EXAGERE RIVISTA - Ottobre - Novembre - Dicembre 2024, n. 10-11-12 anno IX - ISSN 2531-7334

Svevo è molto blues. Intervista ad Alessandro Mizzi

di Gianfranco Brevetto

Rileggere la Coscienza di Zeno in forma di happening teatrale con mirabolanti episodi ricchi di citazioni letterarie e musicali. Magari in compagnia dei grandi triestini, di nascita o di elezione, che hanno espresso in modo autentico i sentimenti di una città che non ha mai cessato di essere un laboratorio a cielo aperto della cultura europea. 

Al Teatro Miela di Trieste la compagnia del Pupkin Kabarett, ha riproposto, in occasione dei cento anni dalla prima pubblicazione del romanzo, Italo Svevo & friends Jazz Blue Explosion che fu il primo studio che poi portò alla produzione de La coscienza di Zeno spiegata al popolo. Spettacolo teatrale concepito una decina di anni fa,  si propone di rappresentare le nevrosi dell’uomo moderno,  nella consapevolezza  che, citando il nostro Svevo, la vita non è né bella né brutta è originale. 

Ne parliamo con Alessandro Mizzi, interprete e capocomico.

-La coscienza di Zeno spiegata al popolo è una rappresentazione coinvolgente , destinata anche ad un pubblico giovane che desidera avvicinarsi a Italo Svevo. Spettacolo che  ha visto la regia del grande Paolo Rossi… 

-Paolo è un amico di vecchia data della nostra Compagnia ed è stato lui in qualche modo a spronarci.

Poi nel tempo siamo stati sempre fedeli alla prima versione che risale al 2014 con la sua regia e della quale abbiamo mantenuto il format. Fu proprio lui a suggerirci di approcciarsi a questo testo. Il gruppo teatrale del quale facciamo parte, il Pupkin Kabarett,  è attivo a Trieste da circa 20 anni e ha visto come complice assiduo Paolo. Lui è nato a Monfalcone. Nel 2006 aveva fondato La confraternita dei precari, composta da due compagnie teatrali una di Milano, la Baby Gang  e il Pupkin. Con questo gruppo abbiamo messo in scena Il giocatore di Dostoevskij. Abbiamo fatto una tournée che si è conclusa al Piccolo teatro di Milano. Fu lui a suggerirci di cercare di esportare un prodotto a km zero rivolgendoci agli autori e alle opere letterarie nate a a Trieste. Pensammo che sarebbe sarebbe stato bello fare una versione popolare di un’opera come La coscienza di Zeno. E da lì è partita la nostra ricerca che ha unito il blues e testi alti ma popolari che vede la partecipazione di musicisti blues e jazz di primo livello. Riccardo Morpurgo e Franco Toro Trisciuzzi.

-Un’idea molto originale considerando che avete tirato in ballo uno dei grandi nomi della nostra letteratura.

-Si tratta, in fondo, di un excursus su Italo Svevo che ci introduce a questo autore collocandolo nel contesto in cui era vissuto. Ci fa capire, in maniera dissacrante, questa città, complessa contraddittoria, e con una storia molto particolare. Geograficamente siamo collocati in questa ascella italiana con una riscoperta recente di una vocazione turistica non priva di vecchie e nuove polemiche, come  quelle legate alla presenza di molti compratori austriaci che approfittano di un mercato immobiliare ancora favorevole.

-Ma da dove nasce l’idea di mettere insieme Svevo con la musica blues? Perché, come tu suggerisci in teatro, Svevo è molto blues?

-Perché il blues mette in evidenza una malinconia dell’anima. Svevo, attraverso Zeno Cosini, ha sempre messo in luce questa inettitudine alla vita, questo disagio a vivere,  nostro malgrado, una certa epoca una certa società. Una disagio e una sofferenza che il blues aiuta a elaborare. Lo stesso disagio che dovette affrontare Joyce che fu arrestato dopo cinque ore che era arrivato per la prima volta in questa città solo perché si comportava in modo esuberante… 

-Mi ha fatto riflettere e sorridere la scena in cui si rappresenta una  lap dance intorno a una sigaretta. C’è molto più del vizio di fumo  raccontato da Svevo. Com’è nata questa idea?

-E’ stata un’idea di Stefano Dongetti, che ha scritto gran parte del copione,  Una scena subito accolta da Paolo Rossi. Con le prostitute l’uomo confessa le proprie fragilità, sono come degli strizzacervelli che si mettono in ascolto. Quella scena è molto carina perché appare Zeno Cosini che si confessa a questa donna. Volevamo offrire una versione completamente diversa che mettesse in luce come, nella Trieste della  borghesia dell’inizio del ‘900 e delle grandi ipocrisie, la moglie conoscesse il marito meno dell’amante o di una prostituta.

-Tra le altre chicche vi è anche una parodia del buon Lelio Luttazzi, compianto pianista e compositore, che  è stato per anni un ambasciatore di Trieste in Italia

-In realtà io vengo presentato come El Can de Trieste o poco più, ma anche Luttazzi, in altra epoca è stato uno dei cittadini più illustri di Trieste. Come quando citiamo Claudio Magris secondo cui Scipio Slataper è stata l’anima di Trieste che ha riscoperto, inventato, sognato per la città una grande aurora mentre questa si stava avviando al tramonto. Con Slataper nasce la triestinità come mancanza di una maturità e il disincanto per una vita vera. Questo è il disagio triestino che appare anche nella canzone di Luttazzi, un uomo solo e ubriaco che  riceve in regalo un cane come unico suo compagno.

-L’ironia di Svevo, quella che pervade i suo romanzi, è una della chiavi di lettura delle sue opere. Un’ironia  per nulla invecchiata o sbiadita col tempo.

-La vita a differenza di  tutte le malattie, ci dice Svevo, non è curabile. Il sarcasmo triestino nasce in quegli anni prima del 1918, in cui Trieste sembrava essere un esempio di convivenza tra popoli, religioni e culture diverse, un posto dove ci si poteva divertire in modo intelligente. Angelo Cecchelin, noto comico triestino arrestato più volte durante il ventennio,  diceva sempre che Trieste è una città in cui esiste una vena di genialità ma anche una vena di cattiveria. La sua storia parla sola , lui sosteneva che i quattro pilastri della vita sono vestirsi e spogliarsi, riempirsi e svuotarsi, la vita è un bidone…

Parlando sempre di ironia, anche se amara, non si può non citare il finale della Coscienza di Zeno, la grande esplosione….

-L’ epilogo della Coscienza di Zeno la conosco a memoria e provo sempre una profonda emozione e rileggerla. Qualunque sforzo di darci la salute è vano,  gli animali si sono evoluti l’uomo no. La  furbizia nell’uomo cresce in proporzione alla debolezza ed è finito a costruire delle protesi che portano distruzione. La psicanalisi, con le sue teorie, non può fa altro che peggiorare la situazione. Per poter guardare la realtà ci vuole distacco, un distacco drastico che solo l’ironia ci permette.  Per affrontare le vita bisogna esserne  sufficientemente distanti, cosa che solo gli inetti, come Zeno Cosini, forse sanno fare.


Pupkin Kabarett

La coscienza di Zeno spiegata al popolo

con Laura Bussani , Stefano Dongetti, Alessandro Mizzi

ed i musicisti Riccardo Morpurgo e Franco Toro

Regia di Paolo Rossi 

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