EXAGERE RIVISTA - Luglio - Agosto - Settembre 2024, n. 7-8-9 anno IX - ISSN 2531-7334

Un “mondo a sé”: tra centri e periferie.

di Giacomo Dallari

Periferia, dal latino peripherīa cioè «circonferenza» ovvero contorno o bordo. 

Si tratta di un termine che descrive uno spazio e che divide un interno da un esterno, delimitando così due settori distinti. Una circonferenza, dal punto di vista prettamente geometrico, è definita come il luogo dei punti del piano equidistanti da un altro punto fisso chiamato kentron, cioè centro. Il concetto di periferia, quindi, contiene al suo interno altri due concetti: l’incluso e l’escluso. L’incluso è colui che si trova all’interno, più vicino al kentron; l’escluso, al contrario, è colui che si ritrova all’esterno di questo luogo. 

Se a livello geometrico tracciare una circonferenza e definire di conseguenza una periferia ha conseguenze spaziali, che riguardano gli enti geometrici fondamentali, nella comunità degli uomini lo stesso gesto ha conseguenze che potremo definire politiche, cioè che riguardano tutti noi. Ognuno di noi, infatti, è periferia di qualcun altro o di qualcos’altro, ha un ruolo periferico rispetto ad un contesto, non è al centro di un sistema più o meno definito o è addirittura escluso da un ambiente. Un contesto lavorativo, per esempio, può vederci al centro nel momento in cui abbiamo compiti direttivi, ma possiamo trovarci anche nella posizione di enti periferici nel momento in cui il nostro ruolo ha un valore più tecnico e sistemico: kentron nel primo caso o uno dei punti equidistanti nel secondo. 

Le narrazioni storiche conferiscono alla periferia una connotazione negativa che a livello linguistico vede al termine città contrapporsi quello di “non-città” degna, per questo, di essere chiamata in modo diverso, cioè periferia. Immanuel Wallerstein, sociologo ed economista statunitense, globalizza questo concetto allargandolo al sistema mondiale nel suo complesso. Nel descrivere l’economia capitalista disegna un quadro nel quale ad alcuni stati centrali, in competizione tra loro, si contrappongono una serie di luoghi periferici funzionali al sistema stesso per cui la distinzione centro – periferia sarebbe una rappresentazione politica ed economica di un mondo basato esclusivamente sul sistema lavorativo: nel centro di questo mondo ci sarebbero i paesi che offrono lavori che richiedono ingenti capitali e conoscenze tecniche elevate e specifiche, nella periferia, al contrario ma in modo complementare, ci sarebbero i paesi che richiedono un alto numero di lavoratori e una forza lavoro non necessariamente qualificata. Nel kentron troviamo dunque progettazione, disponibilità economica, abilità specifiche e innovazione mentre nella periferia del mondo forza lavoro a basso costo o, più semplicemente, braccia.  

Wallerstein, riprendendo gli studi del francese Fernand Braudel, elabora la teoria definita del “sistema-Mondo”. Braudel ricostruisce la storia del capitalismo in Europa non attraverso le grandi battaglie o gli eventi maggiormente significativi, ma attraverso i fatti considerati minori, come il modo di vivere delle persone, i sistemi lavorativi e i loro comportamenti commerciali. In piena ottica marxista le diverse società umane sarebbero intese come una sequenza di sistemi produttivi che determinano sistemi politici, economici e sociali speculari e funzionali a tali sistemi. Ne sono esempi emblematici la schiavitù, il feudalesimo e lo stesso capitalismo. Secondo Braudel, infatti, il sistema capitalista vive di una regolare suddivisione in piani verticali per cui le zone periferiche nutrono quelle intermedie, che si trovano intorno al centro le quali, a loro volta, alimentano quelle ancora più centrali. Esiste quindi una reciprocità tra centro e periferie che crea una rete di dipendenze: se è vero che il centro del mondo dipende dai rifornimenti che giungono dalle periferie, è altrettanto vero che le periferie dipendono direttamente dai bisogni che il centro il quale, per mera sopravvivenza e prosperità, impone le sue regole e le sue leggi. 

Quelle che oggi definiamo come frontiere, in realtà, non avrebbero la funzione di delimitare uno stato o un determinato territorio, se non dal punto di vista prettamente fisico e geografico, ma di organizzare le risorse mondiali, le dinamiche politiche e quelle economico – finanziarie in funzione di un sistema che esiste grazie ad un cuore pulsante intorno al quale ruota un organismo complesso e articolato ma subalterno e gregario. La realtà economica attuale non può infatti essere compresa utilizzando come unità di analisi minima lo stato singolo e neppure i singoli continenti, ma un sistema sociale, economico e produttivo globale e mondiale proprio perché, come scrive Wallerstein, «caratteristica essenziale di un sistema sociale è l’esistenza al suo interno di una divisione del lavoro, tale che i vari settori o aree che lo compongono dipendano da scambi economici reciproci al fine di un continuo soddisfacimento dei bisogni dell’area stessa». In base a questa definizione di sistema sociale, secondo il sociologo americano, l’unico sistema economico e sociale attualmente esistente è caratterizzato dall’impero – mondo (Word – Empire) e dall’economia – mondo (Word – Economy). 

Il capitalismo, inoltre, ha bisogno di spazio e la distinzione tra centro e periferie è funzionale a questo bisogno. L’economia – mondo, così come viene descritta da Wallerstein, si struttura su tre fattori: espansione geografica, metodi di controllo della produzione lavorativa, organizzazioni politiche forti nel centro di questo sistema. Braudel, ha questo proposito, scrive che «il capitalismo è figlio dell’organizzazione di uno spazio sicuramente smisurato. Non sarebbe divenuto così forte in uno spazio limitato, forse non si sarebbe sviluppato affatto, senza la possibilità di utilizzare il lavoro ancillare di altri». 

Il mondo, quindi, perde la sua caratteristica meramente geografica e specificatamente spaziale e diviene un mondo che, seppur non completamente chiuso, agisce come un mondo a sé, con proprie regole e con dinamiche autoreferenziali. Nello stesso modo, termini come centro e periferie perdono la loro connotazione geografica e territoriale, per divenire concetti geopolitici ed economici. Alla luce di concetti come globalizzazione, sistema – mondo o economia – mondo, il sociologo americano ci offre una nuova concezione degli apparati culturali che, se nell’ottica di Marx venivano ridotti a semplici sovrastrutture, nel sistema elaborato da Wellerstein diventano colonne portanti sulle quali costruire il sistema capitalistico. Secondo Wellerstein, infatti, il sistema – mondo ha generato una sorta di cultura specifica con funzioni “anticorpali” in grado di respingere o assorbire le resistenze centrifughe che lo stesso sistema genera. La cultura, quindi, diviene uno strumento spiccatamente moderno che ha il compito di consentire fluttuazioni del sistema, lievi modifiche e scostamenti fintanto che questi non arrivino a mettere in discussione o a minacciare gli obiettivi del sistema – mondo. 

In conclusione, quando ci riferiamo al sistema – mondo, non ci riferiamo solo alle dinamiche che esso genera e nutre, come ad esempio la globalizzazione, il sistema delle multinazionali, la digitalizzazione, il controllo dei flussi comunicativi e delle migrazioni, ma è bene considerare tale sistema come una complessa ed articolata prospettiva antropologica e sociologica che, seppur fortemente economicista e non più in voga negli ambiti accademici e culturali, ci consente di guardare il mondo e il suo evolversi da un punto di vista storico, economico e sociale che un giorno, forse, potrebbe ridurre il significato di periferia ad un mero ente geometrico, mettendo al centro l’uomo e il suo benessere.

Bibliografia

  • Bottazzi G., Sociologia dello sviluppo, Manuali Laterza, 2009.
  • Braudel, F., La dinamica del capitalismo, Bologna 1981.
  • Wallerstein I., Il sistema mondiale dell’economia moderna vol.1, Il Mulino, 1974.
  • Wallerstein, I., Spazio economico, in Enciclopedia Einaudi, vol. XIII, Torino 1981.

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