[Exagere 11-12/2019 ospita, quasi per la sua interezza, contributi e testimonianze del Festival della Sociologia 2019 che si è tenuto a Narni nello scorso mese di ottobre. Si tratta di una importante collaborazione, per i temi e la qualità degli autori, intesa a dare il dovuto risalto a interventi provenienti da ambiti accademici qualificati . Si ringraziano il prof Mario Morcellini, la prof.ssa Maria Caterina Federici e, in particolar modo, il dott. Leonardo De Cosmo che, con pazienza e professionalità, ha curato il coordinamento di questo numero]
di Mario Morcellini
Per una comunità scientifica dotarsi di rituali di incontro va considerato come un esercizio di riflessività e di autoverifica, in un periodo come questo dove si manifestano nuove forme di associazione e di aggregazione, ancora più interessante se si tiene conto di fenomeni opposti di esaurimento e crisi di aggregazioni precedenti, nell’evidente obiettivo di ridefinire ed esaltare quelli che si potrebbero, tranquillamente, definire di secondo livello, anche in presenza di fenomeni ma dotate di specifiche appartenenze.
Ma la domanda che dobbiamo porci è: che “cosa fa un giorno diverso dagli altri giorni, o un’ora [diversa] dalle altre ore”. La risposta ce la fornisce l’autore della frase ora citata, Antoine de Saint – Exupéry, attraverso l’espediente dell’insegnamento che la Volpe dava al Piccolo Principe. Vale a dire che l’esercizio legittimo della distinzione, va letto come la forza esercitata da una comunità attraverso quei rituali, di cui prima si parlava, che risultano decisivi.
Parafrasando lo scrittore francese, dunque, possiamo asserire con certezza che in questo contesto il Festival della sociologia di Narni è diventato, ormai, un appuntamento irrinunciabile, fondante della tradizione culturale della manifestazione stessa. Per una felice intuizione di Caterina Federici e dell’Università di Perugia, il Festival, infatti, si è sempre connotato per la costante attenzione nell’individuazione di tematiche sempre di piena attualità la cui discussione pubblica è la prova evidente di una Sociologia contemporanea ai suoi utenti. La “comunità accogliente” di Narni, è ormai entrata a far parte integrante di tale rituale, e nei giorni della manifestazione si veste di un’aura più dinamica e giovanile, che attira a sé una pletora di giovani sia italiani che stranieri.
Anche la sua architettura rientra pienamente nell’anima della manifestazione, tra i luoghi/evento assume una funzione importantissima la navata in cui è stato ricavato l’Auditorium di S. Domenico, strabiliante sia per la stratificazione di stili architettonici, sia per la maestosità dei paramenti pittorici appartenenti ad epoche diverse, uno spazio che simboleggia le tante anime della Cattedrale di Narni, anche questa ormai entrata di diritto nella ritualità festivaliera.
Questo non è l’unico festival culturale interessante, basti pensare che anche altre discipline ricorrono a questo format inedito di visibilità, ma la sua specificità sta nel fatto che la riduzione della distanza con la società e con le comunità è una prerogativa fondamentale per le Scienze sociali.
Nostri recenti studi sui festival culturali hanno dimostrato infatti un’inedita capacità di sperimentare autentiche forme di spazio pubblico: nuove aggregazioni che funzionano da distributori sociali di appartenenza e dunque di capitalizzazione del benessere. Una tradizione questa, che si ripete da quattro anni a Narni, riuscendo a convocare, come dicevamo prima, la comunità scientifica, soprattutto giovanile, in un clima internazionale di interazione e parità accademica. I Festival, in questo caso specifico quello di Narni, risultano essere una chiara forma di democratizzazione culturale, esprimendo il bisogno del ritorno alla vita pubblica in controtendenza con l’individualismo e l’isolamento, in una costante ricerca dell’altro/ altri come riconoscimento di bisogni comuni.
Configurandosi infatti come sperimentazione di innovative forme di spazio pubblico; come nuove agorà della capitalizzazione della felicità dovuta proprio dalle relazioni che in questi contesti la fanno da padrone, contesti in cui la tradizione diventa festa in contrapposizione alle varie forme di declino.
Come ogni medaglia anche questa ha il suo rovescio. Un festival infatti non può nascondere che la comunità scientifica presenta limiti e inadeguatezze della presenza e vocalità che chiedono un’autocritica e una diversa capacità di proposta. Un tale ritardo risente dello studio del clima culturale e comunicativo contemporaneo improntato all’individualismo e al populismo, potenziato dall’aumento di centralità dei media digitali e dei social network, segnando un’inequivocabile frattura con le culture politiche e sociali tipiche dell’Italia del passato anche recente.