. Inoltre, svolgere i compiti senza agganci cognitivi chiari porta i genitori a investire il ruolo di “insegnante”, il che può portare a dei conflitti nel rapporto genitore figlio.

Gli studenti con DSA sono stati definiti dal ministero “ragazzi che hanno dimestichezza con la tecnologia”, questo però non rispecchia la realtà, che è fatta da mille sfaccettature che vanno dall’accettazione dello strumento, alla gravità del disturbo, alla possibilità di avere un pc o tablet.

Non si può generalizzare e minimizzare il problema di un alunno con DSA, che si trova a dover seguire spiegazioni o a ricevere compiti da svolgere in modalità virtuale.

Rispetto alle difficoltà riscontrate nello spiegare ai figli cosa stesse succedendo è emerso che oltre il 60% dei genitori ha riferito che non è stato difficile spiegare ai propri figli che cosa sta succedendo, mentre meno del 40% ha riscontrato qualche difficoltà. 

Ma quanto è importante riuscire a dire la verità ai propri figli? Incide sullo sviluppo della relazione genitore figlio? Può avere influenze anche a livello psicologico?

Sicuramente, oltre alla situazione odierna, più di una volta i genitori si sono trovati di fronte a situazioni, dolorose o imbarazzanti, in cui era necessario spiegare la realtà dei fatti. Alle volte, per la paura di ferirli o per avere risultati immediati, qualche genitore avrà sicuramente optato per delle piccole bugie o dei piccoli rimodellamenti della realtà, per poi in seguito rendersi conto che la sincerità è sempre la miglior scelta.

Essere sinceri con i propri figli crea un rapporto di fiducia e di stima reciproca, che non potrà essere leso da niente, e che sarà utile quando i figli entreranno nella fase adolescenziale e si affacceranno a mano a mano alla vita adulta.

Spesso un genitore sceglie di non essere sincero o perché ritiene che il bambino sia troppo piccolo per comprendere la situazione o per non “traumatizzarlo”.

Riuscire ad avere un dialogo aperto e sincero fin dalla tenera età, tenendo sempre presente il carattere e la personalità di ogni singolo bambino, aiuterà a far capire al figlio che può esprimere i propri sentimenti, vissuti, emozioni.

Dire la verità è una delle sfide più grandi che un genitore debba affrontare, è importante ricordarsi che ai bambini non va nascosto che si può soffrire, essere arrabbiati o impauriti e non dobbiamo impedirgli di sentire o manifestare queste emozioni. Dopo aver scoperto la realtà dei fatti il bambino si dovrà sentire accudito e al sicuro nonostante tutto. In un momento storico come quello che stiamo vivendo è molto importante riuscire a spiegare la realtà dei fatti ai propri figli.

Dall’analisi delle 219 risposte date alla domanda “Come hai spiegato a tuo figlio cosa sta succedendo?” è emerso che la maggioranza dei caregivers ha spiegato ai propri figli in modo reale la situazione che stiamo vivendo. Molti hanno riferito di aver utilizzato la parola “Virus” con i propri figli, per far comprendere al meglio il motivo per cui non possono uscire di casa, la scuola è chiusa e non possono recarsi né a casa dagli amici né dai nonni o dagli zii. Alcuni si sono avvalsi di supporti video strutturati appositamente per i bambini, come il video “Covid il Barbaro” oppure “Coronello”, altri hanno utilizzato storie e metafore come “Purtroppo bisogna stare attenti e come un cavaliere dobbiamo indossare le mascherine per combattere il virus e che specialmente quando si tornerà dai nonni dovremmo stare ancora più attenti e che piano piano si tornerà fuori a giocare con gli altri bambini”.

Andando nel dettaglio delle risposte date dai nostri partecipanti, abbiamo potuto riscontrare che i genitori che si sono avvalsi di video, storie e metafore, per poter spiegare ai propri figli la situazione che si è creata a causa del Covid-19, hanno bambini di età compresa tra 1-4 anni.

È stato riscontrato che bambini di questa età, grazie alla fantasia e all’immaginazione riescono a comprendere meglio eventi o oggetti che sono facilmente richiamabili alla mente.

Il bambino, attraverso il pensiero fantasioso, riesce a esprimersi liberamente e a entrare in contatto con il mondo, infatti spesso è attraverso il gioco di fantasia che il bambino diventa creativo e sperimenta nuove realtà, riuscendo in questo modo ad adattarsi ai nuovi eventi. Inoltre, i bambini tendono a usare l’immaginazione per affrontare le loro paure. Il fatto che molti genitori abbiano deciso di trasformare una situazione delicata, come quella del Covid-19, in storie di fantomatici virus che devono essere combattuti da cavalieri con la mascherina è in perfetta sintonia con quanto detto fino ad adesso.

Cos’altro possiamo fare per aiutare i bambini ad affrontare la situazione attuale?

Garantiamo ai nostri bambini la loro routine, ascoltiamoli, aiutiamoli ad esprimere le loro emozioni, siamo sinceri, prendiamoci cura di noi, coltiviamo un pensiero positivo, stabiliamo dei confini, trascorriamo con loro del tempo piacevole, abbracciamoli spesso, crediamo nelle loro capacità, consentiamo loro di fare movimento, favoriamo il più possibile la socializzazione e l’incontro con i coetanei, apprezziamo la loro unicità. Ogni bambino è diverso dall’altro, osserviamo e ascoltiamo attentamente nostro figlio che è diverso anche da noi genitori e dai bambini che siamo stati.

L’analisi delle 219 risposte date alla domanda “Cosa ti riferisce la/il bambina/o in riferimento a questo periodo?” è emerso che solo una piccola parte dei bambini (6%) non riferiscono niente in particolare o perché non sono in grado di esprimere un giudizio vista l’età o per la presenza di patologie. Nel 50% delle risposte si evidenzia come i bambini esprimono la paura del virus e/o lamentano la presenza di pensieri negativi e instabilità emotiva.

All’interno di questa categoria di risposte si evidenzia chiaramente la percezione della pericolosità del virus e dei comportamenti adottati per evitare il contagio (distanziamento sociale e mascherine) e il timore di non poter tornare alla vita di prima, in parte delle risposte è chiaramente espressa la paura della perdita dei genitori o di persone care.

Per quanto concerne l’emotività mostrata dai bambini, le risposte mettono in evidenza che le emozioni vissute maggiormente dai bambini in questo periodo sono tristezza e rabbia, inoltre sono molto presenti stanchezza apatia e noia.

Nel 35% delle risposte emerge il desiderio dei bambini di uscire e/o poter tornare alla vita di prima, oltre che la mancanza di nonni, parenti amici e scuola.

Vorremmo porre l’attenzione su una parte, seppur minoritaria di risposte (9%), che fanno emergere una modalità propositiva da parte dei bambini che apprezzano aspetti dello stare a casa o che si proiettano a quando potranno uscire per fare nuove esperienze o che pensano a come fare per risolvere il “problema virus”.

Come interagisce la reclusione con le varie fasi di sviluppo dei nostri bambini?

Fino ai due anni di vita, il fatto di passare molto tempo soltanto con i propri genitori e caregivers può certamente essere positivo per lo sviluppo fisico e di una forte autostima e compiute le fasi di sviluppo e controllo fisiologico, il bambino inizia la sperimentazione della conoscenza del mondo. Le sue azioni perdono le stereotipie e variano in rapporto alla situazione in cui si trova tramite comportamenti per prove ed errori. Il bambino inizia a interiorizzare ciò che lo circonda e a dimostrare un pensiero di tipo simbolico su ciò che accade. Inizia ad avere un’idea della relazione di causa ed effetto, e inizia a prevedere o anticipare ciò che sta per succedere.

Quando il bambino inizia a comunicare il pensiero non è ancora del tutto flessibile in quanto non riesce a collegare tra di loro i concetti.

È importante raccontare cosa sta succedendo, raccontare la reale causa e descrivere il presente come l’effetto, la corretta reazione delle persone per evitare di mettersi in pericolo.

È di massima importanza ripetere e chiarire che non è colpa loro quello che sta succedendo e che non perderanno mai l’affetto della propria famiglia.

I genitori non si possono sostituire ai coetanei ma possono far sentire il proprio incondizionato sostegno, il loro indomito affetto, una costante discreta attenzione e la disponibilità ad ascoltare senza giudicare. Il periodo che stiamo vivendo alimenta le paure, i pensieri negativi e l’instabilità emotiva tipiche della pubertà; sia per la situazione reale di mancanza della socialità ma anche per apprensione rispetto al comportamento dei genitori.

Dall’analisi di possibili preoccupazioni dei genitori su possibili cambiamenti futuri del bambino/a, è emerso che più del 30% dei genitori è preoccupato per il comportamento e per lo stato d’animo.

La diffusione dell’epidemia da Covid-19 ha generato fin da subito confusione, preoccupazione e panico; la paura in molti si è insinuata come il virus stesso.

Paura di infettarsi e di essersi infettati, paura per i propri figli, paura per i propri genitori e per la crisi economica che sarebbe potuta arrivare; tutto ciò è stato alimentato dalle immagini in TV, dall’aumento dei contagi e dall’incertezza su tempi e sul futuro.

È frequente che un genitore, che ha tra i suoi “compiti” quelli di accudire, prendersi cura, comprendere le emozioni del proprio figlio e prevederne le tappe evolutive, possa sentirsi insicuro o temere che una situazione di questo tipo possa influire in qualche modo sul futuro benessere psicologico dei propri figli.

Certamente ciò che influisce sulla reazione psichica dell’individuo dipende in parte dall’evento stesso e dal grado di esposizione della vittima ma anche dalle caratteristiche di personalità, dalla struttura emotiva e cognitiva, dalla sua storia psichica, medica e familiare.

 

 

 

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