di Sandra Matteoli
Essere presenti è molto più che essere qui
(Michael Forbes)
Il tema della presenza in ambito pedagogico offre molteplici spunti di approfondimento e di riflessione. Questo breve contributo si sofferma su alcune considerazioni in merito alla presenza e al ruolo degli adulti di riferimento nei processi educativi e alla presenza di figure professionali che possano offrire loro un supporto all’interno di una relazione di aiuto.
Banalmente ma in modo innegabile la presenza è un aspetto fondamentale nelle pratiche educative. La presenza di figure adulte preposte assicura, fin dalla nascita, il soddisfacimento dei bisogni individuali per garantire a ogni essere vivente non solo la sopravvivenza e la crescita ma, soprattutto, la piena realizzazione di sé. Essere presenti è una disposizione dell’adulto che si assume volontariamente la responsabilità di creare e portare avanti nel tempo un processo educativo dinamico e complesso che permetta di raggiungere obiettivi diversi, ognuno legato all’altro e tutti imprescindibili. Fra questi possiamo evidenziare: favorire l’apprendimento di conoscenze, abilità e competenze; acquisire autonomia; realizzare le potenzialità individuali; compiere il miglior percorso personale possibile; divenire un cittadino consapevole e partecipe.
In una prospettiva ecologica e sistemica la possibilità di raggiungere risultati attesi dipende dall’interazione di molteplici variabili in un determinato contesto storico e socio – culturale. Attualmente possiamo evidenziare come, fra queste, assuma un ruolo di primo piano la possibilità di creare una relazione educativa positiva e adeguata alla specificità di coloro che vi prendono parte. Appare evidente che essa, pertanto, si ponga come elemento fondante e imprescindibile in ogni processo educativo. La relazione educativa che coinvolge l’adulto in modo altamente impegnativo, si configura “…come una relazione che richiede presenza, tempo, sopportazione della noia e della ripetitività…” (P. Milani, Relazione e educazione: alcuni nessi, in La relazione d’aiuto nella scuola e nei servizi socioeducativi). Una relazione di questo tipo, indubbiamente, richiede una forte intenzionalità che la sostenga e la rigeneri costantemente. Il concetto di intenzionalità educativa è, quindi, alla base di ogni relazione educativa. Potremmo affermare che tutto ciò che avviene all’interno di tale relazione deve essere stato pensato e progettato sulla base di una prefissata e riconosciuta intenzionalità educativa. Gli adulti preposti all’educazione – siano essi genitori o insegnanti – agiscono non in maniera estemporanea ma in base a un progetto intenzionalmente definito, che può essere realizzato solo all’interno di una dichiarata alleanza educativa e nel rispetto delle peculiarità di ogni persona in divenire.
La presenza di adulti che condividono il medesimo progetto educativo si può concretizzare nella messa in pratica di una reale alleanza educativa che trova il suo contenitore ideale all’interno delle varie strutture educative che accompagnano la crescita di ogni bambina e di ogni bambino fin dai primi mesi di vita. A partire dai Nidi d’Infanzia il valore educativo della collaborazione e della condivisione di intenti fra gli adulti è ormai riconosciuto come insostituibile per favorire il ben-essere e come un fattore di protezione importante per favorire la prevenzione delle difficoltà evolutive. Come afferma Maurizio Parente, “La partecipazione cooperativa e la condivisione progettuale diventano il perno intorno al quale ruota la possibilità di esaltare l’identità pedagogico-educativa delle famiglie e della scuola” (S. Matteoli, M. Parente, Il patto educativo). All’interno di una riflessione pedagogica sulla presenza è pertanto fondamentale sottolineare la necessità di un impegno progettuale da parte delle strutture educative per favorire e rafforzare l’alleanza educativa in un contesto sociale in continuo mutamento nel quale occorrono flessibilità e lungimiranza.
Parlare del rispetto delle peculiarità di ogni persona in divenire ci porta a riflettere su tema dell’inclusione nel suo significato più ampio e attuale: riconoscimento e rispetto dell’unicità di ogni persona e, in una prospettiva bio-psico-sociale, impegno per la creazione di processi realmente inclusivi nei vari contesti di vita (in primis famiglia e scuola).
Infine, un aspetto fondante della relazione educativa è il suo caratterizzarsi come una relazione di cura, definita come “una pratica che ha luogo in una relazione in cui qualcuno si prende a cuore un’altra persona dedicandosi, attraverso azioni cognitive, affettive, materiali, sociali e politiche, alla promozione di una buona qualità della sua esistenza” (L. Mortari, La pratica dell’aver cura). La stessa autrice definisce le azioni (le pratiche) che indicano cure adeguatamente buone e ci offre un bellissimo Manifesto della cura all’intero del libro del 2019 MelArete. Cura, etica e virtù. Non essendo possibile approfondire questi preziosi contributi come sarebbe necessario rimandiamo i lettori ai testi originali. Ci preme invece riflettere sulla pratica dell’aver cura di sé che è alla base della seconda parte di questo contributo e di cui la Mortari tratta in La pratica dell’aver cura. L’autrice evidenzia la necessità di aver cura di sé da parte di coloro che sono impegnati, sia come genitori che sul piano lavorativo, nell’aver costantemente cura degli altri, per poterlo fare in maniera adeguata e per prevenire situazioni di demotivazione, stress, disagio psicologico e fenomeni di burn-out. L’aver cura di sé richiede, per un genitore, consapevolezze che affondano le radici nella propria storia personale e familiare e sono proiettate verso il futuro per poter sostenere la crescita e la realizzazione dei propri figli. Per coloro che sono impegnati in relazioni educative e di cura a livello lavorativo occorrono consapevolezze personali, conoscenze e competenze che dovrebbero essere sostenute e potenziate in modo adeguato.
Nei contesti educativi formali abbiamo sperimentato spesso il bisogno di una presenza in possesso di adeguate competenze pedagogiche che possa offrire spazi di informazione, formazione e sostegno all’interno di un percorso di consulenza pedagogica. Si tratta di un intervento professionale che rientra nell’ambito della relazione d’aiuto, portato avanti da pedagogisti in possesso di specifiche competenze professionali, allo scopo di “… rafforzare le competenze del soggetto; aiutarlo a superare i problemi che gli si presentano; aumentare le competenze del medesimo circa il proprio compito educativo” (D. Simeone, La consulenza educativa. Dimensione pedagogica della relazione d’aiuto).
La consulenza pedagogica, al servizio delle famiglie e delle strutture educative, può essere rivolta al singolo genitore, alla coppia genitoriale, agli educatori e agli insegnanti nei vari ordini e gradi del percorso scolastico. Attraverso il colloquio il pedagogista, in ottica sistemico-relazionale, accoglie e ascolta gli adulti che vivono una situazione di dubbio e/o difficoltà legata al proprio ruolo educativo, alla consapevolezza delle sfide quotidiane che questo comporta in un contesto storico e sociale in continuo mutamento. L’accoglienza e l’ascolto aprono al confronto, alla riflessione personale, all’attenzione verso i protagonisti del processo educativo. Non si tratta di distribuire indicazioni e ricette preconfezionate ma di conoscere e comprendere la specificità di ogni relazione educativa, i bisogni personali, le traiettorie individuali di crescita per poter condividere nuovi significati e individuare modalità personalizzate per mettere in pratica interventi educativi mirati.
In ambito scolastico la consulenza non può prescindere dalla valorizzazione e dalla ricerca dell’alleanza educativa alla quale abbiamo fatto riferimento precedentemente. Riunire intorno a un tavolo docenti, educatori e genitori per un confronto sulla conoscenza reciproca di un figlio/alunno e condividere la stessa progettualità educativa è, al tempo stesso, un traguardo e un punto di partenza. Non è facile: richiede intenzionalità, cura, presenza e impegno nella relazione. Ecco che la consulenza pedagogica si realizza in un processo complesso e faticoso nel quale anche il professionista ha bisogno di essere presente a sé stesso e di prendersi cura di sé attraverso la formazione costante e la supervisione professionale.
Bibliografia essenziale
Enzo catarsi (a cura di) La relazione d’aiuto nella scuola e nei servizi socioeducativi, EDIZIONI DEL CERRO, Tirrenia (Pisa), 2004
Domenico Simeone, La consulenza educativa. Dimensione pedagogica della relazione d’aiuto. VITA E PENSIERO, Milano 2011
Luigina Mortari, La pratica dell’aver cura, BRUNO MONDADORI, Milano, 2006
Luigina Mortari, MelArete, Cura, etica e Virtù, VITA e PENSIERO, Milano, 2019
Sandra Matteoli, Maurizio Parente (a cura di) IL PATTO EDUCATIVO Proposte e strumenti per costruire relazioni positive fra insegnanti e famiglie, FRANCOANGELI, Milano, 2014