di Allegra Fisogni
Lo scenario
Alla fine di febbraio 2020, quando si pensava che il coronavirus fosse un problema soltanto “importato” nel nostro Paese, ma che non riguardasse gli Italiani, il Covid-19 ha iniziato ad abitare le nostre paure. Un nemico subdolo, perché invisibile, è entrato nel tessuto della quotidianità, imponendo cambiamenti tanto repentini quanto radicali di abitudini consolidate. Tra tutte una: l’isolamento sociale, non soltanto rispetto agli “altri”, agli sconosciuti, ma ai nostri stessi vicini o parenti. E poi, la sofferenza, il lutto. Nella sua forma più difficile da elaborare, perché il rischio del contagio ha reso impossibili condoglianze e abbracci, strette di mano, esequie e ha impedito di compiere una serie di ritualità che permettono di attraversare ed elaborare il lutto. A centinaia di famiglie non è stata neppure concessa l’opportunità dell’ultimo saluto ai cari defunti. Né di sapere dove le bare sono state portate, perché nemmeno ai cimiteri c’è più posto.
Il coronavirus ha disegnato uno scenario nuovo per le società del benessere, abituate a lunghi decenni di pace, senza conflitti. Si sta vivendo una guerra da combattenti, nessuno escluso, in cui il nemico invisibile è pronto a sferrare il suo attacco senza farsi riconoscere. Il trauma che il Covid-19 sta provocando ha due caratteristiche emergenti: 1) riguarda tutti noi e 2) si protrae senza che sia ancora chiaro quando tale situazione potrà concludersi.
In questa circostanza lo stato psicologico è messo a dura prova, sia dall’emergenza continua, sia dalle sue conseguenze sull’individuo e sulla società nel suo complesso. Come affrontare una simile criticità? Lo strumento Emdr (Eye Movement Desensatization and Reprocessing) può offrire un valido aiuto, per essere stato impiegato in situazioni di emergenza e in occasione di disastri, anche nel nostro Paese. In questo articolo, mi propongo di tratteggiarne brevemente la valenza terapeutica e specialmente preventiva per orientarsi di fronte ai vissuti di paura, impotenza e forzato distacco dagli altri.
Emdr: affrontare un trauma aperto hic et nunc e come prevenzione del PTSD
Come si diceva poco sopra, il coronavirus si presenta come un’azione bellica continua e imprevedibile. Di fronte a un trauma così potente, perché aperto, non risolto e non risolvibile hic et nunc per il suo carattere processuale, il supporto psicologico diventa indispensabile, sia a livello individuale sia sociale. Tra i molti approcci, si è rivelato particolarmente efficace in caso di disastri il metodo Emdr, letteralmente «desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari» di eventi traumatici.
L’Emdr rappresenta, ad oggi, lo strumento principale all’interno delle linee guida dell’OMS per il trattamento del Disturbo da Stress Post – Traumatico. Questo viene utilizzato come strumento di prevenzione nello sviluppo dei possibili disturbi psicologici che possono insorgere a seguito di un evento critico o potenzialmente traumatico. Lo strumento, quindi, risulta essere utili per la gestione e la decompressione delle reazioni peri – traumatiche sia nella popolazione coinvolta sia negli operatori che intervengono nella gestione subito a seguito dell’evento. L’Emdr è stato scoperto e definito da Francine Shapiro nel 1987 [1]. La base teorica su cui si fonda è l’Elaborazione Adattiva dell’Informazione. L’obiettivo della terapia attraverso l’utilizzo dell’Emdr è quello di riattivare il processo di auto – guarigione del cervello e desensibilizzare i momenti più disturbanti connessi all’evento critico vissuto.
Precisamente, il trauma di ieri perde, nell’oggi, parte del suo peso sulla vita psichica del soggetto, che ne è in tal modo alleggerito proprio perché elaborato. L’efficacia dell’Emdr, secondo questo studio collettivo, che vede convergere le competenze di psicologi e psichiatri, consiste nel favorire un rapido accesso ai canali associativi legati al ricordo preso di mira dal trattamento e permette velocemente il collegamento tra le diverse informazioni, veicolate dai diversi canali sensoriali, che nell’esperienza traumatica non erano processate, ricordate e quindi elaborate.
Poiché si è appurato che l’Emdr ricompone ed elabora il disagio psicologico, se somministrato nelle 48 ore seguite al trauma [2], esso è considerato la metodica di elezione in caso di disastri nella psicologia delle emergenze [3]: in Italia la prima esperienza sul campo, con la partecipazione di psicologi Emdr fu fatta in occasione del crollo di uno scoppio di gas di via Ventotene, a Roma (dicembre 2001), per poi essere estesa in occasione dei terremoti degli ultimi anni al centro e sud Italia: nel terremoto del 2012 in Emilia il 61% degli interventi è stato condotto da psicologi Emdr. In Lombardia, tra gli studi sperimentali sul campo, ricordo quello derivante dal supporto ai sopravvissuti dell’incidente aereo del grattacielo Pirelli di Milano (2005) e ai 263 bambini della scuola elementare che si trovava nelle vicinanze. L’esperienza accumulata dagli specialisti ed elaborata dall’associazione Emdr Italia [4] ha portato negli ultimi anni a valorizzare il ruolo della metodica anche come forma preventiva di approccio psicologica, per attenuare o evitare la costellazione del PTSD (Post traumatic stress disturbance). È dunque uno strumento più che mai apprezzabile oggi, che viviamo il trauma aperto del coronavirus.
Vissuti emotivi al tempo di Covid-19: cosa, fare, come ri-orientarsi? Da traumatizzati a caregivers
Nella fenomenologia traumatica di Covid-19 si individuano due macro aree. Una è quella che si riferisce all’attacco, perpetrato da un nemico invisibile, tipico delle guerre a bassa intensità, dove si alternano fasi di apparente calma (“a me non capiterà mai di ammalarmi”) ad altre in cui la forza antagonista colpisce con virulenza (“è una strage”, “non c’è più posto al cimitero”). L’altra riguarda la vittima designata, ovvero tutti noi, senza distinzione (“che incubo”, “perché questa pandemia?”, “e adesso?”). Le due regioni emotive costituiscono la trama del tessuto ansiogeno di questi giorni. L’ordito è dato, invece, dalle misure eccezionali decise dai governanti per contenere la diffusione del contagio: isolamento sociale, norme via via sempre più strette, collasso economico, stop generalizzato ad ogni attività considerata non essenziale, compresi gli atti sociali così fondamentali per il riconoscimento di sé, degli altri e per l’elaborazione della memoria, dell’identità. Mi riferisco in particolare all’impossibilità di piangere i propri amici e familiari attraverso le esequie: la civiltà nasce sui funerali, si riconosce unita e solidale nella memoria, elabora modelli (gli antenati).
Togliere la possibilità di un saluto al defunto innesca anche una dinamica altamente pericolosa per la psiche: fa sparire il soggetto per cui si prova dolore. In breve, rende insensata la sofferenza, proprio nel momento in cui la sofferenza, che è elaborazione del dolore, si presenta come unica consolazione possibile. Più in generale, proprio nel momento in cui abbiamo bisogno di conferme capaci di rinforzare la risposta positiva all’emergenza, siamo lasciati a noi stessi. L’isolamento forzato, essendo l’unica arma efficace per ridurre la viralità del morbo, va contro il bisogno vitale di comunità che è proprio della persona umana, specialmente in contesti ad alto tasso di relazioni come il nostro. I social network compensano in parte, in modo virtuoso, questo vuoto. Tuttavia la loro parola manca di una valenza propriamente terapeutica, che spetta alla competenza dello psicologo e dello psicoterapeuta. Ma come impiegare la grande esperienza di una metodica specifica contro i traumi, quale l’Emdr?
Attraverso l’Emdr, si è visto, i ricordi sono preventivamente elaborati in modo adattivo per evitare che siano stivati nella psiche in modo disfunzionale. Nella fase acuta di quello che ho chiamato un trauma aperto, qual è l’emergenza coronavirus, la terapia Emdr può fare in modo che l’informazione venga elaborata in modo adattivo, quando il ricordo è ancora da consolidare. Calmare, ri-stabilire la comunicazione tra individui, rassicurare consente di ridurre l’intrusione dell’angoscia e l’insorgere patologico dell’ansia. Donare sicurezza, contenere le reazioni di panico, valorizzare risorse positive aiuta a promuovere la capacità di risoluzione dei problemi.
Cosa fare, come ri-orientarsi di fronte ai vissuti di paura, panico, impotenza, disorientamento e distacco dagli altri, isolamento forzato? Il ruolo dello psicologo si trova facilitato da una cornice di iniziative virtuose, che abbiamo visto fiorire in queste settimane.
1) Il primo step è un’informazione da somministrare in modo rigoroso, ma nel contempo con sensibilità, rivolta a rassicurare le persone sul fatto di non essere sole: dai consigli preziosi per le persone più fragili (le associazioni a disposizione degli anziani o dei disabili) alla continuità delle lezioni per gli studenti, attraverso l’online o con il supporto di volontari, laddove esista un digital gap. L’esigenza di sentirsi comunità, anche questo lo abbiamo davanti, dà vita a manifestazioni spontanee di condivisione/partecipazione sociale, come cantare l’inno di Mameli sui terrazzi. Vanno quindi incentivate e apprezzate tutte quelle iniziative rivolte a fare e sentirsi insieme una comunità coesa, non soltanto nella sofferenza ma anche nel fronteggiare la sofferenza, che è il contagio sano e costruttivo che consolida la vicinanza sociale.
2) In secondo luogo è bene sapere che il supporto psicologico specialistico c’è e in queste ore centinaia di psicologi Emdr, in particolare, si prodigano nelle strutture che hanno chiesto aiuto all’associazione Emdr Italia. Sono stati firmati protocolli di intesa con le ATS (Aziende Tutela della Salute) di Bergamo, Milano e Val Padana e collaborazioni con l’ASST di Crema e Cremona, oltre a vari ospedali (Lecco, Merate, Belluno, Milano, Valle Olona, Reggio Emilia). Numerose attività di supporto si stanno sviluppando in altre regioni. Il target di popolazione a cui Emdr si sta rivolgendo in primis riguarda medici, infermieri, operatori sanitari, volontari, personale coinvolto nella cura dei pazienti Covid-19 e le famiglie di malati e deceduti. È bene sapere che l’associazione Emdr Italia ha istituito un team attivo di professionisti che coordina i 53 interventi in corso fino a questo momento.
3) L’esperienza dello psicologo Emdr è molto utile in questo momento, anche sul piano della divulgazione, attraverso i media. Che cosa insegna l’esperienza dei traumi? Ad esempio, che tendiamo a sottovalutare inizialmente i rischi. È successo nella prima settimana dell’emergenza, quando non erano state prese misure di contenimento del contagio. Questo atteggiamento apre la porta al panico, quando il pericolo ci trascende: si pensi alla corsa in stazione centrale, a Milano, di decine di migliaia di persone, che si dirigevano verso altre regioni, nel terrore di non poter lasciare la Lombardia. A questo punto possiamo capire quanto alto sia il pericolo di azioni impulsive o non sufficientemente informate o prese senza consultarci con qualcuno in grado di rassicurarci.
4) Ma come si risolve un trauma? Che strategie si possono intraprendere per evitare che l’emergenza ci riempia di emozioni/ricordi/esperienze disfunzionali hic et nunc, ma ancora di più nella vita futura? L’esperienza degli psicologi Emdr – pensiamo soltanto al lavoro enorme fatto, sul piano terapeutico, dopo l’11 Settembre negli Stati Uniti – può davvero assumere una valenza preventiva, a questo proposito. In breve, le fasi di elaborazione del vissuto traumatico partono 1) dall’impatto emotivo (sensazione di pericolo, ansia, pensieri intrusivi, depressione, rabbia, impotenza). Per uscirne, diventa decisivo 2) affrontare, capire, elaborare i vissuti emotivi che ci urtano (“perché a me”, “perché sono così terrorizzato”). Soltanto superato questo step si perviene alla 3) accettazione/risoluzione della realtà (“Sono vulnerabile ma non sono impotente. Non posso controllare tutto, ma posso controllare la mia risposta”) e si può 4) imparare a convivere con l’esperienza del lutto di una persona cara che non si è potuta nemmeno salutare, per fare soltanto un esempio nella costellazione del patire in tempo di coronavirus.
In tutte queste fasi la capacità della persona di riflettere su di sé e su quanto accade è importante, decisiva. Tuttavia, come si può capire, perché avvenga un percorso di autoriflessione urge la presenza di un altro. Qualcuno di cui ci fidiamo: non mi riferisco soltanto allo psicologo, che svolge questo compito da professionista. L’emergenza coronavirus ci fa capire quanto sia importante aprirsi agli altri con serenità ed equilibrio: sentirsi con i familiari, parlare a lungo con il partner, trovare narrazioni giocose con i bambini piccoli. Non interrompere la propria routine è altrettanto necessario. Certo, con le limitazioni imposte per decreto, tutto diventa precario. Ma si può rivoltare la crisi facendone risorsa: il limite apre alla creatività. Se non si può correre, si può pensare a esercizi per tenersi in forma anche nelle nostre case. Diventerà facile, a questo punto, passare dalla condizione di persone traumatizzate a quella di validi caregivers, in grado di attutire, in modo responsabile e affettuoso, l’impatto di una situazione di così forte emergenza. Sul piano del benessere psicologico questo passaggio riveste un ruolo molto importante, perché alimenta l’autostima, irrobustisce l’identità nel protendersi verso l’alterità (chi ha bisogno di supporto), mettendo al riparo da uno dei principali danni del disturbo traumatico da stress: l’irrompere della fragilità emotiva, porta di ingresso di ansia, depressione, de-realizzazione.
5) Qual è l’atteggiamento e quali sono le parole di un caregiver? Rassicurare significa ripristinare la lucidità, che il trauma ha messo alla prova. L’importanza di questo stato mentale è indiscussa, perché soltanto un sostrato di consapevolezza impedisce al ricordo maladattivo/disfunzionale di attecchire, congelandosi nella psiche, per poi pesare sulla qualità della vita. La metodica Emdr, nella sua ultra trentennale esperienza, lo evidenza e dunque, il ripristino della lucidità è un bene prezioso, da implementare sempre, in qualsiasi circostanza. Va dunque compreso – come ricordano le linee guida di Emdr Italia in relazione all’emergenza coronavirus – che i disastri sono eventi comuni e complessi, dove la quotidianità e gli aspetti che fino a quel momento davano certezza, diventano instabili. L’essere esposti a scene terrificanti, costituisce un fattore di rischio grave per la salute mentale di adulti e bambini. Dolore e trauma non solo negli individui e nelle famiglie (persone care malate) ma anche nel gruppo e nella comunità. La paura, emozione primaria, è fondamentale per la nostra difesa e sopravvivenza: se non la provassimo non riusciremmo a metterci in salvo dai rischi. Una limitata dose di paura e allerta sono necessarie, anzi fondamentali per potersi attivare senza perdere di lucidità.
E dopo? Prospettive possibili
Il dopo sarà faticoso. La batosta del coronavirus consegna a noi psicologi, come del resto a tutti noi individui, tanta sofferenza da rielaborare, ricollocare nella direzione più appropriata.
Ma si dà a vedere anche come fonte di una nuova forza che consentirà di ripartire, una linfa vitale che permetterà di riscoprire una quotidianità troppo spessa trascurata e bistrattata. Dopo Covid-19 abbracceremo, oltre a chi sta accanto a noi, il valore del “qui e ora”, del quotidiano fatto di attenzione a noi stessi e agli altri, le piccole abitudini che ci hanno rinforzato. Persino la natura avrà un altro sapore: la primavera 2020, negata a tutti noi, sarà probabilmente il volano per avvicinarci con molto più rispetto all’ambiente.
C’è da chiedersi, fin d’ora, se il coronavirus non riesca laddove non sono riusciti i governi mondiali: ridurre le emissioni, rispettare la Terra, farsi caregivers del creato anziché annientarlo. Il dopo-coronavirus aprirà anche alla possibilità di ritrovare risorse, talenti personali finora poco riconosciuti e stimati del loro prezioso valore. Riprendendo il titolo del capolavoro di Xavier De Maistre, possiamo dire che il “Viaggio intorno alla mia stanza” farà di ognuno di noi una persona migliore, se non lasceremo il passo alla paura.
[1] F. Shapiro (2001), Eye Movement Desensatization and Reprocessing (EMDR): basic principles, protocols and procedures, New York: The Guilford Press, II edition.
2 F. Shapiro (2010), The trauma treatment handbook: protocols across the spectrum, New York: Norton Professional Books.
3 N. B. Foa, T.M. Keane, M. Friedman (2009), Effective Treatments of PTSD: Practice Guidelines from the International Society for Traumatic Stress Studies, New York: The Guildford Press. S. Schubert & C. W. Lee (2009), “Adult PTSD and its treatment with EMDR; A Review of Controversies, Evidence and Theoretical Knowledge”, in Journal of EMDR Practice and Research, 3 (3), p. 117-132.
4 I. Fernandez, G. Maslovaric, M. Veniero Galvagni (2011), Traumi psicologici, ferite dell’anima. Il contributo della terapia con Emdr, Napoli: Liguori Editori.