EXAGERE RIVISTA - Ottobre - Novembre - Dicembre 2024, n. 10-11-12 anno IX - ISSN 2531-7334

Mediasenso

di Annamaria Rufino

 

Gli specchi del tempo ci rinviano continuamente a immagini che contornano i ricordi, filtrati, confrontati, elaborati, restituiti. Il ricordo, in sé, definisce il “vero” senso dell’accaduto. Di ogni accaduto, vero e non vero. Così, l’accaduto, nella sua distanza, raccoglie i rimandi di significato, proiettando nel futuro dell’oggi le proposte interpretative, giustificando o negando, le evidenze volute, costruite, immaginate, desiderate. Ma i limiti espositivi, narrativi, rappresentativi e, soprattutto, quelli comunicativi si disorientano e si frammentano, nel rimando continuo, alla ricerca dei “punti” estremi e irraggiungibili del senso. Nell’oggi sembra, ormai, in modo incontestabile. Così, nel dopo, distante dal passato, il senso non trova più una sua direzione, può solo tentare, nell’oggi, di confrontarsi con il contro-senso, che lo attrae e lo avvolge rassicurante.

L’immagine del senso, nonostante tutto, continua, testarda, a fissarsi nella sua monoliticità statica e testardamente impositiva, eppure ruota silenziosamente all’infinito, nella ricerca di uno spazio e di un tempo, che sembra non trovare. Si ritrova o prova a ritrovarsi ancora, per opposizione, nell’infinito incontro-scontro dialettico con il controsenso. Il Media-senso ne è la trappola beffarda, di entrambi. È lì che aspetta. Nel districarsi per difendersi, il senso si moltiplica infinitamente in rivoli di parole, ironiche contenitrici di segmenti narrativi, provocatori e lapidari del senso. Di sé stesso.

Il caso arbitra! Si attiva. Desoggettivizza il senso, lo sradica dal tempo e dallo spazio e lo spinge a rincorrere il controsenso, perché il senso non sparisca, definitivamente, nel nulla. Intanto, serve! Nella complessità della tenzone, dunque, tutti a raccolta: fatti, parole, oggetti, persone, nel vortice del Mediasenso si ricostruiscono. Tutti, nel sovrapporsi di toni e variazioni, di forme e sottigliezze, di tesi oppositive correlazioni. Riconfigurano una ingannevole direzione, in una nuova controdirezione e, nell’inganno, trovano un senso. Ma la maschera mediale non si distrae, anzi, beffarda, si appresta a ricreare una realtà dove riarticolare gli elementi di senso, disattivando, così, ogni tentativo di rincorsa verso un salvifico (!?) controsenso: ma il senso è lì, ormai, indifeso, solo, silente. Anche il ricordo è lontano.

Le luci della metropoli, contenitori immaginari del dire e del fare, del pensare e del sentire, dove sembrano pullulare tutti i sensi sconnessi, contagiati nel loro sfiorarsi, appassiscono al chiarore dell’alba. Timido albore di ragioni lontane e sconosciute e di mancate convivenze, nelle mura e oltre le mura, di una città che dice e contraddice. L’alveare sotterraneo si attiva per produrre e riprodurre spasmodicamente identità, di senso e di controsenso, mixando direzioni e controdirezioni. È lì, sempre lì, il Metasenso che avanza, sbircia in attesa della prima mossa, divora, oltre il tempo e oltre lo spazio, il corpo e la fisicità del senso e delle sue diramazioni. Un dispositivo innaturale che ritorna continuamente sul suo farsi e dirsi. Che maschera e smaschera. Si ripropone, beffardo dei timidi sorrisi interrogativi, di sguardi persi alla ricerca delle parole, che tentano di produrre il senso e le sue direzioni. Che non ci sono. Forse, finalmente, riemerge un altro controsenso? Un novello annuncio solidale sembra districarsi nei rivoli delle strade. Chiama a raccolta, cerca di attrarre. Si arrovella inventando, sensi e controsensi. Ci sono, da qualche parte?

No, non è così! semmai veleggia, occhieggiando dagli angoli delle strade, un registro spaginato e, appena, tratteggiato, senza numeri di pagine e senza righe. Il capoverso rimanda sconnesso alla fine. Non accoglie. Sfiora il tempo e lo spazio, cercando di attrarre e catturare, per darsi sostanza, ciò che respira affannato nelle parole e nei sensi. Si muove contraddicendosi, riaffermandosi disperatamente, cercando sguardi e parole, ancora.

Spasmodico, comunque e infinitamente, il tentativo di riempire quello spazio e quel tempo, quelle righe e quei volti, di tutto ciò che sorvola il senso e che non dà senso. Il limite è lontano. Non restituisce senso. Il salto oltre la siepe, si accenna, tra grovigli di foglie, di rami e di spine.

Un Quiz! Il senso della risposta.

 

Bibliografia

A Rufino, Umanesimo futuro. Conosci te stesso, Mimesis 2013.

A Rufino, In-Security. La comunicazione della paura nell’epoca medio-globale, Mimesis 2015.

A Rufino, Scegliere, decidere, cambiare, Mimesis 2020.

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