di Federica Biolzi
Il narcisismo è un disturbo sempre al centro di tante attenzioni, non solo da parte degli specialisti del settore. Un eco mai sopita, come è accaduto, negli anni passati, in occasione della pubblicazione del DSM-V. Fabio Madeddu con I mille volti di Narciso (Cortina Editore) ci aiuta a fare il punto della situazione.
-Come lei accenna, all’inizio del suo volume, il narcisismo rischia di ripercorrere gli stessi passi che hanno reso difficile, in passato, la collocazione del disturbo borderline da intendere come psicosi o nevrosi. Come riuscire a definire correttamente una personalità narcisista?
-I temi contemporanei indicano alcune direzioni in tal senso. Possiamo innanzitutto pensare al narcisismo come ad un termine che si riferisce ai vari modi di regolare l’autostima, con le possibili derive più ‘patologiche’ (o disadattive) e quelle mano a mano più ‘sane’ (o adattive). Come se potessimo regolare a volte gonfiandoci come un pesce palla, a volte nascondendoci per evitare situazioni in cui il nostro ‘Ego’ potrebbe essere anche lievemente criticato. Esisterebbe un narcisismo più sano (mi gonfio giustamente e realisticamente e solo in alcune situazioni; evito volontariamente e solo ogni tanto di espormi a critiche) e varianti più disadattive, appunto disregolate; esse possono prendere le forme descritte ma in modo marcato e costante, come modo stabile di regolarsi. Solitamente vengono denominate narcisismo ‘fragile-vulnerabile’ (ipersensibili alle critiche) e narcisismo ‘grandioso-arrogante’ (svalutanti e tendenti alla sopraffazione). E’ quest’ultimo a essere maggiormente descritto nel DSM 5 come Disturbo di Personalità Narcisistico, ma sempre più spesso nei sistemi diagnostici si fa riferimento a due sottotipi. Queste stesse varianti erano denominate secondo la tradizione del secolo scorso, a pelle sottile- facili in qualche modo all’offesa all’amor proprio – o a pelle spessa – impermeabili a critiche e a confronti. A queste due alcuni autori aggiungono quella più timida, ma altri non lo fanno. Potremmo avere dunque un narcisismo sano-adattivo e sul fronte patologico varianti fragile e grandiosa, cui aggiungere variante timida. Per complicarci ancora più le cose nel narcisismo patologico, molti autori ritengono siano facce della stessa medaglia (sotto il grandioso si nasconde fragilità, sotto il fragile si celano fantasie onnipotenti) mentre altri sono propensi a sostenere che siano medaglie diverse e più stabilmente ancorate a una o all’altra presentazione. E’ bene ricordare come tutti questi aspetti siano intesi lungo un continuum più che come presenti o assenti; quest’ultima modalità è stata ed è quella del DSM 5 ed ormai molto criticata.
-Lei indica in Freud e Klein quelli che hanno arricchito la discussione intorno al narcisismo, evidenziandone due direzioni principali. Come questi padri della psicanalisi hanno realmente contribuito al dibattito attuale?
-Sicuramente Freud ha il merito di avere preso spunto da un tema che era nell’aria (nella sessuologia del tempo o, su altri versanti per esempio in Oscar Wilde) e avergli dato una articolazione. Alcuni hanno sostenuto che – chiamando il saggio del 1914 ‘Introduzione al narcisismo’ – fosse consapevole di introdurre alcuni concetti su cui altri autori sarebbero sicuramente tornati. Fra questi la Klein; possiamo dire che riprendendo uno dei temi cardine freudiani – quello dell’investimento su sé stessi rappresentato dal mitico adolescente – abbia ‘sostituito’ alla pulsione erotica rivolta al sé di Narciso la pulsione aggressiva, centrale nelle sue speculazioni. In tal modo il narcisismo diviene per lei un tema legato alla aggressività, all’invidia, alla paura dell’inferiorità più che un tema erotico/sessuale. Si tratta di riflessioni molto vive in alcune aree del pensiero clinico-dinamico: molti autori contemporanei hanno rivisitato il narcisismo seguendo parzialmente la Klein – fra cui Otto Kernberg. Su altri versanti i temi della fragilità, della vulnerabilità, del trauma, hanno contribuito a spostare il focus su altre cornici teoriche e cliniche.
-Veniamo ora al momento della diagnosi. In sintesi, quali strumenti attualmente possediamo per arrivare ad una corretta valutazione di tale disturbo?
-Fra i principali vi sono questionari autosomministrati come il Personality Narcissistic Inventory (PNI) del 2009 che valuta entrambi i poli di cui abbiamo parlato e il Narcissistic Personality Inventory (NPI) del 1979 più specifico per il versante grandioso; sono entrambi usati soprattutto in ambito di ricerca. Legato all’approccio del DSM 5 e quindi al versante grandioso abbiamo la SCID II. Un approccio misto è legato al nome di Drew Westen, la SWAP. Infine il modello post kleiniano di Kernberg rimanda a un’intervista più libera (semi-strutturata) che si chiama STIPO. Ricordiamo però che – in particolar modo nell’area del narcisismo – molti clinici preferiscono affidarsi a esperienza e colloqui aperti, con limiti e vantaggi. Sia sul versante empirico sia su quello clinico, l’attenzione va alla grandiosità, alla vunerabilità, al contenuto delle fantasie, alla qualità delle relazioni interpersonali, alla rabbia e all’invidia.
-All’interno del volume vi è un approfondimento della social cognition, cioè all’attenzione portata dai ricercatori ai processi sociali e alle sottostanti componenti cognitive e affettive. Cosa ha significato questo modello alternativo di riconoscimento delle problematiche interpersonali?
-Dal punto di vista diagnostico il DSM 5 ha ipotizzato – in appendice – un diverso modo di guardare alle patologie di personalità, dando enfasi al tema appunto delle tematiche interpersonali. L’area è stata spesso approfondita anche facendo riferimento alla ‘Social cognition’: si tratta di un modello – originato dagli studi di Bandura negli anni ’70 – di grande fascino, orientato a comprendere quei numerosi processi correlati al comprendere e rispondere a emozioni, comportamenti, pensieri degli altri. Le distorsioni di quegli stessi processi si sono mostrati implicati in alcuni disturbi fra cui quello borderline. Recentemente attenzione è stata posta anche all’area narcisistica, indagando ad esempio un modello chiamato ‘mask model’ dove si ipotizzava l’esistenza appunto di una maschera grandiosa che celerebbe un profondo vissuto di inadeguatezza. Altri temi sono quello della ‘autostima contingente’, dove oggetto di indagine è la modalità con cui cerchiamo appunto conferme nel campo interpersonale oppure la rabbia esplosiva in seguito a offese anche minime. E’ presto per avere un’idea complessiva del contributo di queste ricerche che da un lato hanno il merito di porre attenzione su singoli pattern interattivi, dall’altro faticano a restituirci forse la sfumata complessità del nostro equilibrio. Sicuramente Narciso è mano a mano divenuto sempre meno alle prese con sé stesso e sempre più con Eco e altre creature dei boschi; nella nostra realtà, con il tessuto relazionale circostante.
-Nel mito di Narciso appare cruciale il tema delle difficoltà in campo affettivo. Le relazioni romantiche interessano tutti da vicino ed avere a che fare con un narcisista è una delle situazioni che si vorrebbero evitare. Quali indicazioni ci sta dando la ricerca empirica, negli ultimi anni, in questo delicato campo?
– Il movimento dell’investire su di sé, freudiano o kleiniano, sottolineano soprattutto il ‘ritiro’ dalle relazioni, pur con notevoli differenze. Altri modelli teorici dinamici o la social cognition, enfatizzano maggiormente le difficoltà direttamente relazionali. In entrambi i casi nel narcisista potremmo dire che l’altro (l’oggetto d’amore) è percepito come qualcuno che ‘deve’ gratificarci, che dobbiamo laboriosamente tenere a distanza (pena la fantasia che sia meglio di noi per esempio, o che ci sia necessario, il che limita implicitamente la nostra forza e autonomia), o che sia il nostro regolatore dell’autostima. In tutti questi casi è intuitivo come la qualità dell’amore, che prevede una certa dose di autenticità e di fiducia reciproca, sia incrinata lungo una spettro che va da lievi problematiche a severe manifestazioni di sfruttamento, rivalsa, prepotenza o a volte ritiri. La ricerca empirica su questo fronte inizia a fornire indicazioni per esempio sulle scelte di partner fragili o su alcuni aspetti dei partner che sono affascinati dai narcisisti. Altre ricerche cercano di caratterizzare come il partner del narcisista debba possedere alcune caratteristiche (bellezza, potere, denaro) che rinforzino automaticamente l’equilibrio narcisistico stesso. Ma siamo solo agli inizi degli approfondimenti empirici e anche qui si sconta un poco la difficoltà legata all’assessment.
Fabio Madeddu
I mille volti di Narciso
Fragilità e arroganza
tra normalità e patologia
Cortina Editore, 2020