EXAGERE RIVISTA - Gennaio-Febbraio 2024, n. 1-2 anno IX - ISSN 2531-7334

Questo è l’unico mondo possibile? No, è l’unico reale. Intervista a Maurizio Ferraris.

di Gianfranco Brevetto

Il Tema che proponiamo per questo numero della nostra rivista è  “Il secolo di Pangloss?”. L’abbiamo pensato  avendo come punto di riferimento il noto personaggio del Candido che sosteneva, leibnizianamente e in maniera ossessivo-compulsiva,  che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Al di là delle polemiche contingenti che accompagnarono, all’epoca, quest’opera di Voltaire. Crediamo che questa riflessione si stia riproponendo, con attualità, in questi ultimi anni anche a seguito delle vicende pandemiche e degli eventi bellici.

– Gentile professore, ha ancora senso chiederci se questa sia la sola realtà possibile?

Una volta Bertrand Russell fu invitato a una gita sulla barca di un suo amico, e gli disse “credevo che la tua barca fosse più grande di quella che è”, e l’amico gli rispose: “no, la mia barca non è più grande di quella che è”. E Russell commentò: aveva ragione, nessuna cosa può essere più grande di quella che è, e la realtà con cui ci misuriamo non è certo l’unica possibile, ma è molto di più: è l’unica reale. Il torto di Pangloss stava nel credere che il mondo reale fosse anche il migliore dei mondi possibili, ed è un errore che nessuno di noi, credo, commetterebbe mai. Senza per questo smettere di sperare nella possibilità di un mondo migliore, e contribuire alla laboriosa trasformazione del possibile nel reale.

– La visione finalista, di progresso, delle vicende umane è entrata a far parte del bagaglio di orizzonti nel quale ci muoviamo e alla quale restiamo sostanzialmente attaccati. Ci dia qualche strumento utile, oggi, per interpretare il mutamento.

Se considera che la visione finalista è stata elaborata, e trasmessa in eredità all’Occidente, da Agostino, all’indomani del sacco di Roma, direi che le difficoltà, le “spremiture del mondo”, come scriveva lui,  non hanno mai costituito una vera obiezione al progressismo e al finalismo. Come dalle olive spremute esce un olio limpido, così dal male può venire il bene; sostenere il contrario, o limitarsi a sostenere che il male è male e basta, non serve a niente, tranne che a compiangersi. Il mondo di oggi, globalmente, si sta avviando verso la scomparsa dell’homo faber, e questo comporta grandi preoccupazioni, oltre che tempi di trasformazione lunghi e differenze nello sviluppo. Bisogna fare i conti con queste preoccupazioni, ma bisogna trovare dei rimedi, e per farlo è inevitabile adottare una visione finalista e di sviluppo.

– Riveniamo al nostro Pangloss, il precettore che insegnava la metafisico-teologo-cosmolostoltologia.  Se ci guardiamo interno sembra che il personaggio sia ancora di attualità. Come convivere con questi improbabili maestri?

-Non mi sembra che la scena pubblica abbondi di Pangloss. Vedo principalmente menagramo, vittime di complotti biopolitici, profeti del tramonto dell’occidente, del dominio della tecnica, della morte dell’uomo, della famiglia, dell’arte, delle stagioni… Mi vien quasi da dire: ce ne fossero, di Pangloss, fanno simpatia e almeno dicono qualcosa di originale, perché, vale sempre la pena di ricordarlo, quella secondo cui il nostro è il migliore dei mondi possibili è una tesi talmente originale da aver prodotto Candide, mentre che viviamo nel peggiore dei mondi possibili è una tesi banale al punto che, quando ci viene esposta da tassisti, negozianti, cuori infranti, non ci prestiamo la minima attenzione.

– Nel suo bellissimo libro sulla documanità,  lei introduce delle prospettive diverse. Quale mondo possibile ( o necessario) ci attende?

Sono onorato del giudizio che esprime. Non ho ovviamente alcuna idea di quale mondo ci attenda, ma ho una idea su quale sia il mondo verso cui dobbiamo tendere. E cioè un mondo in cui l’enorme ricchezza generata dall’umanità attraverso il Web possa ritornare all’umanità, liberandola dalle paure legate alla scomparsa dell’homo faber, e mettendola nelle condizioni di intraprendere il cammino che conduce, in un tempo infinito, cioè in una linea progressiva, verso l’homo sapiens. In Documanità faccio qualche proposta, e altre ne sto elaborando in un libro a cui sto lavorando adesso, dedicato a come giustificare e soprattutto a come attuare il Webfare, cioè il welfare digitale.

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