EXAGERE RIVISTA - Luglio - Agosto - Settembre 2024, n. 7-8-9 anno IX - ISSN 2531-7334

Periferia e piano d’immanenza. Appunti per un’ipotesi.

di Alberto Basoalto

Occorre premettere, per chi abbia avuto modo di accedere direttamente agli scritti del filosofo Gilles Deleuze, che nonostante una certa difficoltà, se pur iniziale, è indubbia la fascinazione, per certi versi consolatoria per l’impegno profuso, che si subisce e che coinvolge, il più delle volte, il lettore in modo fecondo.

In questa breve nota mi riferirò, in particolare, al testo che porta il titolo Che cos’è la filosofia, scritto a quattro mani con l’amico psicoanalista Félix Guattari nel 1991.

Approfitterò, qui, delle suggestioni sollevate da questi autori per tratteggiare ed articolare un ragionamento intorno al termine periferia.

Mi permetterò qui di condensare, in termini sufficientemente schematici e sperando di non rischiare di perdere aderenza e banalizzare, in termini di analisi, alcuni passi di questo volume.

Mi avvarrò, quindi, di un paio di concetti portanti del libro per utilizzarli conformemente a quanto ci dice l’autore a proposito dei concetti in filosofia, e mi limiterò a porre alcune domande finali.

Fatta questa dovuta premessa iniziale, seguiamo il ragionamento dei nostri autori.

Per Deleuze la filosofia  è  l’ arte di formare, d’inventare, di fabbricare i concetti.

Una volta svelato l’assassino e soddisfatta la curiosità dei più, mettiamo in pausa questa asserzione sulla quale ovviamente ritorneremo nell’immediato.

Pausa che ovviamente è utile per precisare quanto Gilles Deleuze ci dice a proposito della domanda posta nel titolo del libro,.

Che cos’è la filosofia è un dubbio che arriva a tarda ora, in vecchiaia, quando non è più il tempo di fare filosofia ma ci si interroga, solo in quel momento, su cosa sia la filosofia. È il momento in cui si  prende atto di quel che si è detto e si viene assaliti dal dubbio di non essere stati abbastanza convincenti.

Veniamo ai concetti. Deleuze, nel richiamare Nietzsche, ci dice che i filosofi non devono limitarsi a ricevere i concetti ma a farli, a proporli e inculcarli. Platone diceva – nota Deleuze – che bisogna contemplare le Idee, ma Platone stesso dovette prima creare il concetto di Idea. Che cosa sarebbe un filosofo di cui si potesse dire : non ha creato un concetto, non ha creato i suoi concetti?[1]

Non esistono però concetti semplici. Ogni concetto ha delle componenti e si definisce a partire da esse. E’ una molteplicità, sebbene non sempre una molteplicità si presenti come concettuale.[2] Ogni concetto rinvia ad altri concetti, nella sua storia, nel suo divenire e nelle sue interconnessioni presenti. Il concetto rende le componenti al suo interno inseparabili ed è egli stesso un punto di coincidenza e condensazione delle sue componenti.

Il concetto è dunque al tempo stesso assoluto e relativo: relativo rispetto alle sue componenti, agli altri concetti , al piano su cui si delimita, ai problemi che è chiamato a risolvere, ma assoluto rispetto alla condensazione che opera, a al luogo che occupa sul piano, alle condizioni che assegna al problema.[3]

Ogni concetto, seguendo Deleuze,  è un tutto frammentario e non si adatta ad altri concetti. Nascono, ci dice il filosofo, da un lancio di dadi. La filosofia, che li ha creati, li presenta però  come un Tutto potente, non frammentato, una Omnitudo che li comprende tutti su uno stesso piano. Una tavola, un taglio.

E’ questo un piano di consistenza, ovvero un piano d’immanenza dei concetti.

La filosofia – precisa Deleuze- è un costruttivismo e il costruttivismo ha due aspetti complementari che differiscono per natura: creare dei concetti e tracciare un piano. I concetti sono come le onde multiple che si alzano e si abbassano, ma il piano d’immanenza è l’onda unica che li avvolge e li svolge.[4] I concetti sono eventi, ma il piano è l’orizzonte in cui avvengo questi eventi, non un orizzonte relativo, un limite, bensì un orizzonte assoluto, indipendente da ogni osservatore. Il piano assicura il raccordo dei concetti con delle connessioni in perenne aumento e i concetti assicurano il popolamento del piano, su una curvatura sempre rinnovata e sempre variabile.[5]

In una filosofia che si pone come creatrice di concetti, il piano d’immanenza – per Deleuze – si pone come qualcosa di pre-filosofico e il non filosofico si pone proprio al centro della filosofia stessa. La filosofia non può dunque limitarsi ad essere compresa soltanto in maniera filosofica e concettuale, ma si rivolge nella sua essenza anche ai non -filosofi.

Il piano d’immanenza è come un taglio del caos ed agisce come un setaccio. Il problema della filosofia è di acquisire consistenza senza perdere l’infinito in cui il pensiero è immerso.

Fin qui il discorso, interessante come sempre, di Deleuze.

L’immagine del piano d’immanenza, come setaccio sul caos, appare utile e su questa vado a condurre la mia riflessione finale .

Pensiamo, in proposito, al rapporto tra centro e periferia nelle grandi città. All’apparente ordine del centro anche in termini di controllo sociale. D’altro canto la o le periferie, che si connotano per opposizione e ribaltamento delle qualità presumibilmente attribuite al centro. Su queste caratteristiche si è  variamente discusso.

E se le periferie, in luogo di essere la lontana e degradata eco di un centro caratterizzante e caratterizzato culturalmente in modo stabile, non fossero altro che il piano d’immanenza sul quale si stende un concetto come quello di centro? Se fosse la periferia ad avere una funzione di setaccio sul caos? Se fosse la periferia, quindi, a coagulare il centro e renderlo un concetto in grado di emergere? Un piano mobile che non contiene o delimita ma che lascia al centro la possibilità di coagularsi e sopravvivere. Un piano che non si pone in maniera oppositiva e qualitativa diversa, che non è un concetto, ma immagine del pensiero, l’immagine che esso si dà di cosa significhi pensare, usare il pensiero, orientarsi nel pensiero[6].

Cosa sarebbe il centro senza tener conto dell’infinito in cui è immerso? Cosa saremmo noi, in fondo, senza tener conto dell’immanenza dell’altro?


[1] Gilles Deleuze, Felix Guttari, Che cos’è la filosofia, Einaudi 2002, pag. XII

[2] idem, pag. 5

[3] idem, pag. 11

[4] idem, 25

[5] idem, 27

[6] idem, 27

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