di Clelia Toscano
Quando si parla di infanzia e di favole, la memoria va subito ai personali ricordi spesso accompagnati dal profumo di un libro. La sensazione che si prova è struggente, di piacevolezza se non di gioia. Difficilmente ci si dimentica dei libri letti da piccoli e delle sensazioni che li accompagnavano. Questi sono una parte importante dei ricordi di infanzia, che possono costituire l’imprinting della lettura. Senza scomodare Freud e la Psicoanalisi sulla funzione delle favole nell’evoluzione psicologica del bambino, l’esperienza ci dice che tutto ciò che è difficile spiegare ad un bambino col linguaggio degli adulti può essere invece raccontato con una favola. È grazie alle favole che si comincia a prendere dimestichezza con le paure e le oscurità che rappresentano ciò che il bambino ancora non conosce.
Una fiaba aiuta a rappresentare il bello e il brutto, la paura e la gioia, a porle dinanzi al Sé ma lontane da Sé. Questo è il valore e la funzione della rappresentazione, aiutarci a prendere dimestichezza con i nostri limiti e con ciò che non conosciamo ancora. Anche da adulti abbiamo bisogno delle favole, vale a dire del racconto e del raccontato, per rappresentarci e proiettarci in una esperienza sconosciuta come strategia per evitare la paura e gli imprevisti. Con qualcuno ho ragionato di ciò che diceva G.K. Chesterton:“Le favole non dicono ai bambini che esistono i draghi. I bambini sanno già che esistono i draghi. Le fiabe dicono ai bambini che i draghi possono essere uccisi. ” Le fiabe mostrano ai bambini come gestire i problemi e aiutano a costruire la resilienza emotiva. Queste mostrano problemi di vita reale in uno scenario fantastico, dove il più delle volte a trionfare sono gli eroi. I bambini hanno bisogno di scoprire, in un ambiente sicuro, che le cose brutte accadono a tutti. Solo così possono costruirsi i muscoli emotivi. Le favole offrono un modo di sperimentare situazioni spiacevoli in totale sicurezza e lo fanno con un linguaggio simbolico comune. Neil Gaiman, scrittore e fumettista inglese, scrive: “Naturalmente le fiabe sono fatte per essere trasmesse. Puoi prenderle, o esserne contagiato. Sono la moneta corrente che abbiamo in comune con coloro che hanno percorso le strade del mondo prima che arrivassimo noi.” (cit. in L’Oceano in fondo al sentiero, ed. Mondadori, 2015) Con le fiabe è possibile attraversare i confini culturali, avvicinarsi a culture diverse e promuovere una prospettiva diversa da quella della propria cultura di appartenenza ed un pensiero flessibile.
Oltre a ciò, la comprensione della storia e del suo senso supporta lo sviluppo della capacità del bambino di anticipare un finale e comprendere le storie future. E’ indubbio che le Fiabe sviluppano l’immaginazione, ma ancor più che forniscono agli adulti l’opportunità di promuovere la capacità di pensiero critico nei piccoli. La funzione nascosta dei racconti e delle favole è quella di proporre modelli relazionali e di comportamento; il non condividerne i modelli non giustifica l’evitare di leggere quei racconti. Un atteggiamento osservato in molti genitori è stato quello di preferire non raccontare fiabe perché non se ne condividono alcuni aspetti, ma proprio su questo punto ritengo sia possibile costruire la capacità di vedere le cose in modo diverso. Lo si fa attraverso la propria narrazione, da genitore. La fiaba in sé non fornisce la capacità di pensiero critico; è invece l’esposizione ad una storia e la conversazione guidata che ne consegue che lo facilita. La narrazione è tutto questo. Oltre ad affrontare tematiche di sviluppo, la fiaba e la narrazione aiutano gli adulti a parlare con il bambino di temi complessi o ansiogeni: separazioni, morte, abbandoni, conflitti. Così la fiaba e la narrazione correlata assumono spesso anche funzione terapeutica.
Tutte le fiabe indicano una morale, tutte le fiabe rappresentano una lezione. Da tutte le fiabe ci si aspetta un insegnamento, anzi vi è proprio un’aspettativa in chi ascolta nel voler cogliere attraverso il senso della fiaba, l’insegnamento sottostante. L’apprendimento della lezione o della morale sottostante non avviene in senso specificamente o principalmente cognitivo: il bambino tende a riconoscersi ed identificarsi nei protagonisti dei racconti, entrando in contatto con le diverse emozioni sperimentate, imparando a riconoscerle, a nominarle e quindi ad esprimerle. Avviene attraverso le emozioni suscitate dal racconto, dalla narrazione. Attraverso l’identificazione con i personaggi narrati, il bambino impara ad accettare il diverso, le regole e l’empatia.
Questo processo è uno dei modi per favorire quello che nel 1970 Daniel Goleman ( cfr. “Intelligenza emotiva”, ed. Rizzoli, 1994) in sostanza definì come intelligenza emotiva. Quest’ultima non è altro che la capacità di riconoscersi e riconoscere sentimenti, vissuti e relazioni ed è funzionale al benessere non solo di sé stessi, ma viaggiando in senso addizionale, anche della comunità in cui si è inseriti. Ho potuto osservare e sperimentare come nei minori autori di reato l’intelligenza emotiva così come la capacità empatica, siano in deficit o in sottosviluppo; questo sembrerebbe correlato a carenze relazionali, dove è mancata sempre l’esperienza della fiaba condivisa nello spazio affettivo con il genitore. La mancanza di una tale esperienza che coinvolge tuti i sensi del bambino crea un vuoto di immaginazione nell’adulto futuro, di mancanza di flessibilità e creatività e soprattutto lascia il vuoto di un’esperienza unica, quella di imparare divertendosi.
Bibliografia.
Bettelheim B., Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici della fiaba Incantesimo: significato e l’importanza delle fiabe.- ed. Feltrinelli, 2003
Ciarrochi J. Forgas J.P., Mayer J.D., Emotional intelligence in everyday life, Psychology Press, Taylor & Francis Group, 2001
D’Urso V., Trentin, R., Introduzione alla psicologia delle emozioni, ed. Laterza, Roma-Bari, 1995
Gaiman N.,L’Oceano in fondo al sentiero, ed. Mondadori, 2015
Goleman D., L’Intelligenza Emotiva che cos’è e perché può renderci felici– ed. Rizzoli, 1994
http://emotivamente.psy.unipd.it/intell_em.php Archiviato il 27 dicembre 2012 in Internet Archive
http://www.igeacps.it/limportanza-delle-fiabe-nella-crescita-emotiva-del-bambino/2019
Peter Salovey and David J. Sluyter (a cura di) “Emotional development and Emotional Intelligence: educational implications” 1997, New York: Basic Books