di Gianfranco Giudice
Pubblichiamo il prologo dell’ultimo libro di Gianfranco Giudice, l’inizio di un percorso filosofico intorno al senso dell’esistenza.
Il marciapiede in una via assolata di una città del nord; è estate. In una mano porto un sacchetto della spesa, fa un caldo infernale, sono in maglietta e grondo di sudore. C’è anche mia figlia più piccola, che cammina dietro di me. Vedo da lontano un signore anziano abbastanza grosso, vestito in modo impeccabile. Ha la barba rossiccia, lo conosco di vista, sicuramente abita in zona. Decido di avvicinarmi; lo saluto e gli faccio i complimenti dicendogli che merita una medaglia per come sopporta il caldo, così vestito di tutto punto. Lui, gentilissimo, con voce educata mi risponde che è stato un militare e che per lui è normale essere sempre elegante. Guardando bene, vedo che ha una medaglia appuntata sul petto: è un Cavaliere dell’Ordine di Malta. La conversazione prosegue, gli racconto che anche mio padre è stato militare, dunque anche lui quando esce di casa non rinuncia quasi mai a giacca e cravatta. Nel dialogare vengo a sapere che il signore elegante proviene da una famiglia tedesca di importanti diplomatici, che ha studiato matematica ed epistemologia con il grande filosofo viennese Karl Raimund Popper e oggi si occupa di geometrie non euclidee, che insegna in una Università di Bruxelles. Abita in città quasi per caso. L’ha conosciuta da piccolo, quando veniva in villeggiatura in riva al lago con i genitori. A questo punto ci stringiamo cordialmente la mano, io con un senso di profondo rispetto, lui complimentandosi per il mio approccio cordiale, alquanto strano per la gente del nord, sorridendo per la casualità del nostro incontro. Il signore saluta facendo un complimento a mia figlia per la postura. La ragazzina ha seguito in silenzio e sull’attenti, con uno sguardo timoroso, tutta la conversazione; forse avendo sentito che il signore di fronte è stato un militare. Anche io sorrido alla persona che ho casualmente e piacevolmente incontrato e proseguo contento sulla strada assolata insieme a mia figlia, con la busta della spesa e col sudore.
Perché ero contento? Forse perché avevo incontrato una persona del tutto sconosciuta e, parlandoci brevemente, avevo in poche battute colto il senso di una vita intera, una vita in cui il caso e le scelte consapevoli avevano giocato insieme mirabilmente, imprimendo una certa direzione di marcia? Ero contento perché avevo ritrovato in quella vita sconosciuta qualcosa che richiamava la mia vita, i miei interessi, le mie passioni, mio padre? Mi ero riconosciuto in qualcosa di importante? Forse perché avevo per pochi istanti visto materializzarsi in un uomo il senso di una esistenza intera, un senso non del tutto estraneo a quello della mia vita?
Non possiamo passare ogni istante della vita a domandarci quale sia il suo senso, ma se non ce lo chiedessimo mai, sarebbe come se un uccello fatto per volare camminasse sempre con le zampe appoggiate sulla terra. Talvolta lo fa, ma come è nella natura dell’uccello volare, così è nella natura dell’uomo interrogarsi, cercando di dare un senso, quale che sia, alla propria vita. Da questa semplice consapevolezza sono nate le pagine che seguono.
Gianfranco Giudice
Con il sigaro in bocca.
Dialogo con mio figlio sul senso della vita
Stilnovo editore
2017